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L’arrivo di Mia Khalifa su Twitch ha generato uno scandalo inutile

Venerdì scorso, la notizia relativa al lancio di un canale a tema videogiochi sulla piattaforma di streaming Twitch da parte della ex attrice porno Mia Khalifa ha generato un vago scandalo nella critica di settore, tra eleganti battute sulla forma fallica dei joy-stick e ipotesi di secondi fini commerciali — come se il mondo dei videogiochi fosse una specie di santuario salvo dalle dinamiche del capitalismo e non una delle sue più convinte incarnazioni.

Khalifa ha inaugurato il proprio canale con una partita al gioco di hockey su ghiaccio NHL 17, totalizzando oltre 620.000 spettatori live e circa 108.000 iscritti (finora). Numeri del genere, per quanto consistenti, non sono niente di strano per un personaggio già famoso che approda allo streaming.

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Ma il passato di Khalifa nel mondo del porno implica che la reazione di critica e pubblico si muova — per la maggior parte dei casi — su due binari specifici: il primo giocato sull’idea che le donne che dispongono del proprio corpo a fini commerciali rappresentino una minaccia per l’industria dei videogiochi, il secondo su un riferimento pedante alla sua sessualità da schermo come definizione stessa della sua persona.

La prima polemica ha origini molto più antiche dell’arrivo di Khalifa su Twich e ha riguardato tanto altre ex attrici porno passate alla piattaforma di streaming, quanto streamer diventate famose direttamente su Twitch, accusate di trarre vantaggio economico dall’esposizione del proprio corpo durante le partite.

Ogni volta invece che una persona nota per lavorare o aver lavorato nell’industria del porno fa qualcosa di non prettamente pornografico nella propria vita, la notizia viene riportata con un insieme di eufemismi, metafore e battute che fanno leva su un pregiudizio sociale specifico: il mondo del porno non può essere una parte distinta della carriera di qualcuno, ma è totalizzante. E attenzione, perché con “distinta” non intendo necessariamente limitata temporalmente: dire che Khalifa deve poter giocare “percheé non è più” un’attrice porno — come altri (immagino benintenzionati) commentatori alla vicenda stanno sostenento — è a sua volta indice di pregiudizio.

Fare film porno non dovrebbe essere un elemento di discriminazione a prescindere, eppure, agli occhi della nostra società, questa persona combacerà troppo a lungo con il personaggio creato sul set del propri film hard.

La questione della mercificazione del sesso e del corpo femminile nella cultura occidentale è ovviamente un argomento complesso e tutt’altro che privo di problematicità, ma è particolarmente ironico vedere come — in un settore notoriamente sessista come quello dei videogiochi — a generare scandalo siano le donne che scelgono deliberatamente di trarre un vantaggio economico da un sistema il cui difetto sta a monte.

Forse Mia Khalifa si rivelerà un genio dello streaming, forse no, forse lo fa per soldi, forse no, forse chi la guarda è interessato solo perché l’ha vista in un film porno, forse no, ma, alla fine dei conti, considerato quanta offerta c’è su Twitch, potete sempre scegliere di guardare altro e lasciare che Khalifa giochi in pace.