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Non solo bar, cinema e locali: i lavori più colpiti dalle misure per il coronavirus

lavoratori colpiti coronavirus

Milano in questi giorni è strana. I giornali ci tengono a raccontare, a suon di titoli e gallerie, una città trasformata in deserto urbano, anche se le persone in giro ci sono (non tante come al solito, ok) e le mascherine ai volti si vedono raramente. C’è comunque un senso di irrealtà, è innegabile. Una città sempre molto veloce e dinamica in qualche modo ha rallentato di colpo, principalmente per gli effetti dell’ordinanza regionale che ha disposto la chiusura di scuole, università, cinema, teatri e quella (ora rientrata) dei bar.

E il momento si sta rivelando per nulla facile. I locali del capoluogo lombardo hanno scritto una lettera al sindaco Beppe Sala, chiedendogli rappresentanza “in questa emergenza che in pochi giorni ha catapultato l’intero settore […] in un baratro, facendo tremare un sistema economico complesso e delicato.”

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La Federazione pubblici esercenti ha sottolineato che la chiusura dei locali costa 3 milioni al giorno. Lo scorso fine settimana i cinema nelle aree colpite dall’ordinanza hanno perso 4,4 milioni di euro, mentre solo a Milano la cancellazione di prenotazioni nelle strutture ricettive ha toccato l’80 percento. Molti ristoranti, anche se non colpiti dall’ordinanza, restano poi chiusi per mancanza di clientela.

I danni comunque non sono solo locali ma nazionali, se si pensa che la Lombardia pesa per il 22,1 per cento sul Pil nazionale. Confcommercio ha stimato in 5-7 miliardi di euro le perdite complessive nel caso il disagio vada avanti fino a maggio, mentre Prometeia ha stimato una riduzione del Pil dello 0,3 per cento nel 2020. Sulla Borsa di Milano il calo delle quotazioni ha intanto raggiunto il 7 percento da venerdì scorso, mandando in fumo miliardi di euro.

Gli strascichi economici del coronavirus dureranno a lungo, e gran parte della popolazione ne sentirà gli effetti solo nei mesi a venire. Intanto sta facendo emergere le disfunzionalità del mercato del lavoro italiano, mettendo in grande difficoltà lavoratrici e lavoratori di vari settori che già prima dell’emergenza sanitaria non avevano alcuna tutela. Ecco quello che mi hanno raccontato.

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ANTONIO, 35 ANNI, LIBRAIO

Verso Libri è una libreria indipendente e il nostro business centrale sono gli eventi. Tutti i giorni abbiamo uno-due appuntamenti letterari, ma da domenica scorsa abbiamo dovuto cancellare tutti quelli previsti in settimana, in applicazione dell’ordinanza, e per noi è stato un disastro.

Noi a livello di clientela puntiamo molto anche sul passaggio nella via, che di base è molto frequentata. Questa settimana l’affluenza è stata invece molto limitata, dalle 16 in poi qualcuno è entrato, ha comprato dei libri, ma nulla in confronto al solito. Abbiamo anche un bar annesso, che serve più che altro di supporto agli eventi che organizziamo. Lunedì e martedì abbiamo dovuto tenere chiuso dopo le 18, da mercoledì con la modifica all’ordinanza siamo stati aperti, nella speranza che qualcuno potesse venire oltre che per i libri, anche per uno spritz.

Da noi ogni giorno c’è tanta gente che partecipa agli appuntamenti che organizziamo, e questo è il frutto della vitalità che caratterizza la città di giorno e soprattutto di sera. Se è stata promulgata questa ordinanza vuol dire che un allarme c’era e non voglio entrare nel merito, ora però ci troviamo in una situazione molto difficile. Speriamo ci possano dare una mano a livello istituzionale.

GIUSEPPE, 42 ANNI, RIDER

Ho ricevuto un 60 percento in meno di ordini in questi giorni. Nelle scorse due settimane effettuavo almeno sei-otto ordini giornalieri, ora è già tanto se arrivo a due. Praticamente non si lavora. Questo calo è dovuto alla disinformazione che si è diffusa, la gente è entrata in panico e ha paura di ordinare da sconosciuti. Ma oltre a questo, c’è il problema che molti locali hanno subito restrizioni in seguito all’ordinanza e sono chiusi, quindi noi non possiamo effettuare consegne per molti di loro.

Per noi rider non consegnare significa non prendere soldi: nel nostro caso non esiste smart working. Ho una famiglia e due figli a casa, ho bisogno di quei soldi. Faccio il rider da ormai due anni e so bene che trovare un altro tipo di lavoro, in questo momento, non è possibile. Spero che in qualche giorno questo allarmismo passi e si ritorni alla normalità.

