Ho un coinquilino a cui continuo a consigliare dischi rap italiani e lui continua a schivarli. «Ciò che non mi piace del genere è che nei dischi rap difficilmente c’è un’idea di insieme, qualcosa che li leghi tra loro. È una playlist: non sono dei concept album», mi ha detto una sera. Desideroso di difendere la categoria (e soprattutto di avere ragione nella discussione) ho cercato di pensare a dischi rap italiani che fossero un racconto. Il mio pensiero è finito su Oh Madonna di Ketama126, che è una storia di religione, di credo e di fede. E non solo: il racconto, anzi, il percorso di Ketama continua in Rehab. E questo articolo è ciò che avrei dovuto rispondere al mio coinquilino.
Già da “Mappamondo”, primo pezzo di Oh Madonna, è percepibile questo percorso religioso che Piero sta per intraprendere. Il titolo viene da una citazione di Pulp Fiction di Quentin Tarantino, di cui è presente un sample all’interno del pezzo. Ketama vuole raccontare, come Tarantino, che sotto i litri di sangue e il pulp romano dei suoi pezzi, c’è un significato, un racconto da seguire. Come in Pulp Fiction, la morale religiosa è fondamentale in Oh Madonna. E proprio come Jules, il personaggio che pronuncia la frase presente nel sample, Piero è cambiato dopo degli eventi della sua vita che lo hanno portato a riflettere e adottare la cifra artistica di Oh Madonna.
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Prima di uccidere, Jules ripete un passo biblico inventato noto come Ezechiele 25:17: “…furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare e infine a distruggere i miei fratelli”. Il riferimento appare subito dopo il ritornello: “Non sto salvando il mondo, sto salvando me stesso e i miei”. Il tema della salvezza, tipico della dottrina cristiana , fa così il suo primo ingresso nel racconto di Piero, che così fornisce il fine della sua opera: una salvezza, circoscritta, per suoi amici peccatori. E proprio come Jules, colpito dall’intervento divino, la strofa che segue è colma di riferimenti a un nuovo inizio, specialmente quando canta “Cado e poi mi rialzo” – quasi un riferimento letterale alla Via Crucis col Cristo che cammina verso il patibolo – e l’idea della “strada in discesa”. Il ritornello cita poi la carbonara, pane di questa rappresentazione religiosa romana, e successivamente il vino.
Il viaggio sacrale continua in “Giuro su Dio”, in cui il tema religioso con spin romano è subito evidente dal riferimento alle “madonnine in strada”. Nel testo, un credente si affida a Dio per dare credibilità al proprio giuramento. La supplica comporta però un grave peccato, la violazione del secondo Comandamento: “Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio”. È questa contesa a dare il tema della strofa che segue, un valzer di contrasti ed ossimori che corrono l’uno verso l’altro senza schiantarsi mai, continuando a schivarsi a vicenda. E quindi Piero afferma di non essere Dio ma il peccatore Gucci Mane.
Il contrasto sta anche tra un’idea di ateismo, “Non prego Dio”, che si scontra contro l’arrogante sacralità di “è lui che prega me”. Scontri tra lupi e pecore (protagonisti di parabole bibliche) e il paradosso del volere il paradiso ma di non poter aspettare l’aldilà portano alla chiusura del pezzo, caratterizzata da ulteriori riferimenti al tema sacrale: la Madonna di Fatima che piange sangue.
Il percorso continua con “Dolcevita”, sulla cui copertina San Michele Arcangelo sconfigge Lucifero nel quadro di Luca Giordano. Nella tradizione cristiana, Michele era il generale delle milizie divine assieme a Lucifero; quando questo decide di intraprendere la via del male e di tradire quindi Dio, Michele lo abbandona e contribuisce a spedirlo agli inferi. Seguendo questa metafora, Ketama è Michele, cresciuto accanto alle sue cattive compagnie – Lucifero – nel rione. Il pezzo prende il nome dal film di Fellini con cui condivide la tematica degli avvenimenti e delle tarantelle romane.
