Música

Jovanotti, l’estate me l’hai fatta cadere addosso alle palle

Ci sono molte cose che non capisco di questo Paese. E fin qui direi che siamo tutti d’accordo, l’Italia non manca mai di riservarci grandi misteri gaudiosi. Ma il mistero più fitto secondo me riguarda un personaggio che pare mettere d’accordo grandi e piccini: Jovanotti. Il fatto che riesca sempre a monopolizzare l’attenzione su di lui e a farla franca ogni volta con la scusa di “essere pop” è quasi scandaloso. Non ho mai sentito—da quando è uscito sulle scene a oggi—qualcuno che l’abbia non dico attaccato, ma almeno contraddetto un minimo duramente. Se accade, ecco che quasi tutti si scusano dopo due minuti: lui d’altronde riesce a rispondere anche alle critiche di un Salvini in un modo che boh… Neanche nel libro Cuore. “È bello avere idee e orizzonti diversi, ti rispetto e ti trovo forte nell’esposizione delle tue. Che le idee danzino è bene”: danzino??? Era una stella a danzare semmai (citando Nietzsche, che Salvini pensa sia la marca di un insetticida). Pure Pelù che gliele aveva cantate dandogli del ruffiano pronto a saltare sul carro dei vincitori Renziani è dovuto tornare nella stalla del “rispetto delle idee altrui”. Ma io mi chiedo: che importanza hanno le idee in questo caso? Io preferivo il Jovanotti degli Ottanta, quello che sparava cazzate e che quando parlava sembrava rincretinito dalle anfetamine ridendo come un personaggio di American Dad anche nelle situazioni più istituzionali, altro che idee. Quello che nel suo primo libro scriveva che i boxer sono fighi perché “il pisello viaggia”, insomma quello di “Gimme Five”, quello che voleva fare solo casino gratuito e le dieci in discoteca, ma nel frattempo nei suoi programmi tv e radiofonici ti passava i RUN DMC e i PUBLIC ENEMY, invitandoli anche a suonare live. Loro ovviamente rimanevano basiti dai suoi comportamenti (tipo dare il cinque a caso e pronunciare roba in un inglese scippato ad Alberto Sordi), ma ao… Quando uno è matto, è matto. In quel caso meglio così, devo comunque ringraziarlo di avermi fatto scoprire cose che a otto anni, diciamolo, era difficile conoscere a meno che non ti trovavi in America eri nero e c’avevi lo zio MC.

Da qui a diventare intellettualoide però ce ne corre: forse gli è successo perché ha smesso di… Drogarsi? Boh, lui dice che non si è mai drogato. Allora forse beveva, non so. Negli anni Ottanta c’era un sacco di roba legale in farmacia, che ne sappiamo… Forse si sparava gli sciroppi scaduti alla codeina? Vabe’, ad ogni modo qualcosa ha smesso. Forse ha smesso con la sindrome di Peter Pan e ha deciso di fare il serio a tutti i costi: già da Giovani Jovanotti le cose sono cambiate, non era più quello che diceva non troppo velatamente al Vasco pizzicato dalla pula con la roba in saccoccia “Vasco tu sei noi NON CI SPUTTANARE DAI…”. C’è da dire che poi il passaggio verso un discorso più straccione e meno legato all’edonismo eighties è stato quasi naturale in Italia, come anche un po’ in tutto il mondo occidentale. Stiamoci.

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Forse Jovanotti piace a tutti, belli e brutti, perché mantiene i piedi in due scarpe: continua a fare le sue canzoncine, ma ha un entourage che gliele veste nel modo giusto, in quel modo paraculo che strizza l’occhio un po’ qui un po’ lì. Anche politicamente ci avete mai capito qualcosa di Jovanotti? Uno che diceva “Io credo che in questo mondo esista solo una grande Chiesa / che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa”—frase quanto mai attualissima vista la recente beatificazione—come fa a dormire la notte? Forse con quei suoi versi confusi intendeva che ognuno ha le sue icone, parlava dei luoghi comuni “del bene”: allora i comunisti hanno Che Guevara, i cattolici Madre Teresa, San Patrignano salva i tossici, e così via. Be’, a livello superficiale tutto funziona, ma se poi vai a scavare…. Ed è per questo che alla fine della fiera non mi sono sconvolto troppo quando c’è stato il grande scandalo dei CSI che aprivano i suoi concerti. Anche Ferretti aveva le idee confuse, pure lui guardava alla Russia in maniera fumettistica, ma gli piaceva un po’ di tutto. Comprensibile, no? Alla fine infatti ha accolto anche il capitalismo, dal quale tutto sommato Jovanotti veniva. È proprio quest’ambiguità di fondo a caratterizzare il successo di Jovanotti. E fin qui ci potrebbe pure stare, non sarebbe neanche l’unico.

