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Le criptovalute non hanno mai arricchito nessuno, tranne i ricchi

L’anno scorso, il valore delle criptovalute è salito alle stelle durante un periodo ricco di investimenti speculativi, e questa premessa sembra contraddire gli ideali che inizialmente promuovevano le criptovalute come alternativa democratica alla finanza tradizionale. Ma, forse, tutta questa faccenda delle criptovalute non è mai stata niente di diverso dalla vecchia storia dei ricchi che diventano sempre più ricchi.

Nel 2013, per esempio, WIRED aveva suggerito che Bitcoin sarebbe potuto diventare il grande strumento di compensazione economica che avrebbe aiutato i senzatetto. Solo pochi mesi dopo, lo stesso autore affermava che ”i senzatetto preferirebbero restare affamati piuttosto che spendere Bitcoin.” L’articolo racconta di come i senzatetto riuscissero a ”racimolare” dei Bitcoin attraverso dei servizi che cedono delle criptovalute in cambio di azioni meccaniche come guardare delle pubblicità online. Lo squallore della situazione raccontata può essere riassunto citando questa parte dell’articolo: ”continuano a usare Bitcoin Tapper, un’app per mobile che ti ripaga con una piccola frazione di bitcoin se passi ore e ore a cliccare più volte un’icona digitale.”

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A quanto pare, il grande sogno di eguaglianza promosso da Bitcoin prevedeva che i senzatetto si riducessero a schiacciare ripetutamente un bottone nella speranza di ottenere uno straccio di ricompensa.

La pratica di coinvolgere in modo controverso i senzatetto per fare aumentare il livello di altruismo percepito attorno al mondo di Bitcoin non si limita soltanto a questo articolo. Nel maggio 2017, la vicenda di un uomo senza fissa dimora che ha elemosinato 0,35842588 BTC (che allora valevano meno di 700 euro — mentre ora più di 3.000 euro) ha fatto il giro nella comunità di Bitcoin. L’ultima transazione dell’indirizzo del suo portafoglio risale all’agosto 2017. Forse è morto. Forse sta bene. Probabilmente non lo sapremo mai.

Ci sono delle organizzazioni di beneficenza che cercano veramente di fare qualcosa di buono con le criptovalute, come Bail Bloc — che chiede di condividere la propria potenza di calcolo per pagare la cauzione dei detenuti a basso reddito — il Pineapple Fund e Sean Outpost, un ente di beneficenza che raccoglie Bitcoin per aiutare i senzatetto di Pensacola, in Florida. Quello che fanno è meraviglioso. Ma è solo una goccia nell’oceano rispetto alla realtà di chi controlla veramente le criptovalute.

Prendiamo in considerazione Erik Finman, un milionario di 19 anni e proprietario di circa 400 bitcoin. Finman ha ottenuto una grandissima copertura mediatica per il suo investimento in bitcoin del 2011 di 1.000 dollari, che era un regalo di sua nonna. Da allora è stato messo su un pulpito dai media che lo consultano per chiedergli ”consigli di investimento.” Tutto questo sulla base di un rischio che si è preso all’età di 12 anni, con i soldi di qualcun altro. A gennaio, invece, il New York Times ha curato i profili di una serie di persone che sono diventate ricche acquistando criptovalute, non sorprende che fossero per lo più personaggi già di successo nell’ambiente tech. Uno di questi è riuscito ad investire 400.000 dollari in Ethereum quando valevano 70 centesimi di euro — in questo momento, invece, valgono quasi 650 euro.

Certo, chiunque può investire in criptovalute, ma vale sempre la regola che più soldi si investono, più guadagni si ricavano — sempre che il loro valore sia in aumento — e gli investitori più grandi e che si sono mossi per primi hanno sempre i maggiori ricavi.

La maggior parte delle persone che possiedono grosse quantità di criptovalute erano già ricche: persone che si occupavano già di tecnologia con successo e che ora possono comprarsi delle Lamborghini quando prima potevano permettersi solo una Audi. Ora creano delle aziende invece di lavorare per loro. I Winklevosses, che occupano la vetta della classifica di Forbes Richest People In Cryptocurrency (composta solamente da uomini), hanno acquistato 11 milioni di dollari di Bitcoin nel 2013, circa l’1 per cento del totale globale di Bitcoin disponibili. Ecco, tanto per fare un paragone, pensate che meno del 40 per cento degli americani hanno messo da parte anche solo 1.000 dollari per le emergenze. E proprio come la disparità economica crea disuguaglianza nel mondo reale, anche il mondo delle criptovalute ha una sua élite: infatti, il 40 percento del mercato Bitcoin è di proprietà di 1.000 persone.

L’aspetto ironico in tutto questo è che Bitcoin è stato e continua ad essere presentato come un’alternativa al denaro emesso dai governi nazionali che viene dal basso, solo che ora è probabilmente più centralizzato e sicuramente più difficile da ottenere rispetto alle valute classiche. Forse, però, è sempre stato concepito per diventare così: Bitcoin più che una moneta è un metodo per arricchire chi si considera un outsider — lupi solitari che sono stati esclusi dalla società — che, in realtà, sono per la maggior parte solo un’altra parte dell’élite. Come ha recentemente dichiarato su Twitter Vinay Gupta, co-fondatore di Ethereum: ”In questo momento, la criptovaluta è una forma di ribellione d’élite.”

