Cibo

Siamo andati alla scoperta dei migliori kebab di Bologna

Migliori Kebab di Bologna

Di cos’è fatta la cucina bolognese? Per chi la guarda da fuori la risposta sembra facile: tortellini, ragù, tagliatelle. E poi mortadella, tanta mortadella. Per chi invece la vive da dentro, la risposta è molto più complessa.

Bologna è una città universitaria. Bologna è una città dalla forte vocazione di sinistra (lasciateci il titolo ancora per un po’, li avete visti i risultati delle elezioni regionali, sì?). Bologna è una città le cui periferie stanno vivendo una gentrificazione galoppante mentre il centro si divide in quartierini gauche caviar. Bologna è mille cose tutte insieme, che si contraddicono l’una con l’altra e allo stesso tempo coesistono in un mosaico complesso e affascinante.

Videos by VICE

“In tutto il Medio Oriente con il nome kebab si indicano diverse preparazioni di carne cotta su spiedo. In Turchia kebab è lo spiedo di carne macinata, mentre döner è lo spiedo verticale rotante. In altre parti del Medio Oriente viene chiamata shawarma”

Migliori-kebab-di-bologna
Sulla sinistra Marco Sbailo, lettore di Munchies che ha dato il là all’articolo. Foto di Roberto Taddeo.

E così quando su Instagram un nostro lettore, Marco Sbailo, ci ha proposto di fare un articolo sul kebab, abbiamo subito pensato “ehi, perché no? Bologna è anche questo: il kebab”. Quello mangiato alle tre di notte o nella pausa pranzo universitaria. Quello buono però. Quello che, tanto per cominciare, non si chiama kebab.

Kebab a Bologna: Bella Istanbul 3

Kebab a Bologna
Burek

Ci troviamo con Marco da Bella Istanbul 3 in una mattina di sole. Siamo in via Carracci, dietro all’ingresso della famigerata alta velocità della stazione di Bologna, quella dove la leggenda dice si siano smarriti centinaia di viaggiatori e se tendi l’orecchio puoi ancora sentire le loro voci che chiedono “Dov’è l’uscita per il centro?”.

Bella-Istanbul-3
Bella Istanbul 3

Marco abita qui sopra e questo posto ce l’ha suggerito lui, dicendoci che il kebab sarebbe stato davvero, davvero buono. Tastan ci accoglie con tè caldo e burek al formaggio e agli spinaci. Gli chiedo subito del nome: 3 perché hanno altre succursali? No, sono 3 fratelli. E Istanbul è bella. Ok. In effetti non fa una piega.

1579258373134-Doner-kebab

La sua famiglia è curda e viene dalla provincia di Gaziantep, famosa per la sua tradizione enogastronomica (nel 2015 è stata nominata Città Creativa UNESCO per la Gastronomia). Si sono trasferiti qui spinti da motivazioni economiche, certo, ma anche e soprattutto perché come curdi si sentivano discriminati, “secondi cittadini”, mi spiega. Prima hanno aperto un locale a Trieste ma alla morte di un fratello (arruolatosi volontariamente contro l’ISIS) sono tornati in patria per un breve periodo, per poi tornare e riaprire un locale a Bologna. In menu hanno alcune specialità turche come il lahmacun, la pizza turca, o appunto il burek. In frigorifero occhieggio l’ayran, lo yogurt liquido e leggermente salato che in Turchia bevono a ogni pasto, usanza locale a cui ogni volta io, incurante del mio intestino, mi adeguo, con gli stessi, disastrosi risultati.

1579258606180-Pane-making-of

Il kebab già gira sul suo spiedo. Affrontiamo subito la spinosa questione dell’origine del nome: Tastan prova a spiegarmelo e io integro con qualche ricerca. In tutto il Medio Oriente con il nome kebab si indicano diverse preparazioni di carne cotta su spiedo (kababa è un’antica parola aramaica per bruciato). In Turchia kebab (o kebap) indica lo spiedo di carne macinata, mentre döner indica lo spiedo verticale di carne “sfilettata” che gira. In altre parti del Medio Oriente viene chiamato shawarma, in Grecia gyros.

La semplificazione in “kebab” è, ovviamente, un risultato della loro diffusione in Occidente – così come lo è il fatto di prepararli solo con pollo, tacchino o manzo, e non con agnello o montone. Da Bella Istanbul 3 lo comprano già pronto da un fornitore che fornisce loro anche il resto: spiedo, coltello elettrico, carne (pollo o tacchino o un mix delle due carni, Tastan non è molto chiaro su questo punto, credo soltanto per limiti linguistici). Perché non lo fate voi, chiedo? “La burocrazia è troppo complicata. Non ci conviene prepararlo da soli e comunque dovremmo congelarlo. Però noi li compriamo da un fornitore molto buono, la qualità è alta, e anche il prezzo.”

1579258584324-Doner-making-of
Kebab Bologna Doner

“Non è conveniente investire sulla qualità di locali che comunque verranno tendenzialmente considerati un ripiego da mordi e fuggi”

Cosa pensano degli altri kebabbari a Bologna? “Di solito sono sporchi. Li guardo e penso: non vorrei entrarci. Il döner è grasso, è importante mantenere la pulizia. In generale è più difficile venderlo in Italia che in Olanda e Germania: da voi la cucina è più ricca e più leggera.” E questo potrebbe spiegare, secondo Tastan, perché si trovano così tanti kebabbari “industriali” e così pochi imprese “artigianali”: non è conveniente investire su locali che comunque verranno tendenzialmente considerati un ripiego da mordi e fuggi, da cui non ci si aspetta granché se non riempirsi la pancia e spendere poco.

