Petr durante una protesta.
[Aggiornamento del 14/6/2016: Lo scorso novembre, Petr Pavlensky ha dato fuoco alla porta di un edificio dei servizi segreti a Mosca. Per quel gesto è stato incarcerato con l’accusa di vandalismo: dopo aver chiesto che lo processassero per terrorismo, reato contestato a due attivisti che avevano bruciato la porta di una sede del partito Russia Unita per protestare contro l’annessione della Crimea, lo scorso 8 giugno è stato liberato e condannato a pagare una semplice multa. Nel frattempo è riuscito a spettacolarizzare ulteriormente il processo, ingaggiando delle prostitute come testimoni e cavillando sul presunto “valore storico” della porta che gli veniva contestato dall’accusa, con il risultato di trasformare il tutto in una farsa e di mettere in ridicolo la magistratura russa.]
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Ogni anno, nel giorno della festa della Polizia, la Russia onora le forze dell’ordine. Quest’anno le celebrazioni si sono tenute domenica 10 novembre, e per l’occasione Putin ha pianto in pubblico, mentre un altro uomo si è inchiodato le palle al selciato della Piazza Rossa.
Quell’uomo è Petr Pavlensky, un artista e attivista politico che ha alle spalle una lunga carriera di performance dolorose—come quando si è avvolto nel filo spinato in segno di protesta contro leggi restrittive delle libertà fondamentali o si è cucito la bocca in solidarietà alle Pussy Riot. Stavolta, Pavlensky ha motivato il suo atto con la sempre più rapida “discesa della Russia in uno stato di polizia.”
Mi è sembrato fosse arrivato il momento di dare a Petr un po’ di attenzione, quindi gli ho fatto una telefonata.
VICE: Ciao Petr. E così ti sei inchiodato le palle in Piazza Rossa. Raccontami.
Petr Pavlensky: Non è il potere che tiene la gente per le palle, è la gente che si impone delle restrizioni. In breve ci ritroveremo tutti in gabbia, ma a quel punto non avrà nemmeno più importanza, perché il Paese si sarà trasformato in una prigione.
Sei un artista, giusto? Quanto della tua attività di artista ha a che fare con l’attivismo?
Sono un artista che fa arte politica. L’attivismo è una parte importante della mia vita; dietro c’è un pensiero, e ovviamente niente accade senza l’azione. Tuttavia, arte politica e attivismo non sono la stessa cosa. L’attivismo è la lotta e la riorganizzazione radicale della società; l’obiettivo dell’arte politica è la distruzione e lo svelamento dell’apparato di potere. In alcune circostanze, fa da catalizzatore al processo politico.
Capisco. E su cosa ti concentri in particolare?
Sull’arte politica.
Definiresti le Pussy Riot artiste politiche?
Sì. Al momento c’è una forte atmosfera di risveglio intorno all’importanza dell’arte e della politica.
Il governo russo non era un grande fan dell’arte politica delle Pussy Riot. Come descriveresti la reazione alla tua protesta?
Dipende, c’è chi mi ha accusato di essere pazzo, chi mi ha minacciato, e chi mi ha mandato lettere di gratitudine e sostegno.
Petr con i testicoli inchiodati al selciato.
I poliziotti non ti preoccupano?
Sono loro a essere preoccupati, per via del mio gesto—lo faccio per qualche piano misterioso o per soldi? Vogliono conoscere le mie ragioni. In Piazza Rossa mi hanno coperto con un telo dichiarando che era per mantenermi al caldo, ma in realtà era solo per nascondermi da curiosi e telecamere—e infatti se lo sono portato via non appena la folla si è dispersa.
Perché l’auto-mutilazione è un tema ricorrente nella tua opera?
Voglio mostrare cosa è in grado di fare l’establishment con il potere che ha. Il potere è violenza e io posso solo imitarlo con questo codice visivo.
La violenza deve essere affrontata con violenza?
Non sempre. La violenza diretta a qualcosa di altrettanto violento è un efficace metodo di liberazione. È così, finché qualcuno non viene estromesso dai giochi. Alla base c’è una filosofia di carneficina infinita, un meccanismo di violenza; se riesci a immettertici, puoi portarlo a una brusca frenata. Poi hai sempre la possibilità di fermarlo per sempre.
Cosa speri di ottenere con la tua arte?
Ho due priorità: innanzitutto, voglio mostrare a chiunque che fare attivismo è possibile. Le tue risorse possono essere il tuo corpo o oggetti di uso comune, non serve avere soldi. Tutto quello di cui hai bisogno è una motivazione, e il desiderio di superare le fobie imposte dal potere. In secondo luogo, le azioni fanno sì che la gente reagisca e si ponga in posizione critica. È un modo per mettere in discussione ciò che succede e farsi un’idea dal potere della propaganda imposta dalle ideologie totalitarie.
Bene. Qual è la tua prossima mossa? Protesterai anche contro l’oppressione degli omosessuali?
I membri della comunità LGBTIQ saprebbero fare meglio di me. Sono a favore del superamento di ogni tipo di tabù o repressione sessuale, ma sono loro a dover comprendere le specificità della situazione. Non ho diritto di esprimere giudizi al posto loro. Il mio lavoro è organico. È fatto di una pluralità di eventi e situazioni che coinvolgono le persone che mi circondano. Ogni cosa è un atto a sé. Non lavoro in serie, quindi al momento non ho piani.
Segui Tristan su Twitter: @tristanjamesme
Altri gesti di protesta:
L’uomo che è salito in cima a una chiesa e ci ha cagato sopra