Lo scenario è il rione Monteverde, che nel video condivide la sua centralità con luoghi sacri come la Chiesa di Santa Maria Immacolata a Via Veneto, in cui è conservata un’altra celebre rappresentazione di San Michele Arcangelo. Nell’immaginario religioso romano di Piero il battesimo non avviene con l’acqua santa ma con le birre Peroni – probabilmente prese al bar di San Calisto. Questo ennesimo gioco di contrasti tra il sacro (il battesimo) e il profano (la birra) è un riferimento a “Periodo d’oro”, scritta dal compagno di crew Ugo Borghetti con Asp, Franco126 e Enphashishi.
Nel bridge di “Borsello pieno” si scontrano nuovamente religione e profanità. Mentre parla di riempirsi le tasche, Ketama se ne esce dal nulla con un “parlo ai peccatori, la mia parola è Vangelo”. Come già ripetuto, Piero ha vissuto una vita circondato da peccatori – i Lucifero di “Dolcevita”, iniziati a tratteggiare in “Mappamondo”. Ketama adesso si avvicina alla fama e contestualmente si avvicina al paradiso per stare più vicino a Dio. Questa crescita personale e “beatificazione” è però ostacolata dai soliti problemi dei suoi amici peccatori: i vizi e le spese. In particolare, Ketama afferma di avere “mani bucate” e per questo si paragona a Padre Pio, noto per le sue stimmate.
Sebbene “Pantani” non rappresenti un passo in avanti nel racconto è comunque utile a segnare uno stacco al suo interno. Ketama è il ciclista, pedala verso il traguardo della musica e dell’elevazione sociale. I suoi vizi sono ostacoli che deve superare: sta raccontando la salita: quella in cui Pantani primeggiava e quella che Ketama ha compiuto prima del disco. Adesso, come già accennato in “Mappamondo”, è il momento della discesa.
Nella seconda strofa di “Brrr” Piero si identifica in Cristo, il figlio di Dio: “Corona di spine più mani bucate sono Gesù Cristo”. Torna il tema della salvezza dei suoi, questa volta espressa con un paragone a San Francesco, religioso di Assisi noto per la rinuncia ai beni materiali a favore di una vita di riflessione: “sto con ‘sti poracci come San Francesco”. I suoi compari tuttavia ancora una volta rappresentano l’avvicinarsi alla via della perdizione, in perenne scontro con la ricerca di santità e serenità di Piero. E infatti si va a infrangere il settimo comandamento, “Non rubare”.
Ketama racconta di un furto a un nemico indefinito: “Ti spogliamo in piazza, sei San Francesco”. Considerato troppo generoso così da sembrare pazzo, Francesco venne infatti fatto arrestare dal padre in un tentativo disperato di fargli cambiare atteggiamento nei confronti del denaro. Lui però si appellò al giudizio del vescovo e, in sede di processo, si denudò completamente dichiarando la sua fede in Dio e l’inizio del suo percorso nella fede. Ancora, bene e male: Francesco come figura salvifica in cui identificarsi, Francesco come povero corpo derubato e nudo di fronte alla folla.
“Oh Madonna” è un’espressione, e un pezzo, che indica allo stesso momento stupore e invocazione. Di nuovo Piero si identifica in Cristo, rendendo chiaro che “mia mamma è la Madonna”. La Madonna è dunque protagonista del pezzo, oggetto delle preghiere di Ketama. Nella strofa l’infinita danza tra sacro e profano si ripropone con la citazione esplicita della popstar Madonna. Ketama ora piange sangue, ora è a “Lourdes in una grotta”. È interessante notare come il tema del pianto di sangue, tipico di varie statue della Madonna e già citato in “Giuro su Dio”, si trovi vicino nella strofa alla barra in cui Ketama afferma che a causa del consumo smodato di cocaina abbia bisogno di una dentiera. Queste due rappresentazioni di imperfezioni fisiche dovute a cause antitetiche sono l’ennesimo contrasto tra sacro e profano.
