L’industria tech sta discutendo da tempo su come democratizzare i settori produttivi. Democratizzare i contenuti, democratizzare il trasporto con i taxi e democratizzare i bed and breakfast. Ma che dire della democratizzazione della democrazia?
A Washington, la parola del momento è rottura, grazie all’entrata in scena di un presidente che dipinge la sua inesperienza al governo come una risorsa. Rimane da vedere che genere di rottura Trump abbia in mente per la Casa Bianca, per ora, gli sforzi rivolti alla rottura dal mondo della tecnologia hanno raggiunto solo alti livelli d’inefficienza. Mark Zuckerberg ha fatto una donazione per un distretto scolastico in fallimento; dei programmatori hanno inventato nuovi modi di proteggere il voto digitale e gli analisti hanno cercato (sbagliando) di perfezionare i sondaggi politici. Il team di ingegneri convocato da Barack Obama a Washington aveva il compito di sistemare siti e interfacce di sistemi. Tuttavia, ciò che questo team non è riuscito a individuare come problema essenziale è proprio il sistema con cui il loro boss è stato eletto. Poiché, al di sopra delle viscide bugie degli strati più alti del governo, c’è una struttura vasta che è stata messa in crisi: l’idea stessa di rappresentanza. Nell’era di internet, la premessa di mandare un uomo a Washington o una donna al consiglio cittadino esprime un disperato bisogno di miglioramento.
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L’idea di un rappresentante politico è nata e si è evoluta per necessità. I cittadini non potevano permettersi di avere un giorno libero e andare a cavallo per la città. Avevano bisogno di essere d’accordo con l’uomo che avrebbe espresso più o meno ciò che pensavano e votavano per scegliere la persona giusta che svolgesse questo tipo di lavoro.
I cavalli sono diventati il Modello T e successivamente i jet che trasportano i politici dalle loro circoscrizioni al Distretto della Columbia, apparentemente per avere ascolto nel territorio del loro paese d’origine e il controllo sul Senato. Ma il viaggio—e l’attenzione degli elettori—richiedono soldi che fanno aumentare il prezzo della corsa verso la poltrona.
Il neo-eletto Presidente repubblicano ha ottenuto voti definendo Washington “corrotta,” “criminale”, “truccata” e “stagnante”. Tuttavia, il primo aggettivo che mi verrebbe in mente al riguardo è “bizzarra”. Nell’era dell’iPhone, l’invio di un uomo o una donna a Washington per “rappresentare” un distretto può essere paragonata a quella di spedire un tirocinante alla sede centrale di Amazon per ritirare l’ultimo romanzo di De Lillo. Per quale motivo gli uffici parlamentari leggono le proposte di legge in copie cartacee, in privato, mentre i loro elettori lavorano usando Google Docs? Perché un senatore deve trovarsi fisicamente al Senato per ascoltare argomentazioni o per votare, quando i suoi elettori guardano C-Span per aggiornarsi sui processi politici e votano su BuzzFeed le acconciature più somiglianti a quelle delle eroine di Game of Thrones?
In definitiva, perché mandiamo ancora politici a Washington per leggere proposte di legge e schiacciare pulsanti? I politici chiacchieroni lo definiscono “compromesso”, mentre i loro elettori lo vedono come un terreno fertile per il proliferare di un oligarchia vecchio stampo che sorseggia sherry (Per quanto riguarda la “palude stagnante”, Trump ha promesso ai suoi elettori che la “prosciugherà”?). Oggi, gli elettori americani sembrano insoddisfatti verso la stessa premessa basilare che un politico sia innanzitutto un essere umano.
E se il Consiglio della vostra città fosse un edificio vuoto in cui ogni decisione è votata tramite uno smartphone?
