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‘Mentale strumentale’ è il disco “perduto” dei Subsonica ed è anche il migliore

Subsonica Mentale Strumentale

Ci sono cose che noi di Italian Folgorati non capiamo, alcuni comportamenti tipicamente italiani che vengono applicati al mondo della musica in maniera singolare. Ad esempio, le parole “genio”, “genialoide”, “geniale” spesso sono usate a sproposito, in situazioni e a riguardo di personaggi che di geniale hanno solo il fatto di esserlo considerati.

Faccio queste premesse perché è uscito da qualche tempo il nuovo album dei Subsonica e ho già letto in giro la parola spesso associata a Einstein. Non posso d’altronde nascondere che non ho mai capito come abbiano fatto i Subsonica ad avere tanto seguito: le loro canzoni mi hanno sempre dato l’idea di un’ispirazione dettata dal timbro al cartellino.

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Non si salvano, secondo il mio parere, neanche le collaborazioni con gente come Bluvertigo, i Krisma, i Righeira, la cui scrittura, sicuramente più interessante anche quando è meno ispirata, viene fagocitata e annullata dall’enfasi sull’”attualità a tutti i costi” dei Subsonica. I quali, sempre attenti alle tendenze e avvezzi ai feat, non si fanno sfuggire neanche una moda per infarcire i loro dischi e fanno video accattivanti per il mondo dei, più o meno, giovani alternativi.

Insomma, queste tendenze implicano che i Subsonica siano sempre stati inclini al giovanilismo, cosa che si spiega già nel vedere Samuel con il suo microfono doppio e ti spingeva a chiedere perché non usasse semplicemente un pedale stereo per effettarsi, e idem con il reggi-tastiera di Boosta trasformato in una roba a molla. Per come la vedo io, insomma, si trattava di un gruppo commerciale, senza se e senza ma.

Per come la vedo io, insomma, i Subsonica erano un gruppo commerciale, senza se e senza ma.

Il fatto che i nostri abbiano ricevuto un sacco di premi non ha fatto poi altro che chiudere gli occhi ai loro estimatori rispetto al fatto che Samuel e Boosta, agli esordi, suonassero in un gruppo come Gli amici di Roland. Un gruppo che girava sì l’Italia, ma a suonare cover di canzoni di cartoni animati, con l’idea di suonare trash e renderle in versione rock e ska.

Giusto Max Casacci aveva credibilità indipendente essendo fuoriuscito dagli Africa Unite, mentre Pierfunk era uno studente del CPM di Milano, e in pratica un session man, e lo stesso discorso può valere per Ninja, che suonava la batteria con la Vanoni. Certo, la gente cambia pure nella vita, non c’è dubbio, ma il background rimane importante.

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Vedere improvvisamente i Subsonica da perfetti “boh” a blasonata band”alternativa” ai tempi mi lasciò quantomeno sospetto. Ma all’epoca essere alternativo significava anche rischiare di fare pochi soldi, ragion per cui una certa coerenza c’è.

Dunque vi chiederete, “Se non ti piacciono i Subsonica per quale motivo ne stai parlando?”, eh, perché è uscito il loro ultimo album, che però non è ultimo per niente e risale anzi al 2004, benché non sia mai stato pubblicato prima. E la cosa strana è che forse, a tutt’oggi, si tratta dell’unico disco secondo me fico della band: Mentale strumentale potrebbe quindi ribaltare il mio giudizio musicale sui nostri amici torinesi?

‘Mentale strumentale’ potrebbe quindi ribaltare il giudizio musicale sui nostri amici torinesi?

Be’, Italian folgorati sta per dirvelo, vediamo insieme se la strada di Damasco è vicina… Allora, innanzitutto, questo disco è incredibilmente lontano dalle solite cose dei Subsonica. Primo: non c’è la voce di Samuel che io trovo insopportabile, la ritroviamo solo come come campione deformato all’interno dei brani; secondo: non ci sono i testi finto intellettuali e tutta quella retorica enfatica della “canzone”.

Si tratta invece di un flusso di elettronica completamente improvvisata che a volte ricorda il krautrock, altre volte gli unici Radiohead sopportabili—almeno dal sottoscritto, ovviamente—, quelli Warp oriented di Kid A e Amnesiac. A volte, invece, sembrano semplicemente i Subsonica che finalmente non recitano la parte dei Subsonica: e non a caso le mode o le ultime tendenze non trovano posto in questo lavoro.

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Che, udite udite, venne presentato alla Mescal allo scopo di chiudere un contratto che richiedeva altri due album a conclusione del ciclo, ma venne invece rifiutato perché considerato “un disco di soli rumori”. Una cosa del genere, però, normalmente la farebbe una major, non un’etichetta indipendente come la Mescal e la questione si “risolverà” poi con una situazione piuttosto spiacevole, ma soprattutto con l’incisione di un disco che non ha visto la luce manco di striscio fino a poco tempo fa.

Poi ecco la pandemia e il 2020, ecco la quarantena: i Nostri vanno a ritroso e capiscono quanto questo disco ora abbia senso, visto che stanno tutti chiusi nel loro micro universo. E quindi lo pubblicano, facendo probabilmente la cosa migliore della loro carriera.

“Come noi moltissimi altri artisti hanno capito che questo è un momento in cui bisogna andare a porre le basi per il futuro”

Ora, non so quanto i Subsonica si siano confrontati in merito, e dalle interviste non risulta del tutto chiaro, ma, affermazioni come “Io credo che gli artisti, proprio per definizione devono essere liberi, un artista che non è libero fondamentalmente non è un artista” sono fuori fuoco. Proprio perché loro stessi non sono stati liberi di pubblicare quel disco all’epoca, e per paradosso non dovremmo considerare neanche loro come degli artisti.

