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Mark Zuckerberg continua a credere che siamo dei deficienti

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Vivere in un mondo governato dai titani della Silicon Valley vuol dire che devi seguire necessariamente i fusi orari della costa ovest degli Stati Uniti. E questo vuol dire anche svegliarsi la mattina e trovarsi davanti una nota di 3200 parole in cui Mark Zuckerberg delinea le sue grandi visioni per il futuro di Facebook internet — confermando, tra le righe, che per lui siamo dei perfetti deficienti.

Nella serata di ieri, Zuckerberg ha annunciato i suoi piani per trasformare Facebook in un’azienda che ha a cuore la privacy degli utenti — ammettendo persino che fino a questo momento non ha avuto una “grande reputazione quando si tratta di costruire servizi che rispettano la privacy.”

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L’idea di Zuckerberg è quella di passare dalla metafora dalla piazza pubblica a un modello che ricorda il salotto privato delle nostre case.

L’idea di Zuckerberg è quella di passare dalla metafora dalla piazza pubblica — in cui tutti parlano con tutti e condividono foto, articoli e storie — a un modello che ricorda il salotto privato delle nostre case. Per fare questo, il passaggio è diretto: unificare le sue piattaforme di messaggistica e proteggere i contenuti delle chat con la crittografia end-to-end già in uso in Whatsapp.

In questo modo, Instagram, Messenger e WhatsApp diventeranno interoperabili: ad esempio, potremo contattare i nostri amici che usano Instagram con WhatsApp, senza dover necessariamente condividere il nostro numero telefonico.

Inoltre, il contenuto delle comunicazioni sarà protetto dalla crittografia — solo chi fa parte della chat potrà leggere i messaggi, mentre Facebook, i governi, e le forze dell’ordine saranno tenuti fuori.

La notizia era già stata riportata a fine gennaio dal New York Times, e con la sua ultima nota Zuckerberg non fornisce in realtà nemmeno dei tempi certi per questa transizione.

Le sue 3200 parole, però, sembrano avere un altro obiettivo: trattare gli utenti come dei deficienti e nascondere le effettive motivazioni alla base di questo cambio nel “modello di business.”

Per Zuckerberg questo è l’obiettivo principale: trarre profitto anche dalla privacy dei propri utenti.

Il nodo centrale, infatti, è nascosto quasi a metà del testo, dove Zuckerberg scrive: “C’è un’opportunità per costruire una piattaforma che si focalizza su tutti i modi in cui le persone vogliono interagire privatamente.”

Per Zuckerberg questo è l’obiettivo principale: trarre profitto anche dalla privacy dei propri utenti.

I servizi che possono sfruttare questa nuova piattaforma privata vanno dalle semplici telefonate alle conversazioni di gruppo, ma includono anche “le aziende commerciali, i servizi di pagamento, il commercio, e in definitiva […] molti altri tipi di servizi privati.”

I nostri like e interazioni con le pagine Facebook continueranno a fornire la base per la raccolta dei nostri dati da usare per i servizi di pubblicità mirata, ma ora avranno un ulteriore aiuto: tutti i metadati delle nostre singole chat private.

I metadati sono le informazioni di contorno delle nostre comunicazioni: con chi parliamo, a che ora del giorno, per quanto tempo, da dove e con quale dispositivo. Queste informazioni rimangono comunque in mano a Zuckerberg anche se la crittografia protegge il contenuto delle nostre chat.

I metadati, però, sono considerati dati personali tanto quanto il contenuto delle nostre comunicazioni: con questa unificazione delle app di Facebook, finiranno per estendere le capacità del social network di fare soldi a scapito della nostra privacy.

Zuckerberg accenna in un passaggio della nota alla possibilità di “limitare il periodo di conservazione dei metadati,” ma rimane comunque molto vago.

Il CEO di Facebook vuole che la sua piattaforma inglobi, una volta per tutte, internet. Ogni tipo di servizio dovrà passare attraverso i suoi server, persino i pagamenti saranno gestiti da Facebook — in programma c’è infatti persino l’introduzione di una criptovaluta dedicata.

Allo stesso tempo, però, l’interoperabilità è solamente un’illusione: non sembra esserci alcuna intenzione di aprire le comunicazioni con altre app come Signal o Telegram, che hanno fatto invece della protezione dell’utente un vero e proprio marchio di fabbrica.

Per intenderci, il vero modello di interoperabilità è quello offerto dalle email: indirizzi Gmail, Outlook, e Yahoo comunicano fra di loro senza alcun problema. Facebook dovrebbe aprire le comunicazioni anche con app come Twitter, Snapchat, Pinterest, TikTok. Ogni servizio di messaggistica dovrebbe poter comunicare con gli altri.

A tutto questo, però, dobbiamo aggiungere che il The Guardian ha recentemente svelato le aggressive attività di lobbying di Facebook per bloccare le leggi a favore della privacy — come il GDPR in Europa — e che, come riportato da Buzzfeed News , tantissimi altri strumenti promessi da Zuckerberg per proteggere la privacy degli utenti non sono ancora stati implementati.

È automatico quindi dubitare delle buone intenzioni di Zuckerberg. Per l’ennesima volta.

Ma, allo stesso tempo, questo ci offre una spiegazione che giustifica la pubblicazione di questi suoi lunghi manifesti: Zuckerberg crede che gli utenti siano dei deficienti, pronti ad abboccare a qualunque promessa di privacy campata per aria. Per quanto per la maggior parte di noi svincolarsi del tutto dalle sue piattaforme sia pressoché impossibile — e sono anni che Zuckerberg lavora con questo preciso fine —, non siamo più ingenui come al primo scandalo.

La privacy non è una buzzword da comunicato stampa per garantirsi maggiori profitti. Ma Zuckerberg ancora non l’ha capito.