Ascoltatemi per un minuto. In tutto il paese, gli uffici del Segretario di Stato conservano i dati dei loro elettori a seconda della regione da cui provengono. Questi dati permettono ai politici di modificare i distretti elettorali per favorire un partito o eleggere commissari per elaborare dei sondaggi elettorali. Inoltre, questi dati sono accessibili al pubblico. Nella biblioteca della città in cui abitate, potete usare LexisNexis per cercare a quale affiliazione politica appartengono i vostri vicini di casa e il loro contributo ai candidati. (Oltre a molti svaghi dei politici documentati da giornalisti ficcanaso, il prezzo della loro casa, gli ultimi appartamenti in cui hanno vissuto, i loro business registrati e un fascicolo sulle loro attività criminali o in bancarotta.) Ma tra le persone che usano attualmente questi dati pubblici per ottenere dei miglioramenti ci sono i sondaggisti e gli operatori politici. La loro missione non è rendere le spese del governo più efficace nelle spese o più efficiente per le comunità; al contrario, è capire come mettere un uomo ricco su un cavallo e mandarlo a Washington.
Perché non usiamo questi dati pubblici per definire un insieme di elettori locali in un singolo distretto–un distretto definito dall’area geografica e dalla quantità di popolazione, non dalle manipolazioni politiche? Perché non forniamo un’app alle persone che voteranno–potremmo chiamarla “LocalGovernment” o, magari, con un altro nome più attraente–e agli elettori un login e un’autenticazione two-step? I membri del distretto, anziché votare per un rappresentante che mira a un interesse economico, potrebbero votare per ogni singolo problema della loro circoscrizione usando un mezzo sicuro e, forse, un sistema di blockchain.
Tutto questo per dire che, invece di votare per un uomo che ci rappresenta da lontano, potremmo votare in modo diretto, questione per questione, con i nostri smartphone, eliminando i soldi con i quali contribuiamo ai giochi politici e incarnando così gli ideali più alti iscritti nei nostri documenti costitutivi che riguardano la “volontà del Popolo”.
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L’eliminazione degli sprechi e dell’influenza di celebrità e personalità che intendono manipolare i consumatori sono parte di ciò che la Silicon Valley ha definito come la sua missione politica e progressista. Prima chiamavamo i tassisti attraverso un numero di telefono pubblicizzato sulle pagine gialle, adesso invochiamo il conducente più economico e vicino a noi attraverso un’app. Estraevamo i CD—con sopra stampata la foto di Shania Twain—afferrandoli per i bordi, ora gli analytics influenzano le nostre playlist di Spotify. E questa lista di innovazioni potrebbe continuare ancora a lungo.
Personalità e celebrità giocano un ruolo senza dubbio minore nella politica svizzera rispetto a quella degli Stati Uniti. Ciò è dovuto in parte all’impiego di un sistema chiamato “democrazia diretta”—un suo precedente può essere rintracciato nell’Atene dell’antica Grecia. Gli elettori svizzeri possono fare delle proposte votate in modo diretto e guadagnare sostenitori. Gli elettori ricevono le schede elettorali e le informazioni sugli argomenti delle proposte attraverso l’ufficio postale e inviano i voti in una busta sigillata. Far passare misure di approvazione più ampie, ad alti livelli, richiede il sostegno di una porzione più elevata dell’elettorato––questo sistema garantisce una sorta di check intrinseco di quali sono le questioni più sentite a livello di numero di elettori.
Il prezzo della corsa verso la poltrona ha raggiunto livelli astronomici, in senso letterale; a New Hampshire, la corsa verso il senato ha un valore pari all’invio nell’orbita terrestre di un razzo SpaceX
I padri fondatori americani presero in considerazione questo metodo di governo ma lo rifiutarono. James Madison ci aveva messo in guardia: una democrazia diretta sarebbe sfociata in ciò che definì “tirannia della maggioranza”; evidenziando che il voto secondo la regola della maggioranza assoluta avrebbe permesso che la maggioranza dell’elettorato opprimesse la minoranza. Il mondo tastò con mano questo monito quando la California votò per il referendum Proposition 8 nel 2008. E lo riscontrò nuovamente quando , nel 2009, la democrazia diretta in Svizzera mise fuori legge i minareti sotto l’impulso della dilagante islamofobia.