Con la questione della quarantena che rallenta il tempo e che permette di andare oltre le scadenze solite e la velocità della produzione d’oggi, i Nostri hanno trovato il modo per pubblicare il loro disco “ambient”, in una situazione in cui più che arrestare la produttività, non si sa proprio di cosa parlare e di cosa scrivere. “Come noi moltissimi altri artisti hanno capito che questo è un momento in cui bisogna andare a porre le basi per il futuro,” hanno detto.

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“Adesso abbiamo tempo a disposizione, mentre prima si era ingabbiati nelle dinamiche di consegne, di scadenze, di tour, invece questo tempo che si è liberato fra le nostre mani è molto importante per scrivere la musica del futuro. Era giusto quindi raccontare quelle parti più nascoste di un gruppo come i Subsonica.” Il che, vedendo pubblicato un disco del 2004, sembrerebbe invece un’ammissione di futuro inesistente.

Ad ogni modo, ragioni della pubblicazione a parte, Mentale Strumentale è in effetti un grande disco. Già da “Decollo – Voce Off”, col suo sintetizzatore vocale, si sentono echi degli anni Settanta di Alfredo Tisocco, così come dei reverse battistiani incastonati in fumi quasi Autechre solcati da rumore bianco.

Ad ogni modo, ragioni della pubblicazione a parte, Mentale Strumentale è in effetti un grande disco.

Rumore che non è tale da fare però sparire le melodie, che rimangono prominenti. In “Cullati dalla tempesta” ci sono infatti afflati post rock tra mallets, chitarre elettriche e tempi dispari, con voci che ritornano indietro alle linee pitchate del Battiato di Pollution.

Gli algidi scenari digitali di “Artide 3 A.M.” trovano una collocazione tra gli strumentali degli Orchestral Manoeuvres in the Dark e le produzioni Mego che passano a citofonare sotto casa di Brian Eno. “A Nord di ogni lontananza” sperimenta invece con percussioni di ogni tipo, e finisce per assomigliare a un incrocio tra i Melt Banana nei pochi momenti in cui fanno dub e le colonne sonore di Carpenter che incontrano i Tortoise.

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“Detriti nello spazio” ha invece aperture quasi prog, nella grande tradizione italiana “dilatata”, con la sua chitarra acustica, gli effetti elettronici e alcune citazioni che sembrano provenire ancora una volta dagli Autechre—in particolare la sirena stile “Basscadet”. In questo senso, “A di addio”, con le sue partiture corali, ci porta a sensazioni da 2001 – Odissea nello spazio, come anche “Tempesta solare”, che sembra una citazione dei Pink Floyd masoniani di Ummagumma, dotata di percussioni spaziali che poi passano quasi al glitch, con un groove di bassi subliminali che non si è mai sentito nei loro dischi in maniera così “funzionale”.

Il sospetto che il disco sia stato ispirato in maniera massiccia dalle libraries italiane e dalle colonne sonore anni Sessanta e Settanta è stato confermato da Boosta in varie interviste. Ma anche solo ascoltando “Delitto sulla luna” questo diventa chiaro, visto che sembra quasi un’outtake del Morricone in zona Petri, quello più oscuro e dilatato—compreso quello sintetico de La cosa.

Il sospetto che il disco sia stato ispirato in maniera massiccia dalle libraries italiane e dalle colonne sonore anni Sessanta e Settanta è stato confermato.

“Strumentale” flirta invece con le linee melodiche del Battisti di “Io gli ho detto no” e con l’elettronica frammentata e le voci filtrate che sanno molto di Gianna Nannini durante il periodo “Uccelli”, in linea con gli skip plunderphonici presenti anche in “Rientro in Atmosfera”, l’ultimo capitolo in un contenitore che occhieggia tanto all’Aphex Twin di Melodies from Mars quanto ai Plone. Citando chiaramente un viaggio stellare che si risolve nel più classico dei ritorni sulla terra, sembra che il titolo sia stato messo solo recentemente, in pieno Covid.

Tuttavia, è chiaro che nelle sonorità non c’è nulla di recente o contemporaneo. Il tutto suona come un prodotto che già nel 2004 sarebbe sembrato per alcuni versi già sentito, contenente anche sonorità tipiche della formazione e usate in precedenza.

La cosa bella e il motivo ulteriore di interesse però sono proprio questo suo suonare inattuale, finalmente. Il gusto di suonare per il semplice suonare, senza obiettivi in testa e grazie a un metodo di turnover tra i musicisti, che interagivano tra moltissimi strumenti in sala, elettronici, elettrici ed “etnici”, registrando a sensazione, senza badare troppo alla tecnica o ai rispettivi ruoli codificati all’interno del gruppo.

Sebbene continuino a dire che la band originariamente sia nata come “sperimentale”—e sappiamo che non è proprio così—siamo tuttavia finalmente d’accordo. Nel senso che da oggi i Subsonica potrebbero diventare sul serio un gruppo, se non proprio sperimentale, quantomeno di libera “ricerca”.

Da oggi i Subsonica potrebbero diventare sul serio un gruppo di libera “ricerca”.

Perché se è vero che la pandemia ha cambiato tutto, ora li aspettiamo sul terreno di questo tanto strombazzato cambiamento. Non sarà geniale, certo, ma il disco è senza dubbio davvero bello, una sensazione che mi avevano dato in precedenza solo con “Preso blu”, una grande canzone degna di rimanere nella storia. Speriamo quindi che questo “Decollo” avvenga per davvero, non vorremmo davvero subire un brusco “Rientro in atmosfera”.

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