Qualche tempo fa mi sono imbattuto nella storia di Nicolae Minovici, un medico legale, scienziato forense e criminologo rumeno divenuto famoso per i suoi studi sull’impiccagione. Ora, non che sia una persona particolarmente felice, ma il vero motivo per cui mi sono letto l’articolo è che ho un debole per le biografie delle persone fuori dal comune e le storie assurde.
È stato così che ho conosciuto Bizzarro Bazar, un blog dedicato a questo tipo di tematiche e diventato con il tempo una sorta di punto di riferimento italiano per il genere. Il suo ideatore, Ivan Cenzi, lo definisce un blog che si occupa di argomenti “che hanno a che fare con la meraviglia, che non deve essere per forza e comunque quella di stampo ottimista e luminoso.” E infatti, tra wunderkammern, fotografia, antropologia e collezioni anatomiche, il blog vuole essere uno “spunto per filosofare” di fronte al meraviglioso, definito come qualcosa che destabilizza e quindi offre un nuovo punto di vista sulle cose, sul mondo e sulla storia.
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Negli ultimi anni, sull’onda dell’interesse suscitato dal blog, è nata anche una collana di libri fotografici a nome Bizzarro Bazar, dedicata a valorizzare il patrimonio storico e antropologico italiano indagandone gli aspetti più nascosti. Di questa collana fa parte anche De Profundis, dedicato al Cimitero delle Fontanelle di Napoli, un enorme camposanto macabro e silenzioso all’interno della città. Ho quindi deciso di contattare Ivan per parlare del suo blog, della sua passione per il macabro e degli scheletri di Napoli.
VICE: Com’è nato Bizzarro Bazar e da dove arriva il tuo interesse per le cose macabre, oscure e fuori dall’ordinario?
Ivan Cenzi: La curiosità per tutto ciò che è insolito mi accompagna fin dall’infanzia. Senza stare a psicanalizzarmi troppo, penso che sia stato il modo di incanalare in maniera positiva un mio certo spirito di contraddizione verso quelle cose che mi sembrava gli adulti dessero per scontate.
Dopo tanti anni passati a esplorare i territori di confine, ho deciso di aprire un blog che documentasse le mie ricerche e mi desse l’opportunità di condividerle con altri spiriti affini. Nel panorama italiano mancava un punto d’incontro che affrontasse in maniera seria i tabù e il concetto di meraviglia: c’erano soltanto aggregatori di notizie weird, tipo “beve la propria urina come terapia di bellezza” e simili sciocchezze.
Non mi aspettavo comunque che argomenti di nicchia come quelli che tratto—dalle wunderkammer alla scienza degli albori, dai freakshow ai martiri, dalle parafilie sessuali all’arte estrema—potessero suscitare tanto interesse.
L’ossario del Cimitero delle Fontanelle.
A un certo punto però hai deciso di uscire anche da internet, e da lì è nata la collana. Qual è l’obiettivo che si prefigge?
La Collana Bizzarro Bazar, edita da Logos, ha il fine di portare alla luce le meraviglie italiane meno conosciute—magari proprio perché ci sembrano distanti dal nostro modo di sentire. L’arte macabra, per quanto presente in innumerevoli chiese, oggi ci mette a disagio; il confronto troppo diretto con certe visioni, penso ai musei anatomici, alle reliquie e agli ossari, può turbare. Eppure si tratta di luoghi straordinari, spesso unici al mondo. Un patrimonio incredibile che, se affrontato con sensibilità, evitando sensazionalismi e derive morbose, è ancora fertile di suggestioni e interrogativi importanti.
Con De Profundis mi è successo proprio così. A partire dal titolo, puoi spiegare un po’ di cosa si tratta?
Il titolo viene ovviamente dal celebre salmo recitato durante la liturgia dei defunti e vuole essere un riferimento sia alle anime del Purgatorio che implorano la grazia divina, sia alle difficoltà della condizione umana qui sulla Terra. Il libro parla di un luogo davvero incantato, il Cimitero delle Fontanelle a Napoli, dove i vivi e i morti si incontrano e in cui il concetto cristiano della grazia ha trovato un’espressione del tutto singolare. Si tratta di un cimitero ricavato da un’antica cava di tufo, dove le ossa non sono sepolte ma esposte in lunghe file ai piedi delle altissime pareti.
Quanti resti raccoglie il Cimitero delle Fontanelle? Sono stati identificati, e ci sono resti che sono diventati più celebri di altri?
