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I passaggi più assurdi e illuminanti dell’intervista di Kanye da Letterman

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È uscita la nuova stagione di My Next Guest Needs No Introduction su Netflix, la serie in cui David Letterman intervista per un’ora grandi personaggi della cultura contemporanea davanti a un pubblico ignaro. La prima puntata è l’attesissima intervista con Kanye West, finalmente nell’ambiente giusto per vuotare il sacco su tutte le cose controverse che gli sono successe in pubblico negli ultimi due anni o giù di lì.

Letterman, prima di presentare il suo ospite, ha ammesso di avere paura: “Non sono uno che si intimorisce facilmente. [Ma] Voglio che stavolta vada tutto benissimo”. Per fortuna Kanye è sorridente e disponibile, e dopo una breve introduzione sul cibo (“Faccio come i rastafariani, chiamo la dieta livet, perché non mi piace il fatto che diet contenga la parola die [morire]”) si passa presto a parlare di cose serie e importanti, anche se a lui la parola “importante” non piace.

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Qua sotto vi raccontiamo i passaggi dell’intervista che ci hanno colpito di più.

Suo padre era un rubamicrofoni come lui

Kanye è figlio di Ray West, ingegnere del suono che ha lavorato per gli studi cinematografici di Hollywood per tutta la vita, vincendo anche un Oscar per Guerre Stellari. Letterman fa partire l’intervista proprio dai genitori e dalla loro influenza, chiedendo a Kanye della testardaggine di suo padre, e se si riconosce in lui. “Quello è il mio codice genetico”, risponde sicuro Kanye. “Mia madre parlava sempre di quando mio padre era salito sul palco e aveva preso il microfono dalle mani di qualcuno per fare quello che credeva fosse giusto… Ma non era famoso come me, quindi si è messo un po’ meno nei guai”. Il riferimento, ovviamente, è ai VMA del 2009, quando Kanye si è opposto alla consegna del premio per il miglior video di un’artista femmina a Taylor Swift, sostenendo che sarebbe stato più giusto assegnarlo a Beyoncé.

Sua madre lo ha portato in Cina da bambino

Parlando di sua madre, Kanye si commuove ricordando il regalo che lei gli fece prima di morire. Incalzato da Letterman, racconta di quando in quinta elementare lo ha portato in Cina, dove ha imparato a parlare un po’ di cinese mandarino: “Mi ha aperto la mente e mi ha spinto a pensare in maniera diversa da come gli americani sono programmati a pensare dai media […] Mi ha insegnato a mettere le cose in discussione”. Più tardi, parlando di come la morte di Donda West abbia cambiato la sua vita e il suo lavoro, il sentimento predominante è, comprensibilmente, la confusione: “Sicuramente è stato un pezzo della mia storia, come per Michael Jordan la morte di suo padre. Ti dici che nell’universo non esistono incidenti e vuoi chiedere a Dio perché è successo, poi arrivi ad accettarlo. Tutto succede quando deve succedere”.

Ha tagliato i ponti con Drake ma cita ancora le sue canzoni

A un certo punto Dave sottopone a Kanye un paragone che ha sentito tra lui e JAY-Z: “Lui è un narratore nelle sue canzoni, tu un personaggio”. Kanye non è proprio d’accordo: “Siamo entrambi rapper, siamo egocentrici”, risponde. Poi si prende una pausa e dice una cosa inaspettata: “Un artista che non menzionerò perché non mi è permesso nominare lui né alcuno dei membri della sua famiglia ha un verso che amo e che dice: ‘Ho raccontato la mia storia e ho fatto la sua storia/la Storia’”. Il riferimento è a “Crew Love” di Drake, che dopo il beef dello scorso anno evidentemente dev’essere passato per vie legali. Forse noi siamo dei teneroni, ma ci vediamo una mano tesa da parte di Kanye, e chissà che due dei rapper più geniali di questo secolo non facciano la pace grazie al Babbo Natale dei talk show Dave Letterman.

Ha le idee molto chiare sulla salute mentale e sui trattamenti psichiatrici

Non c’era dubbio che la parte più interessante dell’intervista sarebbe stata quella sulla salute mentale. A Kanye è stata diagnosticato il disturbo bipolare di personalità due anni fa, e le sue uscite pubbliche ne hanno fatto parlare moltissimo. Ovviamente, Letterman parte dalla copertina di ye, la scritta: “Odio essere bipolare è fantastico”.