Ma entrambi i problemi sono stati risolti attraverso il potere onnipotente delle corti: una comunità musulmana in Svizzera sta progettando di lottare per un minareto affidandosi a una corte federale, lo stesso luogo in cui, negli USA, la battaglia per il diritto ai matrimoni omosessuali si è finalmente conclusa. E qualsiasi sostenitore di Hillary Clinton, che adesso elogia la giustizia intrinseca nell’elezione di un presidente basata sul voto popolare piuttosto che sul collegio elettorale, sarebbe ipocrita a sostenere un sistema che faccia leva sul presupposto della paura della “tirannia della maggioranza.”
Nel frattempo, il sistema “repubblicano” scelto dai padri fondatori si è dimostrato inadeguato. Nel 2016, i partiti hanno guadagnato potere negli USA rimappando i distretti, non per aiutare le circoscrizioni, ma per ottenere più seggi. La strategia dell’eliminazione dei voti è così diffusa da risultare banale. E Il prezzo della corsa verso la poltrona ha raggiunto livelli astronomici, in senso letterale; nel New Hampshire, la corsa verso il senato ha un valore pari all’invio nell’orbita terrestre di un razzo SpaceX (62 – 90 milioni di dollari).
Negli USA, tuttavia, l’aspetto più inquietante è l’aumento di una retorica anti-intellettuale. Una protesta in atto, che dimostra il fallimento della democrazia diretta in California—il suo sbarramento al referendum—è alimentata dal dato allarmante da cui si evince che gli elettori hanno probabilmente basato la loro decisione sugli spot televisivi. I contestatori del referendum osservano giustamente che un sistema dipendente dalla propaganda pubblicitaria difficilmente riduce le spese della politica o garantisce la diffusione di un elettorato informato. Ma queste proteste si basano sulla premessa che un rappresentante prende decisioni informandosi con degli esperti, lavorandoci sopra e riflettendoci con competenza. A tal proposito, mi verrrebbe da evidenziare che il Presidente eletto ha conferito l’incarico di segretario del Department of housing and urban development a un uomo che crede che nell’antico Egitto si usassero le piramidi come deposito per il grano.
Thomas Jefferson scrisse che se avesse mai dovuto decidere tra un “governo senza giornali, o giornali senza governo, non esiterei nemmeno per un istante a scegliere l’ultima opzione.” Ma, in questo momento, il nostro paese sembra non avere molta fiducia in nessuno dei due. Ed entrambi i principali partiti sarebbero d’accordo nel dire che il Quarto Stato ha perso il suo controllo sul potere. I Democratici accusano i consumatori di ascoltare solo la pubblicità; i lettori di non essere in grado di verificare i fatti; un modello di business che ha costretto la stampa ad abbandonare le indagini e i politici che hanno il potere di bloccare l’accesso alle informazioni. I Repubblicani, da parte loro, invece, vedono la stampa come un media incline a proteggere lo status quo, vicino al mondo della finanza, incline a prevedere i risultati elettorali dalle proprie torri di avorio piuttosto che mischiarsi con la brava gente del Kansas.
Chi ha studiato la questione ha proposto una serie di soluzioni: un’estensione di Chrome per rilevare le notizie false; rivedere le norme sui pregiudizi e sugli equivoci nei giornali tradizionali; oltra al trasferimento di massa nelle cittadine del Midwest degli opinionisti da strapazzo. Se pronunciate da qualsiasi stronzo, tutte queste idee provocatorie e progressiste sembrerebbero sensate. Tuttavia, il vero problema persiste negli ingranaggi del sistema.
Questo accade perché ciò che i media amano consumare e non possono distruggere è proprio il potere della personalità. I critici hanno scritto a lungo sul potere di un volto che rapisce i telespettatori. Le TV via cavo non sono piene di opinionisti che parlano di continuo per tediare telespettatori; piuttosto, i produttori assoldano opinionisti perché alla gente piace ascoltare dei tizi che parlano dallo schermo. E se i giornalisti televisivi sembrano allergici a un’informazione basata su studi, verifiche sulle fonte e l’esibizione di dati è solo perché una storia ha bisogno di una faccia per catturare l’attenzione del pubblico. Le cronache della TV e i giornali sono stati accusati di aver sbagliato a non riportare che il re era nudo. Ma uscire con questo titolo sulla TV o sui quotidiani tende a rendere qualsiasi uomo nudo un re.
