Le cose che si studiano a scuola in Europa e che in Italia non abbiamo

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Di recente, l’Unione Europea ha individuato nell’istruzione uno strumento efficace per favorire l’adesione a valori comuni e la coesione tra i vari stati. Eppure, mettendo il naso fuori dall’Italia—senza neanche andare troppo lontano—ci accorgiamo che diverse di quelle che consideriamo certezze della quotidianità scolastica, dalle vacanze estive ai compiti a casa, non sono realtà universali.

Cosa insegnano allora nel resto d’Europa che in Italia proprio non abbiamo? Dai laboratori di falegnameria finlandesi ai mercoledì liberi francesi fino ai voti in negativo tedeschi (ci pensate, portare a casa un -3? Ed esserne pure fieri!), abbiamo parlato con un po’ di insegnanti ed ex studenti dei sistemi scolastici di alcuni stati europei.

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GERMANIA

In Germania, la quasi totalità degli studenti frequenta scuole pubbliche, essere istruiti a casa è illegale e le scuole dell’obbligo sono previste fino ai 15 anni. Il sistema scolastico lascia larga autonomia ai 16 land [ gli stati federali] ma già intorno ai dieci anni, alla fine della scuola elementare, gli studenti sono separati per abilità e aspirazioni—dei genitori, probabilmente.

Il sistema di valutazione tedesco va al contrario, da uno a sei, e uno è il voto più alto. Pascale, di Berlino, ha provato a spiegarmi che al Gymnasium (l’equivalente del nostro liceo) non si usano più questi voti ma un sistema a punti che mi è sembrato complicatissimo. Sono riuscita comunque a capire che se prendi tra -4 e 4 stai andando bene.

Con alcune differenze tra i diversi land, gli studenti possono scegliere tra le scuole più vicine ai nostri istituti professionali e il Gymnasium, al quale sono spinti ad aspirare. Questo sistema è stato criticato per promuovere una scelta precoce che finisce con il penalizzare gli studenti già svantaggiati dal punto di vista sociale ed economico, contribuendo a una vera e propria segregazione. “La gente crede che [ gli istituti professionali] non siano buone scuole, e tutti mandano i figli al Gymnasium, se possono,” mi spiega Pascale. “Così anche il livello d’istruzione offerta al Gymnasium è peggiorato.”

L’approccio “separatista” si riflette anche nell’istruzione degli studenti disabili o con disturbi dell’apprendimento che, nonostante possano accedere alle scuole regolari, frequentano perlopiù istituti a parte. Un recente sondaggio dimostra che nemmeno gli insegnanti tedeschi sanno bene che cosa pensare di queste scuole che dovrebbero essere meglio equipaggiate nel gestire alcuni bisogni specifici, ma di fatto impediscono l’integrazione sociale degli studenti.

FINLANDIA

Il sistema educativo finlandese è considerato da tempo uno dei migliori al mondo: gratuito, in grado di integrare studenti di ogni estrazione sociale ed economica, è conosciuto come quello in cui già la materna fa parte delle scuole dell’obbligo, si impara il rispetto per il lavoro manuale con lezioni di falegnameria o di cucina, si fanno poche verifiche e ancora meno compiti a casa.

Ad agosto 2016 è entrata in vigore una riforma che, tra le altre cose, prevedeva una forte attenzione all’uso di nuove tecnologie e allo sviluppo di molte delle competenze richieste in ambito professionale, e la promozione di un nuovo modo di insegnare basato su argomenti, più che su materie distinte. La riforma non ha messo però tutti d’accordo: alcuni insegnanti lamentano di non avere abbastanza tempo per completare i programmi, e persino la BBC si è chiesta se la recente ristrutturazione del curriculum avrebbe decretato la fine del concetto di ‘materie scolastiche’.

Le nuove disposizioni mirano a stimolare gli studenti introducendo un apprendimento calato nella realtà di tutti i giorni, nel quale i concetti e le nozioni più tradizionali sono applicati ad argomenti nuovi e d’attualità. Quindi, invece di studiare geografia durante l’ora di geografia, le scuole possono prevedere un percorso in cui si impari la geografia parlando del cambiamento climatico—o del fenomeno migratorio, o dell’Unione Europea.

Comunque, in Finlandia non esistono classi o corsi separati per studenti con rendimenti al di sotto o al di sopra della media, e al di là di ogni possibile critica resta il fatto che lo scarto tra i più e meno capaci è tra i più piccoli al mondo.


A proposito di scuola, questo è La nuova scuola, la serie di Noisey sul nuovo rap italiano. In questo episodio, Tedua:


FRANCIA

Le scuole dell’obbligo francesi—grazie, Napoleone—hanno influenzato l’organizzazione di quelle italiane e seguono cicli piuttosto simili, dai sei ai 16 anni. Le materie principali sono pressoché identiche alle nostre, ma secondo gli ultimi dat PISA [ il programma di valutazione dell’OECD dei sistemi scolastici del mondo] i francesi ci battono, anche se di poco, in tutte le performance di riferimento: scienze, matematica e lettura.

