Per l’ennesima volta nel giro di un anno, ieri Matteo Salvini è tornato a Bologna—una città in cui non è particolarmente amato, per usare un eufemismo. Mentre il segretario leghista faceva il suo tour elettorale con la candidata sindaco della Lega Lucia Borgonzoni e si incontrava con il rettore dell’Università, i movimenti di sinistra scendevano in strada per contestarlo.
Videos by VICE
Partendo dal presidio nella zona universitaria, i manifestanti hanno cominciato a sfilare in corteo per il centro, tra cariche delle forze dell’ordine e il lancio di uova, ortaggi e qualche sasso da parte dei primi. È sul tardo pomeriggio, però, che si è verificato l’episodio di cui praticamente tutti stanno parlando.
Alcuni membri del collettivo Hobo—che da diverso tempo è posto sotto le “attenzioni” della procura di Bologna—sono entrati nella libreria Feltrinelli di piazza Ravegnana e hanno strappato le pagine di alcune copie di Secondo Matteo, il nuovo libro di Matteo Salvini.
Il tutto è stato poi ripreso e pubblicato sulla pagina Facebook del collettivo. “Raccogliendo l’invito di Salvini a ‘svuotare le librerie’,” si legge nel post di rivendicazione, “abbiamo ripulito il negozio dal suo libro Secondo Matteo, ridotto in brandelli e affidato all’unico luogo che lo può ospitare, cioè la pattumiera della storia.”
Com’era prevedibile, un’azione del genere non poteva passare inosservata—sia per il gesto in sé, sia per le reazioni immediate di Salvini e altri esponenti della Lega, che per la vicinanza temporale con “l’assalto” di CasaPound allo stand dell’editore del fumetto satirico Quando c’era Lvi. È proprio sull’incindente del Romics che si sono concentrate le critiche di moltissimi all’azione dei membri di Hobo: con che coraggio condannare duramente il gesto perché c’è di mezzo qualcuno legato a CasaPound, per poi entrare in una libreria e fare lo stesso?
Al di là di quanto corretti o meno siano i paragoni con CasaPound (ci torneremo tra poco), una cosa è certa, va detta subito e per dirla non serve molto coraggio: chi ieri ha strappato quei libri ha fatto una cazzata.
Anche il gesto di Davide Di Stefano contro il fumetto satirico su Mussolini è stato una cazzata. Con almeno due importanti distinguo, certo: nel caso di Di Stefano il bersaglio era un fumetto indipendente, mentre nel secondo si tratta del libro ultra-pubblicizzato in ogni trasmissione tv di uno dei principali politici italiani; inoltre, quella contro il libro di Salvini sembra più che altro un’azione dimostrativa (seppure non avvenuta in presenza del contestato), mentre quella di CasaPound è più simile a un’intimidazione.
Anche fatte queste distinzioni, però, mi pare piuttosto evidente che l’azione di Hobo non sia stata il massimo dell’acume politico. E se i paragoni con altri eventi lasciano il tempo che trovano, quell’azione è stata una cazzata non tanto per i prevedibili editoriali—sul Corriere Pierluigi Battista ha parlato di “bullismo politico intollerante e ridicolo” paragonando l’azione di Hobo ai roghi di libri compiuti dai nazisti—o per le reazioni politiche.
Né perché il gesto avrebbe dato “visibilità” a Salvini—un politico che ormai vive in televisione 24/7—oppure perché, come ha scritto Michele Serra, la “distruzione delle parole […] le iconizza ben oltre i loro meriti.”
Semplicemente, quella dei membri di Hobo è stato una mossa ingenua e poco efficace soprattutto dal punto di vista politico. La sensazione, infatti, è quella di essere di fronte a un gesto molto poco ragionato—fatto soprattutto per attirare l’attenzione su di sé—senza preoccuparsi troppo delle possibili conseguenze, e sostanzialmente puerile.
Gli unici risultati raggiunti, infatti, sono stati quelli di essersi prestato a ogni tipo di critica, l’aver compattato pressoché chiunque a dire che si è trattata di un’idiozia, e l’aver servito su un piatto d’argento un’altra occasione di fare la vittima e piangere miseria a Salvini & co.—cosa di cui non c’era davvero bisogno.
Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: