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Subito dopo la strage di migranti avvenuta l’anno scorso a Lampedusa, la Presidente della camera Laura Boldrini aveva perentoriamente dichiarato che “nulla dovrà essere più come prima.”
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E, almeno all’inizio, più o meno tutti erano consapevoli del fatto che qualcosa bisognava fare, per evitare il ripetersi di catastrofi del genere. Anche perché appena un giorno prima del naufragio, i cui i morti (accertati) sono stati 368, era uscito un rapporto del Comitato europeo sulle migrazioni, i rifugiati e i profughi in cui l’Italia veniva definita “impreparata” ad affrontare l’ondata migratoria e gli sbarchi sulle sue coste.
Il governo italiano aveva quindi deciso di agire poiché—queste le parole dell’ex premier Enrico Letta—”è intollerabile che il Mediterraneo sia un mare di morte. È il nostro mare e non possiamo tollerare quello che è accaduto.” Così, il 14 ottobre del 2013 il Ministro dell’Interno Angelino Alfano aveva dato l’avvio a Mare Nostrum, una missione militare umanitaria con l’obiettivo di “risolvere il problema degli sbarchi” e prestare il soccorso alle imbarcazioni in difficoltà.
L’operazione, secondo uno studio dell’UNHCR, ha contribuito al salvataggio di oltre 140.000 migranti, con una media di 2.900 persone soccorse ogni settimana, in un anno in cui si è registrato un forte incremento dell’immigrazione. L’agenzia per i rifugiati ha stimato che dall’inizio del 2014 sono arrivate via mare nel Mediterraneo oltre 165.000 persone rispetto alle 60.000 del 2013. La maggior parte di queste sono state soccorse in mare dall’Italia, ma oltre 3.000 persone sono morte o risultano ancora disperse in mare.
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Nonostante le cifre, sin dal primo giorno Mare Nostrum è stata oggetto di pesanti critiche da parte di alcuni partiti politici, che ne hanno chiesto ripetutamente il ritiro sostenendo che l’operazione addirittura invogliasse gli immigrati a mettersi in mare.
La missione è stata definita “demenziale” dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini “perché aiuta gli scafisti”, mentre secondo Maurizio Gasparri sarebbe oramai “il taxi dei clandestini.” A sostenere la tesi del “traghetto Nord Africa-Italia” si è messo anche Fratelli d’Italia, secondo cui la missione sarebbe “un’idiozia.” Mare Nostrum è stata recentemente criticata anche da Toni Iwobi, il nuovo responsabile del Dipartimento sicurezza e immigrazione della Lega, che l’ha definita senza troppi giri di parole “razzismo mascherato.”
Queste continue pressioni politiche hanno avuto un pesante effetto sull’efficacia di Mare Nostrum. A sostenerlo è Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato e docente di Diritto di asilo e statuto costituzionale dello straniero all’università di Palermo, che ho sentito al telefono per farmi spiegare la situazione che si è venuta a creare nel Mediterraneo negli ultimi mesi.
“Da maggio in poi ci sono state una serie di disgrazie in mare, l’ultima pochi giorni fa,” dice Vassallo. “Ciò dipende sicuramente dai maggiori flussi, ma non solo. La percezione di questi naufragi è diversa da prima, perché adesso le morti avvengono in alto mare, vicino alla costa libica. Prima lì arrivavano le navi di Mare Nostrum, ora le direttive sono diverse. I dati dicono che le navi stanno molto più a nord e hanno lasciato sguarnito quel tratto di mare dove prima andavano a fare i salvataggi.”
Il governo ha difeso più volte l’operazione dagli attacchi, respingendo le richieste di ritiro. Tra maggio e giugno, però, erano iniziati i primi scricchiolii con il rimpallo delle responsabilità tra Alfano e la Commissione europea sul controllo delle frontiere. Il Ministro dell’Interno aveva ripetutamente chiesto un intervento all’Europa minacciando di interrompere la missione.“La responsabilità della frontiera è una responsabilità europea, perché i migranti non vogliono venire in Italia ma vogliono andare in Europa,” aveva detto in seguito, aggiungendo: “Non crediamo che, essendo nata a termine, [l’operazione Mare Nostrum] possa fare il secondo anno.”