Probabilmente, gli esperti di tecnologia continueranno a sviluppare nuovi metodi per fermare la diffusione di “notizie false” e fare concorrenza ai media con il clickbait, ma se vogliono davvero migliorare il funzionamento della democrazia, dovrebbero applicare le loro competenze per ottenereun cambiamento più consistente. Estirpando il culto della personalità ancorato alla nostra politica—e passando da una repubblica a una democrazia diretta—potremmo raggirare sia la fame dei media di facce nuove, affrontandola definitivamente, sia la sete di personalità del pubblico che viene ricercata nei rappresentanti politici.
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La democrazia diretta online non è un’idea nuova. In Australia, un’app di democrazia diretta chiamata Flux è anche un partito politico che l’estate scorsa ha proposto 13 candidati per l’elezione al Senato australiano in un’elezione federale. Creata da appassionati di Bitcoin che usano piattaforme di blockchain, l’app intende permettere agli australiani—che devono dimostrare di essere elettori registrati—di comunicare ai senatori delegati come votare sulle leggi. Flux, inoltre, consente di votare attraverso un sistema di scambi che riguardano argomenti che si hanno davvero a cuore, per lasciare ad altri il compito di votare su temi verso cui nutrono un reale interesse.
Nel frattempo, in Argentina, un team di ingegneri ha progettato un insieme di strumenti per interagire in modo diretto con l’elettorato. La scienziata politica Pia Mancini ha detto di aver creato DemocracyOS per colmare la distanza tra chi è stato eletto in modo ufficiale e i suoi elettori. La Mancini era insoddisfatta del culto della personalità, di tutti i soldi spesi in politica e del fatto che i rappresentanti eletti fossero inclini a dialogare con i loro elettori solo in prossimità delle elezioni. La sua piattaforma consente ai governanti di avvicinarsi e interagire con gli elettori––e viceversa––ed è stata usata da attivisti in Tunisia e dal governo messicano per ottenere consenso in merito alle sue proposte politiche. Democracy Earth è il suo nuovo progetto fondato insieme al collega Santiago Siri, uno dei creatori della compagina no-profit Y Combinator, che progetta software per decentralizzare la gestione di qualsiasi organizzazione.
Un modello simile è già in uso da più di 1.000 governi e organizzazioni nel mondo: la gestione comune dei budget è un processo che consente alle persone di presentare idee su come utilizzare denaro che sarebbe stato speso in ogni caso dal governo, votare le proposte migliori, in modo da garantire alle persone il controllo diretto di una parte dei budget. Di recente, il Portogallo è diventato il primo paese a mettere in atto a livello nazionale un processo di gestione partecipata del budget, partendo dalla modica cifra di tre milioni di euro per i primi tre anni.
Gli hacktivist, invece, stanno cercando di attuare la cosiddetta “democrazia liquida;” una piattaforma che permetterebbe agli elettori statunitensi di creare una sorta di terzo partito principale. I suoi rappresentanti richiederebbero di eseguire i decreti deliberati dagli elettori raggiungendo un consenso attraverso delle discussioni online. Ma i partiti politici s’induriscono e sbarrano l’accesso agli elettori le cui idee non hanno ancora ottenuto grande riscontro pubblico; la minoranza le cui proposte restano escluse dai processi decisioniali.
Dal canto mio, propongo un’idea che costringerebbe i governanti a rispondere al loro corpo elettorale voto-per-voto, ma che non potrebbe mai verificarsi seguendo una programma di partito. Il sistema dovrebbe crescere fino a includere il presidente degli Stati Uniti e iniziare al livello più basso della rappresentanza politica: il governo locale.
Cominciamo dalle basi, con il più complesso dei grattacapi: come potrebbe un’app per smartphone creare un nuovo progetto di legge rilevante per le persone di un certo distretto?