Il motivo della crescente complessità di calcolo della blockchain — ovvero, lo sforzo richiesto ai computer per verificare il blocco successivo di dati e ricevere una ricompensa in Bitcoin — potrebbe non essere solo quello di rendere il sistema più resistente agli attacchi, ma anche quello di stabilizzare il potere di chi ha investito per primo su questa tecnologia. Gli incentivi al libero mercato del mining di Bitcoin hanno già portato un’azienda multimiliardaria a controllare circa il 40 percento dell’intero hasrate della rete e a portarla nella posizione di essere quella che rifornisce la maggior parte degli altri miner dell’hardware necessario. E anche disponendo di quel tipo hardware, solamente le operazioni svolte con un grosso volume di computer sono quelle che si rivelano poi realmente proficue, mentre le altre opzioni disponibili, come il cloud mining, sono piene di truffe.

La ben nota passione per le criptovalute di un ambiente che ha connotazioni libertarie deriva dall’adorazione dei trasferimenti finanziari non strutturati, incontrollati, non regolamentati e da una visione del mondo che premia chi ”merita” il successo e castiga chi ”non se lo merita.” Matthew Mellon, uno dei primi investitore in Ripple, illustra perfettamente questa convinzione: ”Il mio investimento in Ripple mi ha portato 1 miliardo di dollari virtualmente gratis,” ha dichiarato a Forbes in gennaio. ”In realtà, ho guadagnato quella somma perché ero l’unica persona disposta a farlo.”

La realtà della crittovalute è che si tratta di una terra promessa profondamente legata a un’ideologia ispirata a quella di Ayn Rand. Secondo Capitalism: The Unknown Ideal: ”ogni interferenza governativa nell’economia corrisponde al concedere un beneficio non guadagnato, estorto con la forza, ad alcuni uomini a spese di altri.” Quindi, non c’è tanto da sorprendersi se anche dopo l’annata migliore di sempre per le criptovalute, alcuni investitori sono comunque alla ricerca di metodi per evitare di pagare le tasse oppure vengono scoperti a non pagarle già. Naturalmente queste persone probabilmente sostengono che nessun redditto dovrebbe essere tassato, ma non è questo il punto principale della questione.

Le nuove valute o i nuovi token sono spesso finanziati in eventi privati con prevendite che generalmente richiedono centinaia di migliaia o milioni di dollari per partecipare.

Queste tendenze non fanno che accelerare. Le nuove valute o i nuovi token — per quanto possano nascere con le migliori intenzioni — sono spesso finanziati in eventi privati con prevendite che generalmente richiedono centinaia di migliaia o milioni di dollari per partecipare. Questo permette agli investitori ricchi di diventare molto più ricchi se i token aumentano di valore una volta che diventano disponibili al pubblico. Le prevendite multimiliardarie private organizzate dalle ICO su Telegram sono la conseguenza naturale dei principi su cui sono basate: un motore gigantesco per arricchire ulteriormente gli hedge fund e gli investitori milionari. Nel mondo delle criptovalute, chi ha successo non deve essere più intelligente di te, ma solo essere messo meglio dal punto di vista finanziario.

La natura grottesca delle mondo delle criptovalute le rende un sistema con due facce. Per chi dispone di migliaia o milioni di dollari da investire, è come un casinò con maggiori probabilità di riuscita e più giochi da tavolo — alcuni dei quali, possono semplicemente essere truccati a loro favore a seconda delle loro possibilità. Si tratta di un nuovo metodo di investimento, un banchetto a cui servirsi che coniuga la velocità di vendita dei titoli pubblici con le valutazioni arbitrarie del mondo delle startup.

Per il resto del mondo, è una roulette che smette raramente di spedire acquisti fatti a grandissime velocità in nuovi mercati caotici che spuntano come funghi, nella vana speranza di avere forse scoperto i prossimi Bitcoin. È un pozzo oscuro e profondo di schemi per diventare ricchi in poco tempo, con un limite inferiore all’ingresso e un percorso ancora più veloce verso un conto bancario vuoto. Come con la maggior parte dei metodi per fare milioni dal nulla, la possibilità autentica di guadagnare effettivamente qualcosa è già svanita dal momento in cui la gente comuna salta sul carrozzone — di solito, non si trova mai lì dall’inizio.

E così la storia della criptovalute, rispecchia da vicino la storia del capitalismo in America, dove avere abbastanza soldi per comprare una fabbrica sarà sempre un’opzione migliore che lavorarci come dipendente. La maggior parte delle persone che hanno fatto i soldi con le criptovalute non solo avevano già i soldi, ma avevano anche la possibilità di investire dei soldi su un asset caotico e eventualmente di perderli — quando guadagnano, possono fingere di averci visto giusto da subito.

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Tanto per fare qualche altro esempio: Chris Larsen di Ripple era un imprenditore del mondo tech in giro già dagli anni Novanta e in precedenza l’investitore in criptovalute Barry Silbert gestiva la startup acquisita dal NASDAQ SecondMarket, che veniva valutata a 200 milioni di dollari mentre la gestiva. Anche le storie di “gente comune” che si arricchisce grazie agli investimenti di Bitcoin spesso partono da situazioni privilegiati che non vengono menzionate — nella maggior parte dei casi, un bottino di almeno qualche migliaia che potevano permettersi di perdere e che li ha aiutati a diventare oscenamente ricchi.

La criptovaluta non è il futuro. È più il presente e allo stesso tempo il passato. È la stessa vecchia canzone suonata in una tonalità diversa e a maggiore velocità — un modo più veloce per chi ha già i soldi di guadagnarne ancora di più. Forse la blockchain porterà a qualcosa di buono, ma dal lato cirptovaluta, moltiplicare le sorti di coloro che hanno meno bisogno di più soldi.

Ed Zitron è il fondatore e CEO di EZPR. Alcuni dei suoi clienti includono aziende che lavorano nel business delle criptovalute.

Questo articolo è apparso originariamente su Motherboard US.