Se sognate di vedere missioni continue in direzione della Luna, non siete gli unici. Alcune compagnie stanno pensando di realizzarle con approcci convenzionali, come la progettazione di missili speciali che riducano i costi del lancio, mentre altre, innamorate dello spazio, pensano ad approcci un po’ meno tradizionali. Tra queste c’è LiftPort, una compagnia che spera di riuscire a costruire un ascensore spaziale progettato per semplificare enormemente le missioni sul nostro amato satellite.
Il presidente di LiftPort, Micheal Laine, intorno ai primi anni 2000 lavorava alla NASA quando ha iniziato a riflettere sull’idea di un macchinario che potesse trasportare persone e carichi nello spazio rimanendo ancorato alla Terra.
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Il concetto è decisamente avanguaridistico, almeno in teoria. Immaginate di avere una palla attaccata a una corda che fate roteare sopra la vostra testa. Se la fate roteare abbastanza velocemente, la corda rimarrà tesa: ora immaginate che questa corda misuri 500 km di lunghezza e sia ancorata alla superficie della Terra. L’altro capo sarebbe ancorato ad un veicolo spaziale in orbita. La tensione della corda tra i due punti sarebbe sufficiente per costruire un sistema che riesce a percorrere la corda tesa: ed ecco a voi l’ascensore spaziale.
Non abbiamo ancora le capacità per costruire un ascensore spaziale. Quello che abbiamo, mi ha detto Laine, è la possibilità di costruire una versione dell’ascensore spaziale che connette la Terra alla Luna. Servono solamente 238.000 km di corda. Circa due anni e mezzo fa, Laine si è imposto di tramutare quest’idea in realtà a tutti i costi.
SI ESTENDERà IN DIREZIONE DEL PIANETA,MA SENZA TOCCARLO
Il concetto dell’ascensore per la Luna è ancora simile all’esempio della palla attaccata alla corda, ma un po’ più complicato considerata la lentezza con cui la Luna orbita intorno alla Terra. La soluzione è contenuta nei punti di Lagrange, dei punti di equilibrio gravitazionale tra due corpi. Quando l’attrazione gravitazionale dei due corpi è equivalente e le forze si bilanciano. Il punto di Lagrange L1 si trova a circa 55.000 km di distanza dalla Luna, ed è quello che Laine spera di riuscire a sfruttare.
Dopo aver ancorato un capo della “corda” sulla superficie lunare, si estenderà fino a L1, e da L1 alla Terra. Si estenderà in direzione del pianeta, ma non lo toccherà: alla fine della corda sarà installato un contrappeso, che sarà installato sulla Terra nel punto adatto perché la Terra lo attragga grazie alla forza di gravità, sarà invece ancorato alla Luna attraverso il punto di Lagrange. La forza sulle due metà della “corda” faranno in modo che questa rimanga tesa: e questa corda tesa servirà come fondamento per la costruzione dell’ascensore verso la Luna.
Inoltre, l’ascensore per la Luna potrebbe essere costruito con tecnologie che sono già disponibili. Un prototipo potrebbe essere costruito e testato nel giro di un decennio per soli 800 milioni di dollari, secondo lui. Sarebbe una versione in miniatura che esercita poca forza sull’ancora situata sulla Luna, ma porrebbe le basi per sistemi di dimensioni più grandi che potrebbero trasportare carichi più pesanti ed eventualmente anche persone.
C’è molto lavoro da fare prima che LiftPort possa davvero realizzare il suo ascensore lunare. La compagnia pianifica di realizzare una dimostrazione in cui una struttura robotica riesca a scalare la più alta costruzione indipendente costruita dall’uomo.
L’ASCENSORE LUNARE POTREBBE ESSERE COSTRUITO CON TECNOLOGIE CHE Già SONO DISPONIBILI
Usando tre grandi palloni ad elio tenuti assieme da un tripode, il team di Laine srotolerà in aria un enorme rotolo di fibra Vectran. Il Vectran, lo stesso materiale usato dalla NASA per costruire gli airbag che hanno attutito l’atterraggio su Marte delle sonde Spirit e Opportunity, è un materiale che si irrobustisce con il freddo, il che lo rende ideale per i test ad alta quota. Il filo sarà molto sottile ma in grado di supportare circa 600 kg di peso, e resisterà ai venti.
Questo test ad alta quota sarà il quindicesimo esperimento portato avanti da LifPort e il ventesimo in cui un robot tenta di scalare una struttura del genere. Sarà anche il primo test in cui viene usata una corda simile a quella che servirebbe per un ascensore verso la luna, piuttosto che un nastro simile a quello degli ascensori terrestri. I nastri hanno una superficie ampia per essere scalata da un robot, quindi la preparazione di un test con un filo è stata un’operazione che ha richiesto che si trovasse un motore abbastanza grande, delle ruote robotiche abbastanza forti e una batteria abbastanza potente per risalire il filo. Per non parlare dell’imponenza delle operazioni logistiche di sgombero dello spazio aereo per eseguire il test.
Laine non ha pianificato una data precisa per il test, “lo faremo quando saremo pronti,” ha affermato, sottolineando di non voler agire in modo avventato. Un fallimento sotto gli occhi di tutti sarebbe molto negativo per il progetto, e questo esperimento sarà davvero sotto gli occhi di tutti perché Ben Harrison si sta occupando di filmare tutto il processo di lavorazione per realizzarne un documentario.
Harrison ha scoperto LiftPort per caso; si è imbattuto nella campagna di Kickstarter della compagnia nel 2012, e, da grande appassionato di spazio, ha fatto una donazione per il progetto. In quel periodo stava lavorando anche per Engadget e ha realizzato uno spot di 10 minuti sui progetti di Laine per il sito. Ma voleva occuparsi a fondo della storia, così è entrato in contatto con Laine per realizzare un documentario sull’ascensore spaziale.
Quello di Harrison è un progetto indipendente con una prospettiva indipendente, ed è stato molto fortunato a riuscire ad avere pieno accesso ai progetti di Laine. Questo significa che è riuscito anche a catturare l’umanità che sta dietro a LiftPort, e se spesso le compagnie tendono a nascondere le proprie debolezze, questo non succede nel caso di Laine. Harrison ha osservato e ripreso molti fallimenti tecnici molto interessanti.
Ma questo non preoccupa Laine. Visti gli importanti finanziamenti ricavati dal crowdfounding, crede che la trasparenza e l’onestà siano fondamentali in questo progetto. E inoltre le grandi tecnologie raramente, o forse mai, riescono a passare dalla teoria alla pratica senza problemi, e questo documentario non parlerà della storia di Laine, ma di quella del progetto.
Harrison e il suo team chiederanno il supporto pubblico attraverso Kickstarter per riuscire a finire il documentario, intitolato Shoot the Moon, e per condividerlo con il mondo.