Nel frattempo inizia a prepararci il kebab. Impasta il pane con l’impasto della pizza e lo cuoce nel forno elettrico. Aggiunge verdure fresche, patatine, ketchup e maionese – ma ci tiene a specificare che lo fa solo perché glielo chiedono: fosse per lui metterebbe soltanto salsa yogurt e salsa piccante. Il panino kebab viene 4 euro, il piatto kebab 6 (e nel menu figura anche una pizza kebab a 6 euro). Io addento, il fotografo addenta, tutti addentiamo. Com’è? Buono (provateci voi a trovare più aggettivi per descrivere un kebab). Nettamente superiore alla media. Sicuramente la qualità del pane gioca un ruolo fondamentale rispetto alle classiche pite congelate che si trovano in giro.

Al Salaam

1579258926025-Palestinese
Omar-e-Luay

La nostra prossima tappa è una vecchia conoscenza, la caffetteria palestinese Al Salaam. Io sono di parte ma questo posticino è davvero uno dei miei preferiti a Bologna: non è solo per l’eccellente qualità dei prodotti utilizzati, la varietà e la gustosità dei piatti e il rapporto qualità-prezzo, ma per l’accoglienza che vi si respira e per la simpatia di Jamil, ora affiancato dai figli Luay e Omar, che mi spiega come “ormai gli spiedi per kebab li sponsorizza anche la Coca Cola. Adesso li trovi anche a Gerusalemme. La maggior parte è robaccia chimica, industriale. Noi preferiamo farci tutto in casa.”

Shawarma
1579258954365-Te-alla-salvia

“Secondo il report annuale di Just Eat a Bologna l’asporto più richiesto è proprio quello di cucina libanese, cresciuta del 620%”

“Vista la difficoltà di costruirci uno spiedo abbiamo deciso di preparare la shawarma in padella. Mariniamo il pollo con spezie e cipolla e lo serviamo nel panino con le nostre salse. Anche loro preparate in casa: il ketchup qui non lo vedrai mai, ce lo chiedono sempre ma non cediamo,” mi spiega Omar. Il risultato è decisamente diverso dalla shawarma a cui siamo abituati: il pollo, le salse e le spezie sono in equilibrio impeccabile, la carne è tenera, il pane morbido, si legano bene e danno vita a bocconi incredibilmente soddisfacenti. 5 euro. Al Salaam, hai vinto ancora una volta. Beviamo un tè alla salvia e proseguiamo.

Beirut Snack

1579259130105-Beirut1

Passiamo a Beirut Snack. Il locale libanese in via delle Moline è diventato un “caso” nel 2019, quando è risultato essere il primo ristorante bolognese per Tripadvisor su 1.397, provocando una caterva di titoli di giornale del tipo “falafel batte tortellino” (ogni volta che penso di non saper fare i titoli dovrei leggere i quotidiani). Non solo: secondo il report annuale di Just Eat a Bologna l’asporto più richiesto è proprio quello di cucina libanese, cresciuta del 620%.

1579259185876-Beirut2

Provo a ottenere più informazioni dal proprietario Bassam Daoud, ma lui mi guarda con l’occhio perplesso di chi non ha molto bisogno di giornalisti che fanno foto all’ora di punta (prevalentemente lavoratori e non studenti, noto con stupore), e non vuole farsi la foto.

Però mi spiega che la shawarma la fanno loro a mano e mi indica le spezie con cui la marinano, tutte scritte sul menu. Il panino costa 5 euro, il piatto 10 e comprende anche hummus, fattush (insalata di verdure e pane croccante) e mutabal di ceci e melanzane. Al posto delle patatine gli chiedo le rape libanesi sottaceto: deliziose. Della shawarma, invece, non riesco a percepire al palato una sostanziale differenza con quella “industriale”. Come rapporto qualità-prezzo viene nettamente stracciato dagli altri due.

Sham Cibo Siriano

1579259354830-Sham2

L’ultima tappa è Sham Cibo Siriano, un localino dall’aria sgarrupata in via Fondazza, pochi sgabelli e foto dei piatti alle pareti – appare subito evidente che la fruizione prevalente del cibo sia d’asporto. Non riusciamo a strappare molte parole al proprietario ma basta un occhio al menu per capire che qui non si scherza.

Oltre al panino shawarma con petto di pollo e crema d’aglio ci sono altri nove tipi di panini solo con pollo tra cui il kufta (che viene descritto come “marinato nel prezzemolo”: sospetto che la spiegazione di alcune procedure venga nettamente semplificata a uso e consumo dei nostri palati italiani) o il sodet jak (fegato) con pollo. Tutti 4,50 euro.

1579259384962-Sham1

Dopo tre kebab in due ore, però, iniziamo a sentirci leggermente affaticati. Stavolta bariamo un po’ e proviamo qualcosa di nuovo, che ci era stato consigliato come una delle specialità della casa: i kebbè. Prendiamo il piatto misto con baba ganush, foglie di vite (waraq enab), insalata tabulè e le simpatiche palline fritte di carne e patate. È tutto molto abbondante e gustoso.

Babilonia

Al nostro giro kebab mancherebbe l’ultima tappa: Babilonia. Quando vi abbiamo chiesto su Instagram quale fosse il vostro kebab preferito, la risposta è stata quasi unanime, il locale in via del Pratello che avevamo trovato chiuso nel nostro giro di mangiari notturni a Bologna. Ci è andata male anche stavolta: a pranzo è chiuso. Ci dispiace non riuscire a fargli delle foto: sia io che il fotografo abbiamo più volte apprezzato la loro pita gyros, l’equivalente greco della shawarma, e le loro pakora, frittelle di verdure e farina di ceci, mangiate in piedi con una birretta.

Una multiculturalità unta chiassosa che a Bologna, va detto, calza molto bene.

Segui Giorgia su Instagram.

Segui Roberto su Instagram.


Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram.