Música

Le 50 canzoni internazionali del 2019

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Ciao, abbiamo preparato una lista di 50 pezzi che ci sembra raccontino bene l’anno che abbiamo appena passato. Sono le migliori canzoni straniere del 2019? Non necessariamente. Non è una classifica, è più un riassunto cronologico di pezzi che ci sono sembrati importanti, significativi o anche solo, semplicemente, belli. Stanno anche tutti in una playlist su Spotify.

Lungo il corso della lista trovate anche dei link ad articoli e video che abbiamo fatto quest’anno. Qua trovate invece la stessa cosa, ma con le canzoni italiane. Pronti? Via.

Videos by VICE

NLE Choppa – “Shotta Flow”

Che cos’ha di speciale “Shotta Flow”? Niente. È un pezzo bello street. Ha dei video con dei ragazzi giovani che fanno vedere le armi in quartiere. Ha un beat semplicissimo. Ha creato un balletto virale. Ha regalato al suo autore un contratto milionario. Puro 2019.

Lizzo – “Juice”

Il più grande crossover tra pop e black music degli Stati Uniti quest’anno, una hit istantanea che suona già senza tempo, il pezzo della definitiva consacrazione di Lizzo.

Polo G – “Pop Out (feat. Lil Tjay)”

La forza di Polo G è quella di far incontrare easy-listening e complesse dinamiche di strada, ma senza mai scadere in stereotipi né banali esagerazioni. Anzi, come in “Pop Out”, raccontando il tutto in maniera onesta e consapevole, con una sofferenza lancinante e una realness tangibile.

Helado Negro – “Running”

Il 2019 è stato l’anno in cui abbiamo iniziato un po’ più di prima a renderci conto che l’ansia è una cosa seria, di cui si può parlare e per cui si può chiedere aiuto. Ed è anche grazie a brani come “Running”, scritta per calmare l’ansia del suo autore, che è stato così.

James Blake – “Mile High (feat. Travis Scott & Metro Boomin)”

Un esempio di come l’hip-hop, l’indie e l’elettronica si possono influenzare reciprocamente per creare cose nuove, fresche ed emozionanti.

Sleaford Mods – “Discourse”

Andrew Fearn e James Williamson continuano a sputare odio e disgusto per il Regno Unito in cui vivono e, per estensione, per le destre e il capitalismo. E riescono a farlo suonando catchy as fuck.

Gunna – “Who You Foolin”

Una produzione di Wheezy perfetta costruita su una chitarrina trillante, su cui Gunna dimostra di aver trovato una sua voce—ok, l’influenza di Young Thug si sente ancora, ma il modo in cui l’MC di Atlanta butta insieme le parole è puro relax per i timpani e la mente.

Dave – “Black”

Quando anche in Italia faremo pezzi così intelligenti e profondi all’interno di dischi ambiziosi ma anche di successo allora potremo dire di avere davvero una scena coi controcoglioni. Fino ad allora, teniamo la testa bassa.

Little Simz – “101 FM”

In Italia abbiamo una visione ristretta del rap inglese, ma dischi come quello di Little Simz sono fondamentali per capire che c’è un mondo intero oltre il grime. “101 FM” è il suo pezzo meglio riuscito, un brano impossibile da ascoltare restando fermi.

Juice WRLD – “Fast”

“Fast” è un esempio di come Juice, e per estensione una certa fetta del grande rap americano, aveva imparato la lezione dell’emo mainstream dei primi anni Dieci per creare mine sentimentali.

Billie Eilish – “xanny”

Qualsiasi cosa Billie abbia fatto quest’anno è suonata rivoluzionaria in un contesto pop, ma sono i pezzi più sussurrati e distorti come “xanny” che dimostrano quanto siano cambiati i gusti del grande pubblico.

billy woods + Kenny Segal – “Spongebob”

Un capolavoro di produzione da parte di Kenny Segal, costruita sul velluto di una semplicissima linea di basso, reso perfetto dalle strofe visionarie di billy woods.

Holly Herndon – “Eternal”

Un coro di voci, un’intelligenza artificiale, una canzone d’amore all’interno di un disco che racconta senza volerlo la società ipercontrollata e asfissiante in cui viviamo.

Rosalía, J Balvin, El Guincho – “Con Altura”

Il pezzo con cui Rosalía ha attraversato l’Atlantico e si è affermata nel mondo della musica latina contemporanea.

Koffee – “Rapture”

Con “Rapture” e gli altri pezzi dall’EP a cui dà il nome, Koffee ha dimostrato che il reggae è ancora vivo e sa ancora regalare nuovi spunti e sfumature alla formula decennale con cui è sempre stato fatto.

