Música

La prima intervista di Massimo Pericolo e il video di “7 miliardi”

massimo pericolo

La prima volta che ho sentito parlare di Massimo Pericolo, come poi si evincerà dal corso dell’intervista, è stata perché qualcuno ci mandò in anteprima il video di “Sabbie d’Oro”. Avremmo dovuto pubblicarlo, non successe, fatto sta che rimanemmo unanimi sul concetto che Massimo Pericolo sarebbe stata la next big thing. Da quel momento lo abbiamo visto bestemmiare in vetrina da Radio Raheem, ballare alla festa dei nostri cinque anni e sfilare per United Standard.

Come aveva predetto Phra Crookers nel video di “7 miliardi” live a Radio Raheem, suonare i demo porta bene, per cui in poco tempo Massimo Pericolo ha svegliato nel pubblico rap qualcosa.

Quando, prima di sederci, gli dico che la sua roba è senza precedenti in Italia, tranne forse per “Barabba” di Achille Lauro, lui tutto gasato mi dice che, nonostante Marracash sia forse il suo rapper preferito, quel mixtape è forse la migliore cosa che abbia mai ascoltato in Italia e che ancora oggi insieme a Young Crazy EP, c’è poca roba in cui si rivede così, forse solo Aspettando OC di Tedua.

Qui di seguito non saranno riportate tutte le cose che ci siamo detti, come il perché di Polo Nord (“è un viaggio mio, a Brebbia non c’è una zona, per cui me la sono creata”) o di quanto Massimo riesca a creare una hit anche ubriaco, in freestyle, a casa di amici (pregate affinché esca presto anche “Mamma”), perché ci sembra giusto lasciare spazio al video e poi, se ancora non lo conoscete, presentarvi velocemente qualcuno da tenere d’occhio il prossimo anno.

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Noisey: Chi è Massimo Pericolo?
Massimo Pericolo: Cazzo, ‘sta domanda qua mi mette sempre il panico. L’altro giorno mi hanno fatto la stessa domanda in radio e ho pensato “Cazzo, ma fammi una domanda specifica”

Dai, allora vado dritto al sodo: con quest’intervista esce il video di “7 miliardi”, canzone che è già su YouTube da un po’ nel video dell’esibizione a Radio Raheem. Tra l’altro sarà mega futile, ma mi ha fatto innamorare quel “porco**o” sparato in vetrina sui Navigli, a Milano.
Be’, è come menare per primo in una rissa, ti lascia un po’ sgomento e un po’ rapito. Tutto il pezzo esprime un po’ questo concetto: il primo pugno tirato in una rissa.

Ha un impatto fenomenale, confermo. Volevo che mi raccontassi un po’ la storia di questo pezzo.
A livello di scrittura è stato il primo pezzo in cui mi sono detto “faccio una trappata forte”. Ho spezzato le frasi, abbandonato gli incastri, volevo che in ogni barra ci fosse un concetto chiaro e limpido. È una cosa che cerco di fare sempre, ma secondo me qua mi è venuta particolarmente bene. Anzi, a dirla tutta, all’inizio non pensavo fosse questo gran pezzo: l’avevo registrata su un altro beat, non conoscevo ancora né Phra né Nic, e quando l’ho girato ai ragazzi con cui sto in compagnia erano tutti gasati. Quando ho conosciuto Phra ho registrato da lui una strofa di questo pezzo, perché l’avevo lì in repertorio e lui si è gasato. E alla fine questo sarà il primo pezzo del progetto ufficiale a cui sto lavorando con loro.

Ma come ci sei arrivato in studio da Phra?
Dobbiamo partire da due anni prima. Ho conosciuto Rafilù tramite un contest fatto su YouTube con un beat di Garelli. Nessuno dei due l’ha vinto, non siamo arrivati neanche tra i primi dieci. Però io avevo sentito la sua strofa, per cui ho deciso di aggiungerlo su Facebook, e da lì siamo diventati tipo amici di penna. Un rapporto anche intimo, ci scambiavamo confidenze, i pezzi prima che uscissero. È nata un’amicizia senza che ci potessimo mai incontrare di persona, perché lui sta a Caserta, e per me da Brebbia era complesso scendere. Poi, grazie a Speranza e alla sua esplosione, sono riusciti a salire loro a Milano. Così la sera che ci siamo beccati loro erano in giro con un po’ di persone, tra cui Phra. Così finiamo in studio da Phra, dove tutti erano ubriachi tranne me. Così, come spesso accade in studio quando sei alterato, è venuta fuori l’idea di fare una posse track. Io ero l’ultimo a registrare, sono stato in silenzio tutta la sera perché non conoscevo nessuno, e quando Phra si è alzato per andare in bagno, ho registrato. Be’, quando è tornato e ha sentito cos’avevo combinato, è rimasto molto sorpreso.