Peraltro, dicono che bisogna prendere precauzioni contro il virus ma a noi fattorini, che siamo sempre a contatto con le persone, non hanno dato nulla. Qualcuno ha l’amuchina dietro, o le mascherine, ma se le è comprate da solo. Abbiamo deciso collettivamente di prendere una precauzione, di non salire in casa delle persone a consegnare il cibo, ma aspettare sotto. Dobbiamo tutelarci anche noi.

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CHIARA, 32 ANNI, GUIDA TURISTICA

Con la firma dell’ordinanza sui musei, da un momento all’altro le scuole hanno dovuto annullare le visite guidate: in questi giorni avevo in programma due giornate intere di accompagnamento, ma mi sono saltate. Ho quantificato che, solo questa settimana, ci ho rimesso 600 euro. Intanto si è creato un effetto catena e mi stanno arrivando cancellazioni per periodi che vanno ben al di là della fine dell’ordinanza, fino a maggio addirittura.

Io capisco l’operazione di contenimento in corso; il problema però è che noi come categoria professionale delle guide turistiche non siamo tutelati. Molte scuole pagano solo ad avvenuta uscita didattica e in caso di annullamento non sono previsti rimborsi, a parte rari casi. Il disagio di questi giorni ha messo in risalto i gravi problemi che affliggono la nostra professione, che peraltro si estendono anche ad altri aspetti come la maternità, la malattia, le ferie.

Finché le cose non cambieranno io sarò bloccata a casa, con la mia bambina di 10 mesi. I musei sono chiusi, ma anche le visite all’esterno sono vietate perché l’ordinanza non consente di aggregare persone. Per fortuna mio marito ha un contratto a tempo indeterminato in un’azienda, sta facendo smart working e dunque le mie perdite non pesano troppo sulla famiglia. Se però mi metto nei panni di alcune mie colleghe single, o divorziate, è chiaro che l’impatto di questa situazione è molto più forte.

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CATERINA, 32 ANNI, CONTENT CREATOR

Con la mia pagina Conoscounposto svolgo un’attività strettamente legata a Milano, ai suoi eventi e alle cose da fare in città. È chiaro che la situazione attuale sta incidendo notevolmente sul mio lavoro quotidiano. Io seguo diversi eventi, altri li organizziamo direttamente noi, ma con l’ordinanza molti sono stati cancellati o rinviati. Una grande azienda aveva per esempio investito su Conoscounposto per un ciclo di appuntamenti nel mese di marzo, ora saltati. Avevo poi un contratto per l’evento di lancio di un libro di una grande casa editrice, saltato anche quello.

Tutti gli eventi e i lavori programmati per il mese di marzo sulle cose da fare in città, che sono almeno il 70-80 percento del mio lavoro mensile, sono stati cancellati. Quindi lo stesso vale per il 70-80 percento del giro di affari che ne derivava. Essendo una partita iva, non ho tutele sotto questo punto di vista.

È stata una settimana particolare, ma confido che questa situazione possa terminare presto. Ho stretti contatti con bar e ristoratori e per loro è ancora peggio, i dati del fatturato sono agghiaccianti. Penso però che quando questa situazione emergenziale finirà e Milano, che è già una città molto veloce, avrà un ulteriore sprint.

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SILVIA, 23 ANNI, FOTOGRAFA

Lavoro in vari locali di Milano, in particolare il circolo Ohibò e il Magnolia. L’ordinanza li ha chiusi per questa settimana e mi sono ritrovata d’improvviso senza lavoro. Domenica scorsa avevo una serata da coprire, e il prossimo weekend altri tre impegni, ma è saltato tutto. Sono una freelance e i soldi che ho perso questa settimana, con cui mi sarei potuta pagare l’affitto, non me li ridarà nessuno. Per una fotografa di eventi lo smart working non esiste, ovviamente, senza locali aperti non c’è lavoro e non tutti possono permettersi economicamente di stare fermi una settimana.

La modifica dell’ordinanza, con l’apertura dei locali anche dopo le 18 ma solo con servizio al tavolo, per me non cambia nulla. Di sicuro i locali non si mettono a fare eventi al tavolo, con tanto di chiamata del fotografo. Spero che le cose possano cambiare presto, ma so che comunque gli strascichi si avranno a lungo. Anche quando i locali riapriranno, per un po’ l’affluenza sarà sicuramente più bassa visto il clima che si è creato.

Nel frattempo sto a casa, come fossi in panchina in attesa di una chiamata. Vedere Milano in questo modo mi fa male, penso a me ma pure a tutta la macchina dell’intrattenimento e dell’offerta culturale messa in ginocchio. Mi auguro duri ancora per poco.

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