Masterpiece, un talent show italiano

Domenica sera è andata in onda la prima puntata di Masterpiece, il nuovo talent show della Rai destinato alla scoperta di nuovi scrittori. Il premio finale è previsto nella pubblicazione da parte di Bompiani del romanzo vincitore, con una tiratura di centomila copie (100.000) distribuite tramite Corriere della Sera

La prima puntata era particolarmente attesa perché, come anche le sedie hanno sottolineato nella conferenza stampa di presentazione, il format è nuovo. Non sono stati comprati dei diritti, è proprio una nostra creazione. C’è anche un impalpabile retrogusto di ambizione veltroniana nel tutto: gli articoli usciti sul New York Times, le inquadrature della Mole Antonelliana, gli hashtag, i vestiti di Coppola, la benedizione di Fazio. Distingui chiaramente l’aspettativa della rete, come se Rai 3 fosse lì a guardarti amorevolmente negli occhi mentre scarti il regalo che ti ha comprato per il tuo diciottesimo compleanno.

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Il programma si apre in maniera classica, con il montaggio concitato e la voce narrante che presenta i giudici e la prima sincera domanda che ci si pone è come si sia rivelato fisicamente plausibile stipare in un’unica stanza l’ego di De Carlo e quello di De Cataldo, lasciando contestualmente abbastanza ossigeno agli altri per respirare.

Il terzo giudice è Taiye Selasi. Autrice inglese di cui la voice off si affanna a ricostruire l’albero genealogico per sottolineare quanto sia internazionale, il suo ruolo durante la trasmissione sarà piacere a Salman Rushdie e avere meno di quarant’anni.

Mi sforzo di non cominciare da subito e per sempre a chiamarla nella mia testa Taylè Sellassiè. Invano.

Il primo concorrente si chiama Daniel, ha 31 anni e mette subito le cose in chiaro: sono passati circa quattro minuti dall’inizio della trasmissione e grazie a lui sono già state pronunciate le parole “reparto psichiatrico”. Infatti Daniel è stato ricoverato più di una volta e ha anche realizzato un reportage nato da una di queste degenze.

Il suo romanzo si chiama L’amore prima di far l’amore e alla domanda “ma tu cosa fai nella vita?” Daniel risponde “io soffro.” Alla voice over non pare vero e da questo momento in poi ripeterà, per definirlo, la combo “creatività e tormento” in un notevole numero di varianti. Daniel legge qualche riga del suo romanzo e non fai in tempo a pensare che evidentemente verrà chiamato qualcuno della sicurezza per accompagnarlo fuori che De Cataldo lo paragona a Mordecai Richler. Mentre chiedi conferma al vicino di quello che hai sentito De Carlo gli chiede, seriamente, di approfondire il tema delle numerose metafore sessuali presenti nel romanzo che ha presentato. De Carlo ne cita anche una: “le tapparelle che stuprano i sogni.”

Penseresti che è il momento di una risata liberatoria, ma poi Selasi dice “post moderno” e Daniel passa la selezione con tre sì.

È il turno di Romina, 43 anni, introdotta da una delicata e assolutamente non borghese e non paternalista intervista di Coppola che apre chiedendole “ma come fai a scrivere se sei un’operaia?” Romina presenta un romanzo fantasy su una quercia che si reincarna in una ragazza di provincia, ma l’interesse di tutti è chiaramente più spostato verso la sua storia personale. Durante il colloquio le viene estorto un esaustivo recap delle proprie disgrazie e quando si arriva a nominare Marchionne è cristallino che verrà selezionata anche lei con tre sì.

E infatti.

Tocca a Giulia, 29 anni, ed è tempo di sangue. Presenta una commedia modellata sulla Divina Commedia dantesca, ma De Carlo non vuole saperne. Inoltre se esistesse un campionato europeo di esprimere disprezzo leggendo un manoscritto con tono nasale De Carlo sarebbe il vincitore di quel campionato. Ma siccome vuole essere proprio certo di essere stato chiaro, De Carlo dice a Giulia che il suo è il romanzo più brutto arrivato a Masterpiece.

Taiye si risente.

In rapida sequenza viene sbertucciata anche Veronica, di 27 anni, che è solo un antipasto di un’altra delle star della serata: Antonio.

Disoccupato ed ex carcerato cinquantenne, anche Antonio ci viene presentato da Coppola (“Ma come campi?”) e il pianofortino lirico che è sobriamente partito in sottofondo annuncia che la sua è una candidatura importante. Infatti i giudici non aspettano neanche un minuto a chiedere a Antonio ciò che tutti vogliono sapere di lui, cioè perché è stato 13 anni in galera. La risposta vagamente minatoria “per una rissa” tuttavia chiude l’argomento per sempre. Anche lui si prenota i suoi tre sì con l’amara riflessione “ho capito che la prigione è una condizione mentale.”

Francesco ce l’ha fatta nel momento in cui ha pronunciato le prime parole. Non mi dilungherò molto su di lui, dirò solo che il suo romanzo si chiama Nuovo Nichilismo Solidale e che quando gli è stato chiesto di descriversi ha risposto, “Sono ateo e vergine.” Tre sì.

Tocca a Marta, che presenta un romanzo autobiografico sull’anoressia. A questo punto è chiaro già quasi dalla presentazione se il concorrente verrà scelto o meno. La biografia dei candidati sembra essere l’elemento preponderante di giudizio, cosa che, senza esagerare, è più o meno l’esatto contrario della critica letteraria. Sorprendentemente anche Marta viene selezionata e vince un momento di empatia con Taiye. Prime lacrime.

Marianna, la concorrente successiva viene scartata in poco tempo, ma è importantissima. I giudici le rinfacciano il fatto che il suo elaborato è banale, pieno di immagini scontate, come se fino a quel momento fossero piovute figure retoriche taglienti e spericolate da ogni dove.