Nel cimitero sono visibili le spoglie, traslate da altri luoghi di tumulazione, di circa 40mila persone. Sono resti anonimi, e questo è un dettaglio fondamentale per il culto dei teschi che qui si è sviluppato. Quanto ai “residenti” più famosi—quei teschi che nel libro chiamo “le superstar” delle Fontanelle—non sono in realtà meno anonimi, ma le loro fantasiose biografie hanno origine nell’immaginario popolare. Il più conosciuto è quello del Capitano, al centro di una lugubre leggenda.
Ci sono altri cimiteri simili in Italia?
Esistono diversi luoghi italiani in cui è possibile un contatto diretto con le spoglie dei defunti. Sono luoghi che in buona parte ho esplorato negli altri due libri finora pubblicati della collana: ci sono per esempio le Catacombe di Palermo, che ospitano la più grande collezione di mummie del mondo e a cui ho dedicato il volume La veglia eterna, e alcuni ossari religiosi in cui i resti umani sono stati utilizzati per comporre motivi decorativi, di cui parlo in Mors Pretiosa. Quello che rende unico il Cimitero delle Fontanelle, però, è il rapporto che si è venuto a creare fra le spoglie e la gente comune.
Nel libro dici anche che una delle peculiarità del Cimitero delle Fontanelle è che “in un certo senso non si tratta di un vero e proprio cimitero.” Che cosa intendi?
Quando una persona muore, diciamo che “si è addormentata” o che “riposa”. Quest’idea della morte come sonno eterno ci arriva dagli antichi greci, che per primi associarono i due concetti—tanto che nella mitologia classica il Sonno e la Morte (Hypnos e Thánatos) sono fratelli. Anche il termine “cimitero” deriva da una parola greca che significa “dormitorio”.
Nel libro dico che le Fontanelle non sono un vero cimitero perché qui le anime dei defunti sembrano fare di tutto fuorché dormire: ad esempio parlano ai vivi, che con loro intrattengono dei veri e propri rapporti di scambio.
Un’altra cosa per cui il cimitero è famoso è il rito delle “anime pezzentelle”. Mi spieghi di cosa si tratta?
Come dicevo i teschi sono tutti anonimi, non hanno perso soltanto la vita ma anche il nome e la possibilità di essere ricordati. I napoletani hanno dunque avvertito una spontanea simpatia per queste anime sfortunate e hanno cominciato a pregare per loro. La venerazione che è scaturita da questo affetto è del tutto originale, e si ricollega al culto più ufficiale delle anime del Purgatorio.
Accadeva quindi che un’anima comparisse in sogno, solitamente a una pia donna, chiedendole refrigerio dalle fiamme del Purgatorio; la donna identificava, fra le migliaia di teschi, quello appartenuto all’anima in questione e cominciava ad accendere ceri votivi, a rivolgergli preghiere e pensieri di consolazione, a fargli offerte nel tentativo di alleviare un poco le sue pene. In cambio, chiedeva delle grazie—spesso piuttosto concrete, come i numeri vincenti del lotto oppure un buon marito per la figlia. Alcune “capuzzelle” erano più provvide di grazie delle altre, e per questo diventavano famose e amate come fossero dei personaggi reali con cui colloquiare e contrattare reciproci favori.
A mio avviso, l’aspetto più commovente di questo bizzarro culto è proprio la sua democraticità: qui non si implorava un santo, una figura sublime che resta sempre al di sopra della condizione comune. Alle Fontanelle si andava per comunicare con i “fratelli dell’altra sponda,” gente normale come noi che aveva varcato la soglia della morte ma che ancora necessitava di un aiuto. Queste erano le anime che potevano capire anche i problemi più modesti: magari non si osava parlare di bollette e altre miserie quotidiane con Dio o con la Vergine, invece qui il rapporto era in un certo senso più paritario.
Ho letto che questi tipo di culto è stato ufficialmente bandito alla fine degli anni Sessanta. C’è ancora gente che lo pratica?
Durante la mia permanenza a Napoli per affiancare il fotografo Carlo Vannini nello shooting fotografico ho visto diverse donne accendere qualche candela e pregare di fronte a questo o quell’altro teschio. Siamo ovviamente molto distanti dalla grande affluenza di fedeli che il Cimitero conosceva un tempo.
Oggi quindi cosa è diventato questo posto?
Oggi esistono diverse associazioni che cercano di valorizzare e riportare l’attenzione su questo luogo unico. Purtroppo se non si farà qualcosa a breve il destino delle Fontanelle è segnato: le infiltrazioni di acqua sono una piaga costante, i teschi e gli altari corrosi dall’umidità si stanno sfaldando. È un altro esempio di ricchezza culturale di cui non sappiamo prenderci cura.
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