Tu però rappavi già? Io ho recuperato dei pezzi più vecchi di “7 Miliardi”.
Io rappo da tutta la vita, Massimo Pericolo è solo il momento in cui ho deciso di fare il rapper. Prima ho sempre scritto e registrato, nonostante fossi piccolo, avevo un altro nome, che non ti dirò perché sennò la gente va ad ascoltarsi i pezzi [ride]. Tra l’altro ho tipo un pezzo con Nerone. Poi però con l’arresto la cosa si è fermata…

Quindi la musica di Massimo Pericolo è tutta del periodo dopo l’arresto?
Sì, ho iniziato a crederci davvero quando mi sono sentito fottuto. Avevo dei progetti, anche slegati dalla musica, che ovviamente sono un po’ sfumati con questo… disastro. Così mi sono messo a scrivere un botto mentre ero chiuso. Poi in realtà è stata molto più lenta di come immaginavo, io credevo di uscire dalla mia situazione e spaccare tutto, invece poi ho capito che quei pezzi dovevo registrarli, trovare qualcuno che mi facesse dei video, ecc. Poi alla fine di quest’estate ho incontrato gli altri… Ah, tra l’altro: con Noisey io ci avevo già provato in quel periodo. Avevo il video di “Sabbie d’Oro”, ma la versione che mi è arrivata è che qualcuno in redazione si è preso male per la parola “frocio” [ride]. Quindi è un ottimo gancio per spiegare questa cosa: quanto dico “frocio”, ovviamente non lo intendo come insulto omofobo.

Tra l’altro nel discorso che facevamo prima delle “immagini dirette”, in CSC anche avevi una barra che diceva “Se basta prenderlo nel culo allora sono frocio” e mi aveva fatto riprovare quella cosa che dicevamo del primo pugno nella rissa…
Eh però vedi? Lo uso anche nei miei confronti. Purtroppo dalle zone in cui vengo il linguaggio è questo.

A proposito delle tue zone, è giunto il momento di parlare del video. Vorrei mi raccontassi un po’ le ambientazioni e le scelte stilistiche, per esempio le scene con la macchina e le scritte…
Questa è una cosa a cui sono molto legato. Quello che vedi sulla macchina è Giuseppe Uva, ed è lo zio di un mio grandissimo amico. Potevo mettere Cucchi, il concetto è simile, però questa è una persona a me molto vicina, è stato ucciso mentre era sotto custodia dei carabinieri. C’è un processo in corso, naturalmente. Però la madre del mio amico è in lotta da anni. C’è addirittura un servizio a Le Iene. Spesso nei testi parlo male delle Forze dell’Ordine: be’, non lo faccio a caso.

Infatti un’altra cosa che mi gasa della tua, se vogliamo chiamarla così, discografia, è questo continuo e reiterato “odio” per le istituzioni, che non è da ragazzino ribelle, ma è per così dire giustificato. Tu stai rappando qualcosa che purtroppo hai vissuto davvero e, come succede spesso per chi racconta qualcosa che ha davvero vissuto, non lo racconti facendone un vanto, ma c’è un velo di malinconia che rende il tutto ancora più crudo.
Ti ringrazio, perché ho sempre avuto paura che parlare di certe cose voglia sempre dire “voler fare il figo”. Anche se fai la vittima, potrebbe sembrare che tu voglia attenzioni. Io parlo di cose che ho vissuto realmente. Una conferma da parte tua è importante.

Be’, una rima come “voi di che cazzo vi fate / per mandarmi in galera d’estate” è un quadro.
Sai, i giudici sono in vacanza, gli uffici sono chiusi, il tribunale non funziona… Quindi tu sei lì chiuso in galera che aspetti settembre per avere notizie sul tuo destino e fa schifo. Quella barra è real perché la galera d’estate è peggio ancora.

Un’altra cosa che c’è nel video sono delle immagini in cui quelli che presumo essere tuoi amici fumano la roba dalle stagnole.
Eh, spero che venga capito l’intento di inserire certe cose. A Brebbia può succedere tranquillamente che mentre porti fuori il cane un tuo amico si inizi a fumare l’eroina, se non metti i riflettori sul problema, ma anzi nascondi tutto sotto il tappeto, il problema non fa che aumentare. In Italia si nasconde sempre tutto. Quelle scene però non sono per fare il fico o per stupire, ma perché quella cosa esiste. Pensare che tuo figlio non si sia mai fatto una canna è come pensare che tua mamma non abbia mai fatto un pompino.

Tommaso è su Instagram.

Fotografia di Giulia Bersani.

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