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I fratelli di ‘The Wolfpack’ ci insegnano a rimettere in scena i nostri film preferiti

Ci sono già cinque pistole sul tavolo quando Mukunda Angulo, 20 anni, infila la mano nel borsone pieno di oggetti di scena e ne tira fuori un’altra.

“Non avrei mai pensato di ammetterlo,” gli dico,”però sono belle, queste pistole.”

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Mukunda sorride e continua a tirare fuori artiglieria finta dalla borsa.

“Quelle sono Beretta, in effetti,” mi spiega. “Le abbiamo usate in Le Iene e Pulp Fiction. Tarantino usa spesso le Beretta argentate dei vecchi polizieschi anni Settanta.”

Un caricatore scivola dal calcio della pistola, e Mukunda, come un professionista, lo rimette a posto con un gesto. Quando mi passa la pistola sono quasi sorpreso di trovarmi in mano del semplice cartone. Estrae un’altra arma, un fucile automatico, poi un fucile da caccia, poi una motosega completa di ogni singolo dente. Il tavolo intorno a cui siamo seduti, che solo fino a pochi minuti prima era un tavolo come tanti, inizia a sembrare il risultato di un sequestro.

Costruire oggetti di scena è solo uno dei tanti talenti che i sei fratelli protagonisti del documentario The Wolfpack hanno acquisito rimettendo in scena interi film, molti mentre erano relegati in casa dal padre e dalle sue manie di onnipotenza. Ad eccezione di uscite controllatissime, per esempio dal dottore, ai fratelli non era consentito lasciare la casa, perché il padre temeva il mondo esterno. “D’estate,” dice Mukunda nel film alla regista Crystal Moselle, “avevamo più possibilità di uscire. A volte uscivamo nove volte all’anno, a volte una sola. Un anno in particolare non siamo mai usciti.”

In un ambiente domestico più convenzionale, mettere in scena un film avrebbe potuto essere un semplice gioco. Ma per gli Angulo è diventato un’ancora di salvezza, la possibilità di vedere scorci del mondo esterno. La loro creatività gli ha spianato la strada di promettenti carriere cinematografiche, e sono passati solo cinque anni dal loro ingresso in società.

“In realtà io non l’ho visto,” confessa Narayana, 22 anni, il fratello maggiore, che è venuto all’incontro insieme a Mukunda.

“Non riesco ancora a realizzare che quello ero io,” dice Mukunda del film. “Ma abbiamo fatto tanta strada in così poco tempo, che siamo tutti ottimisti riguardo al futuro.”

Mentre Mukunda tira fuori altri costumi dalla borsa, cerco con lo sguardo oggetti familiari. Riconosco il vestito da Batman che Mukunda indossa nel documentario, insieme a moltissime altre maschere e costumi, compresi quelli da Dart Fener e Iron Man.

Maschera di Dart Fener. Foto di Evan Husney

“Tutto è fatto con scatole di cereali, cartone, carta e nastro adesivo,” spiega, poi getta uno sguardo al costume da Batman. “A volte con un materassino da yoga.” Prendo l’elmetto di Dart Fener. È dipinto di nero all’esterno, ma sotto scorgo i disegni della confezione di cereali.

“Questi potrebbero interessarti,” dice Mukunda. Piazza un fascio di buste sul tavolo. Sono i copioni di molti dei film reinterpretati, “circa 25 o 30,” aggiunge Narayana,”però solo della metà abbiamo il copione—molti film li conoscevamo già a memoria.” Sfoglio tra le buste: Halloween 1-5, Gli spietati, Non è un paese per vecchi, Le Iene, JFK. Una busta in particolare mi colpisce. La apro e trovo un copione con il titolo arancio-nero riprodotto fedelmente a pennarello: Pulp Fiction.

Copione di

Pulp Fiction dei fratelli Angulo

“Non usavamo copioni all’inizio,” dice Narayana, “Memorizzavamo le frasi, mettevamo il film in pausa, e provavamo la scena.”

“Era una cosa improvvisata”, dice Mukunda. “Ci veniva spontaneo, avevamo tutti questi film in testa e li recitavamo da soli. Poi ci siamo resi conto che tutti facevamo la stessa cosa e abbiamo deciso di fare un film insieme; il primo è stato Il Signore degli anelli. Io ho fatto le spade e il bastone di Gandalf. Tutti abbiamo preso la cosa sul serio, ripetevamo le scene un sacco di volte, e ciascuna era meglio della precedente.”

Molte delle reinterpretazioni iniziali non sono state filmate, e un primo tentativo è finito male. “Stavamo cercando di rifare e filmare Il cavaliere oscuro,” dice Mukunda. “Ho perso un sacco di tempo dietro ai costumi e il copione. Ma il lavoro di ripresa era fuori dalla nostra portata.”

I fratelli hanno avuto più fortuna con Tarantino. The Wolfpack si apre con una reinterpretazione de Le iene, dove un fratello che interpreta Mr. Blonde canta “Stuck in the Middle With You” a un altro fratello legato e imbavagliato. Si passa poi a una scena di Pulp Fiction in cui due fratelli, che interpretano Vincent Vega (John Travolta) e Julius (Samuel L. Jackson) litigano mentre puliscono l’interno della macchina. “Io ero Julius,” mi dice Narayana timidamente.

Suo fratello si gira a guardarlo. “Sapevamo tutti che tu dovevi fare Samuel L. Jackson!”