Il 27 agosto, dopo un incontro con la Commissaria europea per gli Affari Interni Cecilia Malmström, il ministro dell’Interno ha annunciato la fine dell’operazione italiana e la sostituzione con l’iniziativa europea “Frontex Plus” (Frontex è l’agenzia UE che promuove la sicurezza e la gestione dei confini degli stati membri), chiamata successivamente Triton. “Frontex Plus è pronta a partire. Ci siamo dati pochi giorni per mettere a punto nei dettagli le esigenze di navi ed elicotteri, e li chiederemo a Frontex e agli altri Stati membri,” aveva detto un trionfante Alfano, che aveva parlato di “graduale dismissione di Mare Nostrum” e della novità rappresentata dalla distruzione delle navi dei trafficanti.
La sostituzione vera e propria di Mare Nostrum, però, è stata smentita poco dopo dalla stessa Malmström, che ha escluso che il nuovo programma europeo possa prenderne il posto, perché ci saranno “risorse più limitate” e non avrà la portata della precedente operazione. La missione, quindi, dovrebbe essere “complementare a quella italiana.”
Sebbene a poco meno di un mese dalla partenza non siano ancora noti i dettagli, Triton ha già destato parecchie perplessità. Secondo il professor Vassallo, “in realtà ancora non si capisce cosa resterà di Mare Nostrum e cosa arriverà da parte europea. Frontex in tutte le sedi ha chiarito che loro non fanno attività di ricerca e salvataggio in mare, ma si limitano a un’attività esclusivamente di monitoraggio, controllo, contrasto dell’immigrazione clandestina. Se vedono un’imbarcazione in difficoltà, chiaramente, operano il salvataggio, ma non sono strutturati per fare operazioni di questo tipo.”
L’operazione, insomma, non è paragonabile a Mare Nostrum. “Il ministero dell’Interno aveva messo a bordo delle navi dell’operazione italiana funzionari di Polizia,” continua Vassallo, “che hanno lavorato per per dare la caccia a pseudo scafisti, con conseguenze devastanti sui tempi di permanenza delle persone sulle imbarcazioni senza poter dare notizie ai propri cari. Ma resta il fatto che si tratta di una missione il cui scopo principale è il salvataggio e il soccorso, cosa che Triton non è.”
Ed è proprio questo carattere della missione ad essere stato aspramente criticato da Amnesty International, che ha sollecitato l’Italia a “non porre fine all’operazione Mare Nostrum fino a quando non entrerà in funzione un sistema almeno ugualmente efficace. L’eventuale ridotta capacità di ricerca e soccorso in mare o il repentino ritiro di risorse e mezzi causerebbero quasi certamente numerose perdite di vite umane.” Secondo John Dalhuisen, direttore di Amnesty per l’Europa e l’Asia centrale, Triton sarebbe “solo l’illusione di una soluzione,” anche perché opererebbe solo in acque internazionali, senza spingersi fino alle coste libiche.
Foto Alessandro Serranò/AGF.
Ma il vero punto dolente di Triton sono le risorse e i mezzi a disposizione, che al momento appaiono estremamente limitate. “Un altro aspetto equivoco è che Frontex plus non ha ancora un numero preciso di risorse, non si sa ancora se saranno quattro, sei, nove navi,” sostiene Vassallo. “Questo perché l’Ue ha aperto una sorta di bando per la partecipazione degli Stati. Non esiste alcun obbligo per nessuno. I paesi che non vogliono partecipare sono liberi di non farlo. La Malmström l’ha detto dal primo momento: l’operazione è su base volontaria, chi vuole mettere le navi lo ringrazieremo, gli altri possono fare come vogliono.”
Secondo Gil Arias Fernandez (direttore esecutivo di Frontex), come dichiarato in questa intervista, i costi e le risorse tecniche e finanziarie necessarie per l’operazione dovrebbero ammontare a tre milioni di euro al mese, ma che la cifra complessiva “dipenderà dagli impegni presi dagli stati membri.” Fernandez ha però aggiunto un dettaglio: “Siamo invece preoccupati che nel 2015 dovremmo ridimensionare l’operazione, se non ci verranno dati fondi extra da Bruxelles.” Non proprio degli ottimi presupposti per una missione in procinto di partire a novembre 2014.
Frontex Plus, comunque, non è l’unica operazione che sarà avviata questo autunno. Dal 13 al 26 ottobre scatterà in tutta Europa—Mediterraneo compreso—Mos Maiorum, una gigantesca azione di controllo delle frontiere, coordinata dalla direzione centrale per l’Immigrazione e la Polizia di Frontiera del Ministero dell’Interno italiano in collaborazione con Frontex. Nell’arco di una sola settimana saranno disseminati tra stazioni, porti e aeroporti ben 18mila agenti con l’ordine di identificare ed eventualmente arrestare il maggior numero di migranti clandestini.