Solo che ecco, poi Jova inizia a trasformarsi in tuttologo, suo malgrado forse. Scrive libri e tutti a incensarlo, va in tv a cantare “cancella il debito dai” e tutti a dire ma che bravo. Fa un tour in America nelle bettole, perché ovviamente lì non lo conosce anima viva, e la stampa ne parla come se fosse un eroe nazionale (lui si ridimensiona sempre, poi però si ritrova nel roster dell’etichetta dei Primus, la ATO—ciò dovrebbe farci riflettere) Non è mai scorretto, quindi figurarsi se qualcuno gli lancia buste di piscio addosso sul palco. È opinionista a tutto tondo, anche se metà delle cose che dice sono incomprensibili in quanto negano se stesse appena escono dalla trachea. Diciamolo, gli manca un po’ l’esperienza di uno scontro frontale, non è riuscito neanche a scontrarsi con i 99 Posse quando Red Ronnie al Roxy Bar li costrinse a jammare insieme (con risultati che vi ometto). Per questo oggi Jovanotti è una massa indistinta che comprende tutto e il contrario di tutto, quasi a prescindere. 

Fortunatamente, nella sua carichissima esistenza, Jovanotti non ha ancora trovato spazio per fare il regista, in compenso sembra aver trovato in quel campo un valido alleato che alimenta l’ambizione Jovanottesca alla tuttologia affidandogli la composizione di colonne sonore. L’alleato in questione è Gabriele Muccino, chi sennò. La prima collaborazione tra i due, in questo senso, arriva nel 2010, anno in cui Jovanotti compone l’OST di Baciami Ancora, che gli è valsa… UN DAVID DI DONATELLO.

Che dire… Musicalmente Jovanotti si rifà a Paoli, a quei pezzi col ritornello in giro di Do, melodie non troppo fantasiose che avrebbe potuto scrivere anche un’app per cellulare. Certo, il testo di “Baciami Ancora” è sentimentale, in linea col film, forse dolce quanto basta per aver mosso la giuria: diamogliela buona. Subito dopo, il nostro ripete l’esperienza cimentandosi nel rifacimento della colonna sonora del classico Sangue e Arena per una nuova versione del film in DVD. Qui le cose migliorano, perché ad affiancare Jovanotti c’è il trombettista Marco Tamburini, purtroppo da poco scomparso, che passava dal jazz con i controcazzi (con relative illustri collaborazioni) al turnismo per il mondo del pop, lavorando in modo quasi fisso con il nostro Lorenzo. Sennonché però la voce di Jova in questo lavoro stona in modo pazzesco, non si capisce perché non si è limitato al dietro le quinte. Stessa cosa con il Viaggio Verso la Luna di Méliès, risonorizzato: un massacro che si poteva evitare se solo Lorenzo fosse stato lontano dal microfono.

Lasciamo stare, anche perché in quei casi si trattava di sonorizzazioni, esperimenti più o meno riusciti di un’ulteriore espansione di campo. Espansone che avviene del tutto grazie, ancora una volta, a Gabriele Mucccino, che stavolta fornisce all’amico Jova l’occasione di cimentarsi in un’intera colonna sonora. Alla fine “squadra che vince non si cambia”. Per il suo nuovo film L’Estate Addosso, che esce oggi in tutte le sale, Jovanotti scrive il tema principale. Siccome però si rende conto che quel pezzo sarebbe stato un singolo estivo perfetto, non aspetta l’uscita del film come poteva essere logico, strappando a Muccino il permesso di utilizzarlo immediatamente (chissà se l’ha ricattato…). Nel 2015 quindi il pezzo diventa già radio-friendly e viene inserito nel disco d’inediti Lorenzo 2015 CC, bruciando così la sorpresa. Il film è invece stato presentato pochi giorni fa alla Mostra del Cinema di Venezia, dove Jovanotti si è subito accaparrato il riconoscimento come “miglior colonna sonora “. Dico cazzo, forse almeno in questo deve esserci qualcosa di particolare: poi leggo le sue dichiarazioni su Tv Sorrisi e Canzoni e la speranza si rafforza.