Gli studenti francesi hanno i compiti a casa, ma sono sottoposti alla frustrazione di non vedere quasi mai nessuno raggiungere il massimo dei voti (20) nelle verifiche e nelle interrogazioni. Secondo alcuni, questo modo di valutare il lavoro degli studenti li incentiverebbe ad accontentarsi, considerando anche che non c’è nessun tipo di selezione per accedere all’università (escluse, ovviamente, le Grande Écoles d’élite; e nonostante la proposta di Macron di introdurre il numero chiuso).

Gli studenti della scuola pubblica—la stragrande maggioranza—vengono iscritti agli istituti in base all’indirizzo di residenza, senza eccezioni. Vanno a scuola mattina e pomeriggio, e al liceo le lezioni possono finire molto tardi, anche alle 18. Comunque, recuperano con un bel po’ di vacanze: un paio di settimane ogni sette, in aggiunta ai due mesi di pausa estiva. E se non bastasse, mentre nel resto del mondo il mercoledì è noto come l’odiatissimo ‘hump day’—troppo lontano dal lunedì per godersi i ricordi del weekend passato e troppo lontano dal venerdì per distrarsi pensando a quello futuro—in Francia c’è l’usanza, sempre meno diffusa a dire la verità, di non avere scuola o di fare soltanto mezza giornata.

Le scuole private non sono numerose e sono soprattutto religiose, mentre l’istruzione pubblica è assolutamente laica. Nessun simbolo in vista, nessun crocifisso appeso.

REGNO UNITO

Gonna a pieghe, calzettoni e, a volte, cappellino per le ragazze; camicia, pantaloni—anche a bermuda, di velluto a coste, magari—e cravatta per i ragazzi: nel Regno Unito la divisa è obbligatoria in quasi tutte le scuole, sia pubbliche che private. Ma questo, serie TV tipo Skins ce l’hanno già insegnato.

Quanto agli indirizzi, non esistono diversi tipi di scuole superiori e gli inglesi si trovano, a 14 anni, a dover scegliere quali materie facoltative continuare a studiare insieme a quelle obbligatorie (inglese, matematica, scienze, e a volte una lingua straniera o un’altra materia) per presentarle ai GCSE—gli esami da passare a 16 anni per accedere al college.

È davvero difficile incontrare qualcuno che abbia dovuto ripetere l’anno: solo il tre percento degli studenti del Regno Unito sotto i 15 anni, contro una media dei paesi europei di oltre il dieci. Detto questo, gli inglesi sembrano particolarmente ossessionati dal voler separare gli studenti più bravi, che possono essere ammessi a classi successive o tentare il test d’ammissione per entrare in una grammar school, una specie di scuola pubblica per piccoli genii. “Sono diventate ancora più controverse, ultimamente, perché l’attuale governo conservatore vuole re-introdurre diverse Grammar school per dare più possibilità di scelta ai genitori,” racconta Maryam, un’insegnante inglese. “Ma molti credono che dovremmo invece assicurarci che le scuole pubbliche siano la scelta migliore per ogni studente, piuttosto che avere queste scuole [speciali] come unica via per gli studenti più capaci.”

Le grammar school non sono da confondersi con i collegi privati d’élite, le cosiddette public school, tipo Eton, che continuano ad accogliere i figli della classe dirigente inglese. Queste scuole sono note (a ragione) per costare cifre esorbitanti, aver creato negli anni un proprio slang e fare cose tipo costruire di tasca propria un circuito da canottaggio a misura di studenti e Olimpiadi.

Questo ci dà anche un’idea di quanto lo sport sia importante; è obbligatorio fare educazione fisica fino ai 16 anni, scegliendo tra le diverse attività disponibili: il calcio è lo sport più popolare tra maschi e femmine, ma è possibile orientarsi su cose tipo aerobica, frisbee o pallamano.

SLOVENIA

Fino ai 15 anni—come in tutta Europa, più o meno—le due materie principiali del curriculum scolastico sono le stesse: la lingua d’insegnamento e poi la matematica. In Slovenia si dedicano più ore della media allo studio delle scienze sociali e naturali, e queste ultime diventano le materie a cui si dedicano più ore in assoluto nella scuola secondaria.

Alla fine delle scuole dell’obbligo, dai sei ai 15 anni, gli studenti sono sottoposti a un esame (che ricorda la nostra maturità) sulla lingua, la matematica e un’altra materia decisa dal Ministero. I risultati sono valutati da una commissione esterna e non hanno nessun impatto sui voti accumulati durante l’anno dagli studenti, ma offrono informazioni aggiuntive sulla loro preparazione e qualcosa da scrivere sul diploma finale. Una volta i punti acquisiti in questo test erano importanti per poter accedere alla scuola superiore scelta, ma adesso hanno un peso nella valutazione soltanto quando ci siano studenti con gli stessi voti in lizza per la stessa scuola.

Le scuole con la migliore reputazione sono pubbliche, e frequentate da oltre il 99 percento degli studenti.

In Istria, dove la comunità italiana è di circa 3000 persone, l’italiano è riconosciuto al pari dello sloveno ed è lingua d’insegnamento nelle scuole della minoranza etnica, dalla materna fino alla fine delle medie; nelle altre scuole della zona è comunque presente come materia di studio obbligatoria dalla prima elementare. Nel resto del paese invece, l’italiano viene perlopiù studiato alle medie come terza, o addirittura quarta, lingua straniera.

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