Un’operazione che il Cospe, Ong che si occupa di cooperazione internazionale, ha definito una vera e propria “retata poliziesca” con “controlli forzati, posti di blocco, interrogazioni e probabile detenzione nei Cie in attesa di espulsione e arresti.”
Il centro di accoglienza di Lampedusa. Foto Alessandro Serranò/AGF.
La caccia al migrante, comunque, sembra essere già iniziata. All’alba del 7 ottobre, la Polizia ha fatto irruzione al dormitorio dei Fratelli di San Francesco a Milano, dove erano ospitate alcune donne eritree. Le migranti sono state portate in Questura per essere schedate, e la procedura è durata quasi tutta la giornata. Secondo l’Accordo di Dublino i profughi possono fare domanda di asilo politico solo nel primo Stato europeo in cui vengono prese le loro impronte. Essere schedati, quindi, equivale ad abbandonare ogni possibilità di proseguire il viaggio verso la meta desiderata, che non è quasi mai l’Italia.
Lo scorso novembre il nostro paese aveva deciso di non applicare le regole europee e non schedare i profughi all’arrivo, lasciandogli libertà di scelta sulla richiesta d’asilo. Le cose, però, sembrano essere cambiate, visto che il Viminale ha scritto alle questure d’Italia che “lo straniero deve sempre essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici,” contribuendo a questo clima da “retata” in cui si inserirà a breve anche l’operazione Mos Maiorum.
Per Vassallo Paleologo, comunque, il problema “non è tanto che ci siano questo tipo di missioni, perché il contrasto all’immigrazione illegale va fatto. La questione è valutare l’impatto che queste hanno su esseri umani che sono costretti dalla mancanza di alternative a tentare la migrazione con il sistema degli scafisti, prigionieri di quel mix infernale che è l’Accordo di Dublino e la necessità di una condizione di ingresso irregolare. Siamo sempre lì: questa è solo repressione, non si adottano forme di tutela e protezione per le persone che devono trasferirsi.”
Secondo il Consiglio Europeo, il fine di Mos Maiorum è quello di “arrestare l’attraversamento illegale dei confini” per “indebolire la capacità organizzativa del crimine organizzato nel favoreggiamento dell’immigrazione illegale.”
Tuttavia, in questa dichiarazione d’intenti c’è un’operazione “di facciata” che ha molto di italiano. “Per giustificare all’opinione pubblica anche solo operazioni di salvataggio che in realtà sono doverose,” spiega Vassallo, “il nostro paese si sente obbligato a dimostrare che c’è un’azione di contrasto dell’immigrazione illegale. Poi adesso c’è un altro aspetto: dato che c’è il pericolo—che è reale—della minaccia terroristica, e dell’arrivo di persone che hanno combattuto e che tornano in Europa, è stato quasi automatico per chi governa dire che tra i migranti ci possano essere questi infiltrati.”
La teoria—che, in effetti, ha avuto un po’ di seguito tra i partiti di destra e siti di pseudo informazione da migliaia di condivisioni—è però per il professore “una vera cavolata. Si tratta di persone che hanno passaporti, volano in business class e hanno mezzi economici infiniti per cui possono permettersi di non andare a rischiare la morte sul barcone.”
Gli effetti concreti di questa “visione dell’ordine securitario” sarebbero dunque “la ghettizzazione, l’emarginazione e la solidificazione di rapporti che potrebbero anche non crearsi e che, invece, si stringono proprio per effetto di queste politiche. Con quello che succede nel mondo in questo momento, purtroppo la strumentalizzazione fatta dai partiti politici è molto comoda.” Nel frattempo, lo scorso fine settimana ben tre barconi sono naufragati a largo della Libia, e tra morti e dispersi sembrerebbero contarsi circa 200 persone.
Insomma, non passerà molto tempo dalle lacrime, dal cordoglio e dalle corone di fiori per l’anniversario della strage di Lampedusa, prima di ricominciare con le vecchie abitudini: l’immigrazione torna a essere questione solo di sicurezza, i migranti solo clandestini e la repressione l’unica risposta all’emergenza. E lodarsi e giustificarsi con quella parentesi umanitaria che è stata Mare Nostrum non potrà valere per sempre.
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