«Quando ho visto il primo montaggio del film senza le musiche ci ho immaginato qualcosa di immediato, essenziale e il più istintivo possibile. Ho deciso che avrei voluto che la colonna sonora nascesse direttamente sulle immagini, quasi in diretta, e ho prenotato uno studio per una sola settimana imponendomi di essere volutamente rapido, per sottolineare l’atmosfera di scoperta che c’è in tutto il film. Non ho voluto orchestra, non ho voluto preprodurre nulla, e il risultato mi piace molto. È la mia prima colonna sonora ed è stata una bella esperienza». Be’, detta così sembra un approccio quasi “punk”. Poi leggo che ci partecipa il batterista degli Antibales, un gruppo afrobeat che voi appassionati conoscerete bene visto i collegamenti con i gruppi di Fela Kuti (Africa 70 ed Egypt 80 per intenderci) e la curiosità è molta. Fra l’altro il chitarrista Riccardo Onori, fisso nella formazione di Jovanotti, oltre ad essere un ex Diaframma ha anche partecipato al progetto Mondo Cane di Mike Patton, quindi mi dico: magari qualche svisatina matta ce la possiamo aspettare. 

“L’Estate Addosso” apre il disco, come prevedibile. Bello riascoltare il singolo di Jovanotti dopo un anno, sembra un pezzo degli 883 trasformato in uno scimmiottamento dei Coldplay tipo “Hymn for the Weekend”. Non saprei cosa pensare. Ad ogni modo, il solito giro di do come un avvoltoio cala su tutto (d’altronde ancora Paoli, d’altronde “Baciami Ancora”, d’altronde porc***o). E poi che poesia.. “la maglia dei mondiali scolorita”, “Saluti dallo spazio le fragole maturano anche qua” (ha visto The Martian forse?). Be’, tutto mi viene in mente ascoltando sto pezzo tranne che la libertà. Mi pare una galera di strumenti iperprodotti, sembra di stare al supermercato e di non poter uscire perché il custode ti ha dimenticato dentro. La dolcezza familista di “Baciami Ancora” è chiaramente un ricordo.

Ok, passiamo alla colonna sonora vera e propria. Si erge uno strumentale, “L’Estate Arriva”, il cui giro è quello de “L’Estate Addosso”, quindi fantasia al potere. Poi c’è una che gorgheggia in un’atmosfera sognante scippata al glo-fi più di tendenza (roba alla Neon Indian, per intenderci)—tendenza però di circa dieci anni fa, mi raccomando. Il pezzo va avanti per tre minuti senza che succeda nulla di particolare. Tappezzeria, anche se a furia di overdub (ad esempio di organo) si cerca di ricamare un tessuto musicale che dia la parvenza di qualcosa. Stiamo qui, fissiamo il vuoto: forse col film funzionerà pure, ma così sembra un riempitivo paraculo.

Il terzo brano è “Variazioni Estive”. Ancora una volta lo spettro del giro de “L’Estate Addosso”, appunto con leggere variazioni. Ancora la tizia che canta sopra a questo tappeto mezzo hypnagogico che dura la durata giustissima di un minuto e pochi secondi anche perché non c’era nulla di più da dire. Mistero sull’utilità di tale brano ma vabe’, il design è design, non si discute. Sicuramente così ha ottenuto il peggior pezzo della raccolta.

Ma subito dopo arriva il colpo di genio: il plagio de “Il mio Corpo che Cambia” dei Litfiba. Non me l’aspettavo, eppure eccolo qua. Abominevole è la parola giusta, visto che tra l’altro il pretesto di renderlo un pezzo surf/psych crolla già nelle intenzioni, tutti gli effetti e le sovraincisioni presenti servono solo per sottolineare la mancanza totale di empatia per il film che si sta commentando (il titolo del brano è “3000 Euro”, forse quelli che gli hanno dato solo per dieci secondi di questo brano?). Anche qui durata incredibile di due minuti. Boh.

Passiamo al singolo che dovrebbe trascinare al successo questa colonna sonora. “Welcome to the World,” cantato dal cantautore milanese Jack Jaselli, paradossalmente ci mette di fronte al fatto evidente che se a cantare i pezzi di Jovanotti ci metti qualcun altro (che non sia Irene Grandi o Giorgia) si possono ottenere dei decenti brani easy listening buoni per andare con l’automobile sul lungomare vedendo le cose, ma senza sapere cosa fare. Rimorchiamo? Ci prendiamo una granita? Depende… Da che depende? Forse dal giro di “L’Estate Addosso” …Che mi pare continui a perseguitarci. Assolo finale imbarazzante, forse suonato con un simulatore di ampli direttamente in un iPad. E che cazzo, spendeteli due soldi, non fate gli alternativi per forza!