Al momento, ogni ufficio politico nella nazione comprende degli impiegati pagati dai contribuenti solitamente impiegati nella scrittura dei progetti di legge. Oggi sono assunti e licenziati secondo la volontà di un ufficiale eletto che indirizza il loro lavoro verso ciò che reputa siano le priorità del momento. Questo staff non è assunto in maniera trasparente—un fatto che preoccupa gli ispettori governativi che monitorano i loro salari in aumento, le connessioni con gli interessi dei latifondisti e la rete delle loro donazioni politiche.
Il modello virale che gli elettori usano per criticare un sistema esistente e sostenerne la distruzione (vedi r/The_Donald) può essere usato anche per trovare soluzioni ai problemi.
Con l’app “LocalGovernment”, il processo di assunzione diventerebbe più trasparente. Ad esempio, le aziende che partecipano alle gare per gli appalti potrebbero partecipare alla gara per svolgere le interviste dei candidati. Gli abitanti del distretto potrebbero votare sui propri smartphone per scegliere sia le prime che i secondi. Lo staff potrebbe operare sotto le stesse linee guida in atto per prevenire che le commissioni del servizio civile diventino troppo politicizzate: potrebbero essere assegnati turni a rotazione con una durata determinata dal voto degli utenti. In questo modo, la personalità e le donazioni politiche verebbero eliminate dal processo, mentre i candidati sarebbero assunti in base al loro merito in maniera più accurata .
I membri degli staff verrebbero preposti alla redazione delle bozze di progetti di leggi. E quanto gli sarebbe richiesto non sarebbe scelto dal politico di turno, ma piuttosto dalla diretta volontà del popolo. Ecco come: un residente potrebbe attrarre l’attenzione di un quartiere su un problema della sua comunità attraverso una petizione sull’app, sulla scia del modello di Change.org. Chi cliccherebbe “Agree” potrebbero votare a petizione facendola salire in classifica secondo una logica simile a quella di Reddit. E una volta raggiunto un certo numero di “Agree,” la petizione potrebbe comparire come notifica testuale visualizzata da altri elettori situati nelle vicinanze del luogo in cui è stata orginata. Ottenendo più di mille “Agree,” potrebbe raggiungere un settore più vasto e così via.
Una volta che la petizione raggiungebbe un certo numero di firmatari, il problema potrebbe diventare di competenza di amministratori che contatterebbero l’autore della petizione per disegnare un progetto di legge—come nel sistema svizzero. E alla fine, il progetto sarebbe già stato “votato” dalla maggioranza dell’elettorato. In breve, il modello virale che gli elettori usano per criticare un sistema esistente e promuovere la distruzione (vedi r/The_Donald) può essere usato anche per trovare soluzioni ai problemi.
Pensiamola dalla prospettiva di un amministratore governativo che serve il vostro quartiere o distretto. Piuttosto che prendere ordini da un capo umano pieno di difetti fastidiosi, obbligato ad assecondare gli interessi di grandi donatori, l’amministratore seguirebbe le indicazioni di uno schermo influenzato dagli elettori. Quale dei due capi preferireste?
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Correggere un problema esistente per mezzo di nuove tecnologie spesso alimenta nuove e terrificanti domande. Spostare il potere, invece, solleva semplicemente le stesse questioni sul controllo e la proprietà in altri ambiti. Per esempio, tolto anche il rischio che i politici siano suscettibili ai lobbisti, gli elettori potrebbero comunque essere influenzati da particolari gruppi d’interesse con la capacità di bombardare con i loro messaggi l’elettorato. Ma distribuendo il potere per il cambiamento nell’elettorato, un modello di democrazia diretta renderebbe effettivamente gli sforzi del lobbying molto più costosi e inefficienti.
Inoltre, lo spostamento di potere solleva questioni su quanto possa essere informato il nostro progresso. Vogliamo che i nostri rappresentanti conoscano la legge e parlino con esperti, usando del tempo retribuito per questo scopo, cosa di cui non dispongono i cittadini. Certo, gli elettori potrebbero essere molto più informati rispetto a un politico che basa il suo successo solo sulla sua personalità e che promuove una campagna anti-intellettuale. Ma potrebbero essere informati tanto quanto, per esempio, Amy Klobuchar o John Lewis?