Lil Nas X, Billy Ray Cyrus – “Old Town Road – Remix”

La storia più 2019 dell’anno, quella che ha infranto ogni record possibile nelle classifiche statunitensi e sdoganato la pratica dei remix nel pop internazionale.

Claude Fontaine – “Cry For Another”

Un pezzo che reinventa il dub e lo mette su un’impianto indie rock statunitense. Niente di rivoluzionario, ma davvero bello da ascoltare.

King Gizzard & The Lizard Wizard – “Planet B”

Un pezzo thrash metal che parla della crisi climatica a partire da uno degli slogan più usati nelle proteste di Fridays For Future. Dato che siamo su VICE, potevamo non metterlo?

PNL – “Deux frères”

“Le monde ou rien”, cantavano i PNL nel 2015 dalle Vele di Scampia. Su Deux frères si sono resi conto che neanche dominare il mondo può farli stare bene.

Tyler, The Creator – “EARFQUAKE”

Possiamo ancora definire Tyler, The Creator “un rapper”? Probabilmente no—e meno male, perché il suo nuovo album IGOR mostra una nuova e coraggiosa direzione, esemplificata alla perfezione da “EARFQUAKE”.

Institute – “Anxiety”

Un commento su YouTube dice “these guys are 43 years too late”—magari è anche vero, ma ce ne fossero di band che suonano punk così, oggi.

slowthai – “Northampton’s Child”

Il momento in cui slowthai si è tolto le vesti dello spaccatutto e si è messo a nudo, raccontando la sua storia da brividi.

Mac DeMarco – “Preoccupied”

Un pezzo che ha dentro tutta l’ansia dei millennial che non ne possono più di stare su internet e sui social media, e che magari vorrebbero solo levarsi di culo e stare nelle praterie immense della Bible Belt. Però non possono, perché ci lavorano, perché lo fanno tutti. Se solo avessero un po’ di coraggio.

Vampire Weekend – “This Life”

Non era per niente scontato che i simboli dell’indie rock newyorkese dopo gli Strokes non mollassero un colpo nel 2019—e invece Ezra Koenig se ne è uscito con un’altra serie di pezzi che fanno tornare il cuore e il pensiero a quando gli Stati Uniti non sembravano un buco infernale.

black midi – “953”

Chi l’avrebbe detto che nel 2019 si potevano ancora fare cose con le chitarre che nessuno aveva mai sentito?

Ozuna – “Te Soñé de Nuevo”

Non è facile buttare fuori hit su hit senza perdere un colpo, ma Ozuna lo fa sembrare la cosa più semplice del mondo. “Te Soñé de Nuevo” è il suo pezzo più bello di questo 2019, e uno dei più azzeccati della musica urbana contemporanea.

Denzel Curry – “RICKY”

Un pezzo biografico da brividi per uno dei rapper più sottovalutati della nostra generazione.

King Princess – “Cheap Queen”

Dopo aver droppato alcuni dei singoli più belli del 2018 in cui, guarda caso, raccontava benissimo l’esperienza queer nella nostra epoca, King Princess l’ha rifatta con “Cheap Queen”—brano che dà il titolo e il la al suo bellissimo esordio solista.

(Sandy) Alex G – “Hope”

Alex G non è più un ragazzino con la chitarra che si registra da solo le canzoni. Cioè, non lo è mai stato—quello era il modo semplice con cui attirava gli occasionali. La realtà è che ha sempre saputo scrivere pezzi brutali come “Hope”, schiaffi emotivi che ti fanno venire voglia di continuare a prenderne ancora ed ancora anche se parlano di morte.

J Balvin & Bad Bunny – “La Canción”

Questo è stato l’anno in cui due pesi massimi più forti della musica urbana hanno deciso che magari scontrarsi non era una buona idea. Forse era meglio fare un disco insieme, e in mezzo alle hit per muovere il culo metterci una canzone—”La Canciòn”—piena di alcool e dolore che fa venire i brividi.

Kate Tempest – “People’s Faces”

Un lumicino di speranza dopo uno dei dischi più brutali e veri della nostra epoca. Tutto qua.

Charli XCX – “Gone (feat. Christine and the Queens”

“Gone” è tutto quello che vogliamo dalla musica popolare oggi—sincerità, bellezza, melodia, sperimentazione, ibridazioni. E un ritornello memorabile.

Freddie Gibbs & Madlib – “Crime Pays”

C’è un motivo se si diventa pesi massimi del rap americano, no?

Burna Boy – “African Giant”

Pezzi come “African Giant” dimostrano che chi pensa che l’Africa sia ancora solo un’influenza da dichiarare e i suoi artisti solo forza creativa da sfruttare hanno torto marcio: l’Africa non ha bisogno dell’Occidente per spaccare.