Ah, e in un film sull’estate vuoi che non ci scappi il regghe? Ed eccolo qua. “Sul Lungomare del Mondo,” un altro pezzo riciclato da un vecchio album, è l’ennesimo manifesto del fatto che Jovanotti è sempre ottimista, talmente tanto che è poco credibile, incomincio a pensare che sia un depresso cronico. Oh, beato lui. “Dove è finito il mio stupore” si domanda Jova: be’, il mio nel fatto che il giro è ancora una volta simile quello di “L’Estate Addosso,” ma a battute dimezzate. E poi un bell’assolo di sax finto per concludere, ciliegina sulla merda.”Sgangherata” ti fa pensare, dal titolo, a un brano come minimo free, no? Ci starebbe ogni tanto: alla fine nel comporre una colonna sonora dovresti averle certe “libertà” (visto che Jova cita questa parolina nove volte su dieci…) Invece niente: giretto portato avanti per due minuti che pare Ligabue con una trombetta sopra che svisa. I suoni sono quelli che servono a evocare in modo molto didascalico l’estate, che tu dici AH E ME PAREVA STRANO CHE NON CE METTEVA QUELLO… Si tenta la carta dub, ma in una jam simile non c’è tanto spazio per l’inventiva, tra l’altro finisce anche col machete. Forse ha prenotato una sala a New York per una settimana non tanto per immediatezza ma perché aveva altro di meglio da fare nei giorni successivi?

L’inzio di “Indie Summer” (titolo orrendo) sembra portare a qualcosa di migliore. In effetti, prima che arrivi la batteria stile Beatles morti di fame ci potrebbe essere anche quel guizzo fatto di chitarre quasi slide che invece niente. Solito giretto portato avanti a stufo per tre minuti, senza manco un cambiamento. Solo overdub a rotta di collo. Che poi cosa avrà di indie questo pezzo? Forse la produzione col classico compressorino che fa classifica? Certo: usare un 36 piste per fare ‘sta roba è abbastanza frustrante a mio parere, però…. Risolviamo col finale alla Venditti, De Gregori, insomma pianino e compagnia bella? Eh, insomma… Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sì, ma sulla spalla… Ed è bene che resti lì.

Ah finalmente un po’ di elettronica space!  “Beibee” sembra convincere di più, perché almeno è un robusto nu-funkettone da pomicio. Unico problema: ricorda molto da vicino “Ufo Sexo” di Tony Santagata (con tanto di mugoli di ragazza eccitata in calore…… Ammazza Jovano’ e chi se lo pensava da uno come te?). Ovviamente, se una traccia inizia a prendermi, la lunga mano del produttore la sega subito, senza neanche darmi il tempo di capire se ci sarà uno sviluppo. Per la durata di 1.47, amici: un record, manco gli Anal Cunt col pepe al culo.

Ma il pezzo forte, a mio parere, è il successivo: “Frisco Night” è un technone da discoteca tamarrissimo, con tanto di crescendo stile Steve Aoki e zanzare allucinate. Mi chiedo perché Jovanotti non faccia direttamente ‘sta roba tornando ai vecchi fasti di Gimme Five 3 invece di insistere con la poesia forzata stile romanzo harmony. Diciamo che il brano funziona anche perché—as usual—è un giro solo che va in loop ma almeno qui è giustificato. Poi tanto dura pochissimo, capirai: c’è poco da fare gli sboroni, diritti al sodo e bona lè.

“Beach Bacio” (titolo da galera) inizia come un discorso ambientoso, poi una chitarra acustica arpeggiata introduce atmosfere mezze Cure mezze U2, tutte rigorosamente primi 2000 e leggermente solarizzate. Qui almeno ci sono un po’ di stacchi jazzati che però evocano quel gusto alla Giovanni Allevi che vi prego… Jova ha commesso credo il più grande crimine del mondo a pubblicargli i dischi a quello. Ma almeno è una variazione che dà ossigeno. Ragazzi, ci fermiamo comunque anche qui al minuto 1. 54: ma questo film cos’è? La Cosa? Ce l’ha la musica o serviva giusto il nome di Jovanotti per fare cassetta?

Oooh “Estate Cubana”! Titolo che uno pensa “ah ecco ci mancava solo questo…” ma tranquilli amici, è solo una versione lo- fi del secondo pezzo (o terzo? Boh… Tanto pressappoco sono tutti uguali..). Non riesco a capire il motivo di riproporre di nuovo questo stacchetto, anche perché dura un minuto e 28… Era proprio necessario ? E poi che cazzo ha di cubano visto che non c’è neanche una percussione? Forse il chitarrino ivi usato è un Tres? Mistero, come direbbe Ruggeri.