“Quando sei bipolare, se non prendi le medicine ogni giorno, potresti avere un’impennata e finire all’ospedale, perché inizi a comportarti in maniera erratica, come direbbe TMZ”. Ma poi torna sulla nozione del bipolarismo come “superpotere”, concetto che aveva già espresso in “Yikes”. “Quando impenni, la tua personalità si esprime in modo più forte”, racconta. “Puoi iniziare a esprimerti in modo quasi adolescenziale”. Nel mezzo di un episodio maniacale, Kanye sostiene di sentire “una maggiore connessione con l’universo”, e di essere in grado di usare lo stigma riservato ai “pazzi” per uscire dalle maglie del pensiero unico e parlare di cose di cui non si dovrebbe parlare senza conseguenze: “Se trovo qualcosa che la gente non vuole che noti o che pensi o che dica ad alta voce, diranno ‘oh, è soltanto un pazzo’. E poi torno a casa. Se non pensassero che fossi pazzo, potrebbe essere un problema”.

Poi c’è la questione dello stigma sociale, che Kanye combatte rifiutandosi di nascondere il proprio disturbo e parlandone pubblicamente. In un significativo e divertente scambio, Kanye e Dave fotografano i progressi fatti in materia di salute mentale anche grazie al cambio di atteggiamento delle celebrità: “Cento anni fa avrebbero chiuso lo zio nell’altra stanza.” “Già, ‘Non andare in soffitta, c’è Bob in soffitta’.” “E ora la soffitta è proprio qui”, conclude Kanye sorridendo al pubblico.

Guardando questo segmento dell’intervista, è davvero evidente quanto sia importante ascoltare i pazienti riguardo alle questioni psichiatriche. A un certo punto, sull’orlo del pianto, Kanye racconta la sua esperienza con la versione americana del trattamento sanitario obbligatorio: “In quel momento sei in uno stato super paranoico. […] Pensi che tutti vogliano ucciderti, non ti fidi di nessuno. In quel momento ti prendono, ti ammanettano, ti sedano e ti mettono sul letto, separandoti da tutti quelli che conosci”. È una procedura “crudele e primitiva” che Kanye chiede fortemente che venga cambiata.

Alla fine di questa porzione di intervista, si parla di farmaci e di come influiscano sul percorso creativo. Kanye non prende farmaci da otto mesi, dice, affrettandosi ad aggiungere che lui è fortunato a poter funzionare anche senza, ma che questo non vale per tutti. Sulla libertà creativa ritrovata abbandonando le medicine, usa una frase semplice e disarmante: “È semplicemente la realtà. Se volete queste idee pazze, questi concerti pazzi, questa musica pazza e questo modo pazzo di pensare… c’è la possibilità che tutto questo provenga da una persona pazza”.

Non ha cambiato idea su Donald Trump

Kanye West “non ha mai votato in vita sua”, scopriamo quando risponde alla domanda di Letterman “Hai votato per Trump alle elezioni?”. Ciononostante, Kanye si lancia in uno spinoso discorso sul “bullismo dei liberal” e su come “tante persone che lavorano con me amano Trump e hanno votato per Trump ma hanno paura di dirlo”. Il suo discorso, ribadisce, ha a che fare con la libertà di espressione e di opinione.

Mentre Letterman cerca di virare il dibattito sulle effettive implicazioni della politica del Presidente, Kanye riporta tutto a una questione più personale: “Sei mai stato bullizzato a scuola per aver indossato il cappello sbagliato? I liberal bullizzano chi sostiene Trump. Non è tutto calmo. Non puoi indossare il cappello [Make America Great Again] tranquillamente, ti dicono: ‘vaffanculo!’”. È un punto di vista comprensibile, ma cieco rispetto ai veri problemi politici causati dall’amministrazione Trump. Si tratta in soldoni della versione americana della teoria del “fascismo degli antifascisti“, ampiamente smontata una volta che ci si allontana un po’ dal punto di vista emotivo e si guarda la questione con occhio più imparziale.

Il suo prossimo progetto è la pace universale

Sul finale, David Letterman e la sua troupe vengono invitati ad assistere a uno dei Sunday Service di Kanye, la “messa domenicale” che è un misto di performance artistica, concerto gospel e improvvisazione. Inondati da una luce rossa, con Letterman visibilmente colpito dalla forza e suggestività di quello che ha visto, i due dialogano sul rapporto tra arte e spiritualità. “Per ora sto solo lanciando vernice, è soltanto uno schizzo”, dice Kanye del progetto, al quale inizialmente non voleva nemmeno dare un nome. “Davvero?” risponde Letterman. “E qual è l’obiettivo? Come farai a sapere quando l’avrai raggiunto?” “Come? Ci sarà la pace nel mondo”, dichiara calmo Kanye. E un po’ viene da crederci.

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