I carcerati francesi vanno pazzi per i social network

Detenuti nel carcere di Nizza. Foto via

Dopo aver creato parecchio scalpore lo scorso dicembre, la pagina Facebook francese “MDR o Baumettes” è stata chiusa per ordine delle autorità. La pagina raccoglieva una serie di foto dei detenuti di Baumettes, il carcere di Marsiglia, immortalati con i loro cellulari e con ventagli di banconote. Da allora è stata creata una nuova pagina—presumibilmente da un adolescente bisognoso di attenzioni—che mentre scrivo ha raggiunto 14.000 like.

Nessuna delle foto di questa nuova pagina però, a parte qualcuna proveniente dagli articoli usciti a dicembre, è stata scattata nel carcere più famigerato di Francia. Una rapida ricerca mostra che le foto arrivano da alcuni vecchi blog e che di queste solo alcune sono state scattate in un carcere, mentre altre sono semplicemente finte.

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Che i detenuti abbiano a disposizione dei cellulari è cosa nota a tutti. Per Jérôme Massip, segretario generale del Sindacato delle guardie carcerarie (SPS) questo “è un fenomeno ricorrente e diffuso almeno da una decina d’anni.” Ovviamente i detenuti non sono immuni al progresso tecnologico, e offrire spaccati della propria vita in prigione sui social network è una pratica relativamente diffusa, per quanto sia ancora in una fase iniziale.

Ma queste immagini hanno qualcosa di diverso dalle pagine “ufficiali” dei detenuti, mostrandosi più che altro come provocazioni nei confronti delle guardie che sfruttano la stessa logica di chi urla “sbirri di merda” dal sicuro del divano di casa. Inoltre mostrano una particolare propensione all’utilizzo dei social network come Facebook, Twitter e Instagram—la stessa propensione diffusa anche tra persone in libertà.

Ovviamente la droga, il denaro e i cellulari non sono ammessi in prigione. Ma per alcuni detenuti riuscire a procurarsi qualche grammo di fumo non è un’impresa così ardua—anzi, nella maggior parte dei casi lo fanno con la stessa facilità con cui riuscivano a procurarsela per strada. Secondo Massip “alcuni procuratori danno l’ordine di non coinvolgere la polizia per quantitativi inferiori ai 10 grammi.”

Amid Khallouf, coordinatore dell’Osservatorio Internazionale delle Prigioni, è in contatto regolare con i prigionieri. Ha cercato di riassumermi i ragionamenti dei detenuti con cui mantiene rapporti tramite posta. Uno di loro gli ha detto, “non me ne frega niente se mi beccano, male che vada mi mettono in isolamento per un po’ e poi trovo un altro telefono.” Stando a quanto ci ha detto, l’OIP è a favore dell’utilizzo di internet e dei cellulari in carcere, essenzialmente perché questo permetterebbe ai detenuti di tenersi in contatto con i familiari.

Secondo Massip ci sono due modi per far entrare cose di questo genere in prigione: “Il primo è dall’esterno, gettando le cose oltre le mura del cortile. Gli oggetti vengono poi recuperati dai detenuti e distribuiti attraverso un sistema di corde e funi che gli permette di passarseli dalle finestre delle celle. Il secondo invece è nel momento delle visite.” I visitatori non possono essere sottoposti a perquisizione integrale dalle guardie. Di norma le perquisizioni sono eseguite da un agente di polizia giudiziaria: i visitatori vengono semplicemente palpati e fatti passare attraverso un metal detector.

La prima tecnica, quella del “paracadutismo,” rende bene l’idea dell’ambiente carcerario. “Avviene attraverso contenitori simili a quelli in cui i detenuti ricevono il latte o altri beni di prima necessità. Questi contenitori si confondono con i rifiuti che sono già presenti nel cortile e i detenuti non devono far altro che chinarsi a raccoglierli.”

Dopo due anni di detenzione di norma le perquisizioni integrali dei detenuti dopo le visite cessano di essere sistematiche. La legge francese prevede che semmai debbano essere giustificate con richiesta scritta. Questo è stato il risultato di una lunga campagna legale che ha visto la Francia condannata ripetutamente dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.

“Prima moltissime cose, dai telefoni alle droghe, venivano nascoste tra le natiche o direttamente nel retto. Adesso invece non hanno neanche più bisogno di nasconderle e se le mettono in tasca,” ha detto con rassegnazione il segretario del SPS.

Negli ultimi sei mesi a Nizza, Évreux, Osny e Auxerre, alcune guardie sono state accusate e condannate per favoreggiamento del traffico di droga, alcol e telefonini nei penitenziari. Un fenomeno che Massip non nega: “Ci sono casi del genere tra le guardie carcerarie. È accaduto e accadrà ancora.” Di conseguenza, la corruzione delle guardie è la terza via per far entrare le cose in carcere, e certe volte è anche la più sicura.

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