Oggi il Senato ha approvato—con un voto di fiducia, quello che secondo Paola Taverna del M5S è uno strumento dittatoriale (se lo usano gli altri, beninteso)—il cosiddetto “decreto sicurezza e immigrazione” fortemente voluto da Salvini.
Il decreto comporta, tra le altre cose, l’abolizione della protezione umanitaria, lo smantellamento di un pezzo del sistema d’accoglienza, il prolungamento del tempo di permanenza nei centri per il rimpatrio (gli ex Cie) e l’allargamento delle maglie delle espulsioni. L’effetto concreto, insomma, sarà quello di rendere ancora più difficile la vita dei migranti in Italia e restringere ulteriormente i loro diritti.
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Se sotto questo aspetto non c’erano dubbi già prima dell’approvazione, sono le modalità di protesta adottate dal Partito Democratico ad aver attirato l’attenzione di una parte dell’elettorato contrario dal decreto. Il gruppo parlamentare ha votato contro, d’accordo, ma nel criticarlo ha utilizzato un linguaggio tipicamente salviniano. I cartelloni sventolati dai senatori recitavano infatti “#menosicurezza #piùclandestini”—rinforzando da un lato l’associazione tra stranieri e insicurezza, cioè uno dei cavalli di battaglia della destra italiana, e dall’altro (implicitamente) rimproverando al Ministro dell’Interno di non essere abbastanza spietato.
Quel che è peggio, poi, è proprio lo sdoganamento del termine “clandestino.” Come ha spiegato più volte l’associazione Carta di Roma, quella parola è imbevuta di significati discriminatori ed è sbagliata su vari livelli—tant’è che nel 2014 l’ex senatore Luigi Manconi, all’epoca nel PD, aveva proposto di cancellarlo una volta per tutte dal vocabolario politico e giornalistico.
Anzitutto, “contiene un giudizio negativamente aprioristico” perché suggerisce l’idea che il migrante “agisca al buio, di nascosto, come un malfattore.” Di fatto, rafforza la teoria secondo cui l’immigrazione è esclusivamente un problema di ordine pubblico e di sicurezza.
In secondo luogo, è un termine “giuridicamente sbagliato” per definire chi cerca di raggiungere l’Europa “e non ha ancora avuto la possibilità di fare richiesta di protezione internazionale,” e chi invece “ha fatto la richiesta ed è in attesa di una risposta (i migranti / richiedenti asilo).” È errato, inoltre, anche per definire “chi ha visto rifiutata la richiesta d’asilo e ogni altra forma di protezione (gli ‘irregolari’).”
Infine, il lemma “clandestino” rappresenta una delle basi su cui poggia ogni discorso d’odio. “È uno strumento della cattiva politica,” continua l’associazione, “un termine usato dalla propaganda della paura per dare un nome al ‘nemico’, per seminare odio e per sollecitare una reazione di rifiuto che sempre più spesso si trasforma in violenza.”
Ci sono molti e fondati motivi per criticare nel merito questo provvedimento. Il centrosinistra, tuttavia, è riuscito nell’impresa di farlo nel modo più deleterio possibile—inserendosi in un preciso schema comunicativo, sebbene con intenti a prima vista diversi, e andando a consolidare un certo tipo di propaganda.