Ah ecco il ritorno di un pezzo cantato: “Full of Life” (che poi, ancora una volta, è un pezzo già presente in Jovanotti 2015 CC, ovvero “Pieno di Vita”) cantato dall’ospite Ashley Rodriguez.  Costei pare sia una delle silurate di American Idol scovata da Jova non si sa dove. Chitarre acustiche, voce molto classica senza personalità. Non saprei che pensare se non a ragazzine che ascoltano il pezzo in cameretta come una volta si ascoltava la Pausini del primo disco, piangendo per l’amorazzo estivo che va a finir male. Probabilmente va bene così, l’ho fatto anch’io a mio tempo lo confesso.. almeno sappiamo cosa ci aspetta. Certo, dopo un po’ mi viene la nostalgia del pezzo truzzone da discoteca. Cioè questo dovrebbe durare un minuto e mezzo e ne dura tre e 32, decisamente troppo. Hanno forse stabilito di fretta anche i minutaggi per sembrare più “live and raw”?

“Playa Spiaggia Beach,” oltre ad avere un titolo merdaviglioso, ci introduce l’arpeggione di chitarra che purtroppo ci aspettavamo tramite una tromba squassata e a bassa fedeltà che riacquista punti, solo che poi va avanti per un minuto e 57 gratuitamente, con un semplice ostinato di due note e percussioni che sottolineano questo ostinato e la solita ragazza che canta un po’ sguaiata. Aiuto! Arriva Jovanotti che dice “È PIENO DI VITA”. Madonna che paura. Forse mi sono sintonizzato su Radio Maria.

Dai ragazzi, nulla è perduto e parte “New York Addaosso”. Oh ecco! Jovanotti dovrebbe fare solo questa roba funky electro disco e non cazzate simil indie. Il mood e il giro chiaramente inculati di peso ai grandi classici di Cerrone e co, va bene, ma almeno si sente una certa cura, il tiro, e come minimo del divertimento. Sicuramente un must per i vostri prossimi dj set, ha anche una certa durata di 2.59 che la rende perfettamente radiofonica, incredibile!

Eh ma ahia… “L’Estate della nostra Vita” riprende i temi precedenti, ovviamente, con un pianoforte solo a rievocare i fasti di Stephen Schlaks o di un ennesimo Venditti in vena di giro di Do (ok, qui siamo in Mi, ma è trasportato). Mentre ascolto il brano, dal bagno mi arriva il suono della lavatrice che fa la centrifuga e mi dà un effetto tipo space di sintoni che fanno riccioli. Pensavo venisse dal pezzo, grande delusione: alla fine bastava poco per renderlo interessante. 

Ue “Feel the summer on my skin” inizia con un paddone gajardo! Ma poi ecco, tutto rovinato dall’ennesimo giro tutto uguale… Ma che palle… Poi canta ‘sto fomentato di Jaselli che ti fa diventare tutto una specie di copia dei Coldplay come sopra. E ancora co ‘sta libertà der cazzo… Ma di che parli Jova? L’estate è la libertà??? Ah ecco che cos’è, è la versione inglese di “L’estate addosso”. Qua non la salva neanche Jaselli, Jova doveva chiamare Pop_x a cantarla (che poi dai è un bel po’ che Jova prende ispirazione da Pop_x, diciamolo… È ora di fare giustizia, perdio). Uo uo da stadio finale che davvero mi sale una depressione incredibile, una specie di stupro alle mie orecchie: spero che con il film regga, ma così neanche se lo salda un fabbro. Cara redazione di Noisey, sappi che ti sto odiando per quello che mi hai fatto, recensire sta roba è una tortura, spero io non venga ricompensato in noccioline.

Tortura o no, Jovanotti ne esce vincente ed io invece come un pirla. Ma forse non solo io eh: ricordo quando al festival di Venezia la gente fischiò Musikanten di Battiato, addirittura ridendo alle citazioni di Wittengstein contenute nei dialoghi del film. Dite che Jovanotti non ha mica diretto un film come il buon Franco? Be’ ha fatto di peggio: questa colonna sonora. Lo vedrei meglio dietro la macchina da presa, a questo punto. Alla luce di questo, che diavolo sta succedendo al mondo della cultura dello spettacolo? Eh, cari miei: ve lo spiega il Cherubini vostro, ovviamente a parole sue. L’estate c’è caduta addosso, non c’è che dire. Addosso alle palle.


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