“Be’, ma io penso che se scrivo una cosa che mi viene da dentro non è banale.”

Il 90 percento dei romanzi presentati a Masterpiece in questa puntata, compreso quello di Marianna, si servivano di narrazione in prima persona. Quasi tutti avevano importanti elementi autobiografici, quando non erano autobiografie pure. Chiaramente non c’è nulla di male in questo ed è anche una cosa che succede spesso quando ci si avvicina alla scrittura, però in genere è la capacità di andare oltre questo, a determinare la differenza fra un diario personale e il lavoro di un autore. Desiderare molto di essere uno scrittore invece purtroppo non aiuta. Però avere più di sedici anni sì.

Sembra che il programma si sia fermato a cercare solo quella forma totalmente “media” di espressione, senza spingersi a cercare una vera urgenza. Quindi sì Marianna la tua banalità in quel contesto era legittima, sono stati ingiusti a mandarti via e io sono con te.

Lilith ha 34 anni ed è l’ultimo candidato. La voice off definisce il suo percorso “doloroso e inquieto, materiale grezzo per un romanzo,” mentre lui si aggiusta la sciarpetta con sguardo dolente. Di Lilith ci terrei a citare taluni estratti: “il sapore acido dei miei calzini,” “il sapore di piscio nella bacinella,” “il sapore di Gaia, stamattina, andandomene da casa sua sperando che fosse per sempre.”

Per motivi ignoti, ma sicuramente discutibili viene nominato John Fante. Lilith risponde che “John Fante aveva visto gli inferi, ma mica ci si era seduto. Modestamente mi ci sono seduto io.”

A questo punto il rumore dei tritadocumenti che macinavano a tutto andare negli uffici Bompiani ha coperto un po’ l’audio e non sono riuscita a capire bene cosa si diceva dopo, fatto sta che alla fine anche Lilith è un finalista. È così inquieto e maudit che le sue prime parole sono state “faccio contenta mamma.”

Dopo la rapida eliminazione dello psicopatico e dell’ateovergine da parte dei giudici, restano i quattro semifinalisti: Romina, Antonio, Marta e Lilith. Loro affronteranno delle prove “immersive” di cui poi dovranno scrivere una volta tornati in studio e vengono subito divisi in coppie carcerato/anoressica e maledetto/operaia. La prima coppia visiterà un centro d’accoglienza e la seconda una balera frequentata da anziani.

Vengono lasciati liberi di girare e di interagire con i presenti sapendo che il compito che dovranno svolgere sarà, rispettivamente, scrivere una lettera a qualcuno del mondo esterno da parte di un ospite della comunità e immaginare di assistere nella balera a un ballo fra i propri genitori.

Qui la sensibilità di ciascuno viene esposta al contatto con situazioni umane difficili o stimolanti dal punto di vista narrativo e infatti avrei selezionato un piccolo florilegio di considerazioni particolarmente suggestive:

“Ma è nella loro cultura (degli zingari n.d.r.) rubare.”
“Questa è un po’ una seconda giovinezza.”
“Alla nostra età gli uomini sono superficiali loro hanno un approccio più galante alla femmina.”

È chiaro che c’è una sottile linea di finzione, a questo punto, che in qualche modo richiede da parte di chi guarda l’impegno a credere che un vissuto difficile possa da solo sostituire un pensiero vivo e controintuitivo, un senso della realtà e dell’osservazione che rendono interessante un autore.

L’idea di scegliere dei candidati la cui immagine rispondesse a dei criteri di vendibilità non è di per sé satanica, è semplicemente l’unico modo di realizzare un’operazione del genere sulla televisione nazionale. Però il fatto che Romina abbia avuto un bambino a diciotto anni e che sia rimasta intrappolata in un orribile lavoro in fabbrica per la maggior parte della sua vita non fa sì di per sé che Romina sia una scrittrice.

Lo Sdegno di De Carlo che ha strappato i fogli alla lettura degli elaborati dopo la prova è il momento più alto di questa ipocrisia di fondo. Si è alterato così violentemente che molti hanno temuto che avrebbe detto qualcosa di sensato sullo stato dell’editoria italiana e sull’idea distorta, dilettantistica e autoreferenziale di autorialità che quegli elaborati esprimevano.

Per fortuna non è successo e si è limitato a insultarli.

Alla fine, i prescelti per la finalissima sono Lilith e Romina.

La prova si svolge nell’ascensore della Mole Antonelliana e i partecipanti hanno un minuto di tempo per pitchare il loro romanzo a Elisabetta Sgarbi, editore Bompiani.

La Sgarbi riesce nella stimabile impresa di mantenere la stessa identica espressione di cordialità misto paura per tutto il tempo di entrambe le prove e di reprimere sobriamente un conato ogni volta che qualcuno dei due pronuncia le parole “il mio romanzo.”

A seguire, la selezione finale. I giudici convocano sia Romina che Lilith per l’ultima decisione e infine accade. Lilith viene scelto come primo finalista del programma.

La voice off festeggia tonante l’elezione del prescelto che dichiara di sentirsi “come quando fai gol da ragazzino.” Lilith il maledetto si allontana nella notte seguito dalla telecamera, e la voce ti molesta l’ultima volta, chiedendosi e chiedendoti ripetutamente:

“Sarà lui il prossimo caso letterario italiano?”
“Eh?”
“Sarà lui?”

Alla fine quasi ci credi, vedi già le ospitate televisive e le ristampe che si profilano all’orizzonte. Sembra tutto semplice e lineare, un ottimo lancio pubblicitario nazionale e un’ottima distribuzione. Una grande possibilità.

Suona fattibile, promettente e concreto. Quasi come una minaccia.


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