In “Triste” Ketama afferma che solo un gratia plena – invocazione contenuta nell’Ave Maria – possa salvarlo. Il dolore di Piero è tale da fargli descrivere il suo funerale, che vorrebbe caratterizzato da “porte chiuse / Dodici persone, tutte le altre escluse”, riferimento ai dodici apostoli che identificano nuovamente i membri della sua compagnia. La sofferenza è evidente anche nella strofa di Franco in cui i suoi amici si trovano in strada come le Madonne presenti in molti angoli di Roma. Franco li descrive come “sbandati”: ne hanno fatte così tante da non saper più dove parare, al punto che Franco cercherà di trovare “un santo che ci assolve”, ma anche sbandati in senso letterale per aver fatto un incidente in auto.
Nel frattempo “il diavolo sbircia da dietro le quinte”, probabilmente una donna, descritta come un angelo che nasconde un “diavolo sotto mentite spoglie”. Il tema della delusione amorosa e dell’identificazione della donna “colpevole” con il diavolo è una descrizione tipica del rap, presente nell’intero filone emo e SoundCloud rap ma anche in To Pimp a Butterfly di Kendrick Lamar in cui K-dot identifica il demonio con un personaggio femminile: Lucy, diminutivo di Lucifero. Franco chiude il suo pezzo, immaginando di avvicinarsi a Dio, schiantandosi – come i suoi amici sbandati – aspettando “la chiamata del signore, a braccia aperte come il Cristo a Rio”.
Ed è proprio con “Triste”, e con questa morte, che si chiude il viaggio religioso di Oh Madonna. Non è un caso che la conclusiva “Nuvole” si apra con la frase “Verso vino in terra per il mio amico morto”. Ketama non è riuscito nel fine ultimo della narrazione, dell’esistenza che questo racconta: salvare i suoi, tra cui l’amico Gordo, a cui è dedicato il brano. La discesa agli inferi è terminata.
Il tema religioso continua però in Rehab, il progetto successivo di Ketama. Il nome del disco, sebbene richiami esplicitamente al significato di riabilitazione dal consumo di droga, assume un significato più ampio di riabilitazione in senso lato, in cui Ketama prosegue il suo percorso verso il sacro cercando di schivare le tentazioni e le debolezze già affrontate in Oh Madonna. Rehab non è certamente dedicato interamente al tema religioso. Tuttavia, ci sono due pezzi in particolare che si riallacciano al percorso del disco precedente.
In “Angeli caduti” Kety afferma che “Cristo non è morto invano” e che ha compiuto un viaggio “Dall’inferno al paradiso”, esprimendo un’altra volta la sua sintesi tra sacro e profano. Sembra quasi una dedica ai suoi, morti in senso metaforico nell’ultimo pezzo di Oh Madonna. Nel bridge, Ketama riprende il paragone tra la donna e il diavolo già visto in “Triste”. Come in “Mappamondo”, anche qua Ketama usa un sample da un film per iniziare il disco e indirizzare il discorso. Questa volta sceglie Mean Streets di Martin Scorsese e in particolare questo passo, carico di significati religiosi che ben si adattano al percorso di Ketama: “forse vanno bene per gli altri ma per me no, io voglio pagare a modo mio, quindi faccio la mia penitenza per i miei peccati”.
Una gran parte del significato religioso di questo progetto è affidato nuovamente al pezzo con Franco126, “Misentomale”. Ketama introduce l’argomento nel ritornello, citando il proprio disco precedente e pure Dio, nell’ennesimo gioco tra invocazione sacra e lamento profano. La strofa di Franco126 gioca ancora su questo rapporto: chiude tre barre di fila citando il numero sei, formando il numero del diavolo, per poi chiedere dell’acqua di Lourdes per riprendersi da una serata complicata.
Ricordate come finiva “Triste”? Con un funerale. Non è un caso, quindi, che anche Rehab si concluda con un funerale immaginato: ma non più quello degli amici, ormai persi, bensì quello di Ketama stesso. Incapace di purificarsi, Kety “prende tutto ciò che il diavolo ha da offrirgli”. Ormai reso schifoso dal successo, tra ricchezza e vizi, è quanto di più lontano esista da Cristo, da San Francesco. “Seppellitemi con tutti gli euro in tasca / E la droga in corpo, la nostra vita vale poco”: se è la fine del percorso di Ketama, è un finale splendidamente tragico.
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