L’architettura della nostra app potrebbe provare a rimediare anche a questo problema. Diversamente dalle scatola per raccogliere le schede elettorali, la nostra app potrebbe richiedere all’elettorato di impegnarsi su una certa questione. Per esempio, prima di esprimere un voto, gli elettori potrebbero dover spendere un certo tempo sullo schermo esaminando potenziali leggi–così come un’azienda richiede agli impiegati di visionare quei video stupidi delle risorse umane. Oppure, come comunità, potremmo anche decidere di assumere un gruppo di monitoraggio esterno come la Better Government Association per esaminare il progetto e illustrare ai nostri elettori i suoi potenziali effetti. (Onestamente, chiedersi perché questo non sia già stato fatto su base regolare è una domanda che sconcerta ogni cronista politico locale).
E chi progetta app per governare in modo diretto dovrebbe prendere in considerazione come consentirgli di contrastare la politica della personalità e combattere la disinformazione. La sicurezza dell’app dovrebbe prevenire i troll pagati da Putin che, a quanto si dice, avrebbero influenzato il dibattito politico americano, restringendo le conversazioni riguardanti un distretto solo ai suoi residenti. La piattaforma dovrebbe essere realizzata in modo tale da basarsi in maniera minima sull’immaginario, penalizzare il clickbait oltre a consentire la segnalazione e la rimozione rapida di contenuti offensivi. E sull’esempio di Wikipedia, dovrebbe promuovere l’adozione di fonti affidabili. L’operazione potrebbe essere tutt’altro che semplice, ma la Silicon Valley assicura che sta cercando seriamente delle soluzioni.
Oltre a questo, ci sarebbe la questione di chi potrebbe permettersi di sviluppare e distribuire questo sistema, controllarlo, proteggerlo e consentire modifiche successive al servizio della gente. Io cercherei una soluzione simile a quella che hanno indicato i nostri padri fondatori: la volontà del popolo. Se l’app può permettere al popolo di autogovernarsi, perché il popolo stesso non può gestire l’app, mettendo su una fondazione, decidendo collettivamente le assunzioni e, in definitiva, fondando una cooperativa?
Queste sono questioni su cui non sono sufficientemente preparata per risponderne. Ma ho due idee su come possiamo iniziare a rifletterci seriamente. Primo: un politico potrebbe sottoporre un referendum su questi temi: “Approvare una nuova tassa di proprietà per la fondazione pubblica di un ufficio amministrativo e la distribuzione di 1,6 milioni di smartphone agli abitanti di Smallville perché gli abitanti possano sottoporre in maniera diretta progetti legislativi e possano votarli direttamente, istanza per istanza.” (Perché certamente il primo problema sarebbe capire come fornire un telefono e una connessione gratuita a tutti.) Oppure un candidato potrebbe avere nel programma una piattaforma di democrazia diretta. “Se vincessi”, potrebbe promettere nel suo programma, “istituirei un sistema perché possiate autogovernarvi.”
Potrebbero invocare la frase che i padri fondatori usarono nella Dichiarazione di Indipendenza? “Consideriamo queste verità come autoevidenti… Che allorquando qualsiasi Forma di Governo diventi distruttiva a questi fini, sia Diritto del Popolo alterarla o abolirla, e istituire un nuovo Governo, che si fondi su tali principi e organizzato in tale forma che sembri per il Popolo giovare più probabilmente alla sua Sicurezza e Felicità.”
Ecco cosa so per certo: il nostro sistema è guasto. Gli elettori desiderano fortemente maggiore trasparenza, la fine delle operazioni politiche basate sull’apparenza, la fine dell’influenza della televisione, di Facebook, un modo per mandar via i lobbisti da Washington e sottrarre il denaro dalle tasche dei politici. Come cittadinanza, abbiamo in mano relativamente poco potere per distruggere il lobbying; riformare il pay-to-play; trasformare l’industria dei media o ristrutturare Facebook o ostacolare i soprusi dei ricchi e dei potenti. Ma le nostre nuove tecnologie implicano anche che potremmo avere il potere di rimuovere completamente dal governo una sua componente centrale: i politici.