Narayana scuote la testa. “La prossima volta provo a fare Mia Wallace.”

Mukunda, che ha scritto il copione, era Marsellus, il boss interpretato da Ving Rhames. Di fianco alla scena in cui si trova legato, imbavagliato, e pronto per Zed, Mukunda ha scritto semplicemente “usa un cuscino”. Non è chiaro come. Il ruolo di Vincent è stato conteso tra Mukunda e Govinda. Alla fine Mukunda ha ottenuto la parte.

“Perché avevo i capelli più lunghi,” dice Mukunda.

Suo fratello ribatte, “No, è perché tu sei il lupo.” Mi domando se sia un riferimento al fatto che Mukunda è stato il primo dei fratelli a uscire di casa, o se c’è una gerarchia segreta tra fratelli. Forse Mukunda, con la sua abilità nel costruire oggetti di scena e le sue aspirazioni da regista, è diventato una specie di leader.

Per i costumi, i fratelli dicono di aver indossato abiti che il padre aveva trovato in un negozio di vestiti del Lower East Side. Quelle stesse giacche e pantaloni neri, unite a cravatte nere e occhiali scuri, costituiscono il look cameratesco delle locandine di The Wolfpack.

“Pulp Fiction è di una cinquantina di pagine,” dice Mukunda, indicando il manoscritto nelle mie mani. “Sono tutti dialoghi. Se ci sono scene diverse, tipo scontri d’auto, scrivevamo, ‘Colpire il tavolo’.”

Copione di

Non è un paese per vecchi

Per riprodurre il suono degli spari i fratelli usavano un sintetizzatore. Nella loro versione del film di Oliver Stone Platoon, per replicare il rumore della pioggia utilizzavano la funzione applausi di una tastiera. “Dovevano solo impostarla su una nota bassa abbastanza, e avevamo la pioggia per tutto il tempo che volevamo.”

Dal momento che spesso i fratelli riprendevano un film intero in un solo take, la colonna sonora doveva tenere conto delle transizioni e delle diverse necessità di accompagnamento.

“Prendevamo le canzoni e le tagliavamo proprio come nel film. Poi registravamo tutte le canzoni su una sola musicassetta e poi su un’altra con le pause giuste dove nel film si fermava la musica.”

I fratelli dicono che è stata Moselle ad avergli fornito gli strumenti e le conoscenze per migliorare. Prestava loro le sue videocamere e gli assegnava “piccola storie da sviluppare” perché esercitassero l’immaginazione e imparassero a usare le attrezzature.

Mukunda Angulo con il costume da


Iron Man. Foto di Evan Husney

“Per una storia serviva una ripresa ampia, per un’altra una carrellata,” dice Mukunda. “Una richiedeva un primo piano, un’altra una dissolvenza. Abbiamo iniziato a mettere insieme tutte queste tecniche per rendere i nostri video come li volevamo.”

Moselle e i fratelli hanno creato la Wolfpack Pictures, una compagnia con cui realizzare quello che vogliono. VICE ha co-prodotto Mirror Heart, un corto diretto da Mukunda Angulo, che lui descrive come “creature diverse che si confrontano con le loro differenze”. Vi compaiono i suoi cinque fratelli e anche la sorella Vishnu. E i fratelli stanno anche per far uscire un’altra opera di Mukunda, Window Feel, a cui partecipano attori diversi come Chloe Pecorino—che fa anche una breve comparsa verso la fine di The Wolfpack. Il Tribeca Film Institute ha commissionato ai fratelli di reinterpretare una serie di film di Robert DeNiro, mentre il San Francisco Film Institute li ha ingaggiati per ricreare scene di tre film-icona ambientati nell’omonima città: Mrs. Doubtfire, Dirty Harry e Sister Act. E gli Angulo hanno iniziato anche a dare spazio ai propri interessi individuali—un fratello è un ballerino, un altro un cineasta; due fratelli hanno formato una band (“Hanno inciso la colonna sonora di Mirror Heart,” dice Mukunda orgoglioso), e Narayana ha iniziato a impegnarsi nell’attivismo. “Gasland mi ha ispirato a protestare contro il fracking,” dice.

Questo impegno anche nel sociale è una grande inversione di rotta rispetto allo stato di isolamento in cui vivevano i fratelli, e sia Mukunda che Narayana ammettono che il cambiamento è stato più facile di quanto pensassero.

“Ci siamo adattati alla società”, dice Mukunda. “Per un sacco di tempo ci avevano raccontato che tutti vogliono sempre e solo attaccarti, ma tutte le persone che abbiamo incontrato sono proprio il contrario. Persino nostra madre, oggi, è una persona più indipendente e forte. Ha preso le sue decisioni da sola, frequenta gli amici e la famiglia che non rivedeva da molto tempo, e ha molti piani per il futuro.”

Ho timidamente chiesto del padre. L’ultima volta l’avevo visto nel film sdraiato a torso nudo nel suo letto, con un grosso cappello in testa, che guardava la televisione. “Non può mettere parola su nulla,” dice Narayana. “Ora è nostra madre che comanda, in casa.”

The Wolfpack sarà dal 23 ottobre in tutte le sale italiane, e in onda sempre il 23 ottobre alle 22.00 sul canale Crime+Investigation (canale 118 di Sky).

Michael Barron è su Twitter.