HAIM – “Summer Girl”

Ok, “Summer Girl” è un plagio di “Walk On The Wild Side”, ma è stata un respiro d’aria fresca in un’estate martoriata da crisi politiche, paure varie per lo stato del mondo e disagio.

Megan Thee Stallion – “Hot Girl Summer (feat. Ty Dolla $ign & Nicki Minaj”

L’affermazione a livello mainstream di una nuova stella del Southern Rap, capace sia di scrivere barre da brividi che di far ballare un’intera nazione e generare meme su meme. Che poi è una cosa importante, oggi come oggi, diciamolo.

BROCKHAMPTON – “IF YOU PRAY RIGHT”

Vi ricordate quella cosa per cui la black music nasce in buona parte dal gospel, no? Ecco, “IF YOU PRAY RIGHT” è il risultato tematico e sonoro di decenni e decenni di evoluzione, ed è commovente.

Duki – “Goteo”

A volte ci scordiamo che l’America Latina è un continente intero, e che quindi non dobbiamo fermarci ai suoi nomi più in vista per esaltarci—”Goteo” dell’argentino Duki ha il potenziale per essere una hit internazionale.

Bon Iver – “Naeem”

Non era scontato che Justin Vernon continuasse il percorso di decostruzione musicale che aveva intrapreso con 22, A Million senza stancare, e invece. “Naeem” è un capolavoro di speranza ed emozione.

Lana Del Rey – “hope is a dangerous thing for a woman like me to have – but I have it”

Prima Lana era una femme fatale patriottica. Oggi è un’artista completa, impegnata e padrona della propria sessualità. Al termine del viaggio introspettivo fra acque tenebrose che è il suo ultimo album, Lana conserva la speranza e chiude il cerchio con uno spiraglio di luce.

JPEGMAFIA – “Jesus Forgive Me, I Am A Thot”

Quest’anno JPEGMAFIA ha fatto il salto di qualità. Cioè, intendiamoci: sono anni che grida e sputa contro qualsiasi cosa, e perde sudore in giro per il mondo. Ma oggi ad ascoltare mine come “Jesus Forgive Me” ci sono migliaia e migliaia di persone, non cento esaltati.

DaBaby – “INTRO”

Il pezzo più forte di DaBaby finora, il primo in cui non spacca e basta ma spacca e ci fa emozionare raccontandoci la sua vita.

Danny Brown – “Theme Song”

Una canzone ubriaca, stanca, destrutturata, stramba—proprio come il suo artista, che a oltre 40 anni dimostra che si può essere nelle prime linee del rap contemporaneo anche senza voler spaccare a tutti i costi.

Lous and the Yakuza – “Dilemme”

“Dilemme” ha sporcato di trap il pop francese—proprio come ha fatto Rosalía in Spagna e nel mondo. Un vortice di bellezza, strada e danza, sfarzo e semplicità, stile e malinconia.

Floating Points – “Last Bloom”

Floating Points è diventato una leggenda dell’elettronica e del clubbing internazionale pubblicando solo due album in dieci anni. Ci sarà un motivo, no? Se non è chiaro, basta ascoltare “Last Bloom”—un compendio di tutti i motivi per cui la sua musica sfugge alle descrizioni, dato che ha dentro di tutto.

FKA twigs – “mary magdalene”

Nel suo ultimo disco, Twigs racconta la sua esperienza di donna divorata e definita dal patriarcato—e lo fa meglio di chiunque altro, e “mary magdalene” è il pezzo in cui lo fa meglio.

Earl Sweatshirt – “EAST”

Impenetrabile, affascinante, apocalittico: Earl Sweatshirt è il prodotto del mondo di oggi e “EAST” è come suonerebbe tutto il rap se non fossimo ancora qua a convincerci che va tutto bene.

Have a Nice Life – “Sea of Worry”

Non è facile scrivere un classico come Deathconsciousness e avere ancora la capacità di far venire i brividi di terrore e ansia a chi ti ascolta, ma con “Sea of Worry” gli Have a Nice Life ce l’hanno fatta benissimo.

Lil Uzi Vet – “Futsal Shuffle 2020”

Una produzione spaziale con echi di Lorenzo Senni per il primo singolo tratto da Eternal Atake di Lil Uzi Vert, un fiume di parole da cui è un piacere farsi sovrastare, una outro leggendaria che campiona l’iper-memata intervista di Nardwuar a Uzi.

Stormzy – “Audacity (feat. Headie One)”

Un passaggio del testimone del rap inglese dal suo nome più brillante di sempre a uno dei suoi nomi più promettenti di sempre.

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