Isabel è autrice di Lebasi, un podcast dedicato alla salute mentale realizzato in collaborazione con il Centro Clinico Spazio FormaMentis di Milano.
Crearsi delle aspettative è funzionale e più che normale, ma avete presente il classico “io mi aspettavo che…” detto dopo un comportamento che ha disatteso un nostro pensiero? È una di quelle frasi che si pronunciano spesso in coppia—e non solo—e che possono diventare uno scoglio: non solo quando ci aspettiamo che gli altri si comportino in un certo modo, senza aver condiviso questa aspettativa, ma anche quando siamo noi stessi a immaginare le aspettative degli altri e a adottare determinati comportamenti senza che nessuno ci abbia chiesto di farlo.
Videos by VICE
Sembra un gioco di parole contorto, ma non è complicato. È uno dei temi che ho toccato con Laura Fortunati, psicoterapeuta e socia fondatrice di Spazio FormaMentis di Milano, con cui ho parlato delle questioni che emergono più di frequente nelle sedute rispetto al rapporto di coppia. Le aspettative sono appunto il tema più ricorrente, insieme alla gelosia, alla dipendenza dall’altro e alla resistenza ai cambiamenti.
Spoiler: tutte questioni risolvibili, in coppia appunto. Perché a lasciarsi basta uno, per stare bene bisogna essere in due.
Le aspettative immaginarie nella coppia
Di cosa parliamo quando parliamo di aspettative immaginarie? Citando la dottoressa Fortunati, si tratta di aspettative desiderate e non espresse nella relazione e che, proprio per questo, potrebbero creare frustrazioni “croniche”.
Esistono poi aspettative immaginate sull’altra persona, ovvero aspettative che questa può anche non avere mai espresso, ma che noi costruiamo nella nostra mente—in pratica, quelle situazioni in cui “una persona costruisce la sua amabilità sulla possibilità di andare incontro alle aspettative degli altri, cercando di essere amata per come si dimostra all’altro e magari escludendo dei propri bisogni.”
Il fenomeno è molto diffuso, perché diffusa è la costante ricerca di sicurezza esercitata attraverso il controllo: “A volte si ha il bisogno di tenere tutto sotto controllo, o quantomeno di avere la sensazione, di avere tutto sotto controllo,” spiega Fortunati. In questo modo “la nostra mente vaga e prova a rispondere anticipatamente alla domanda: cosa si aspetta da me l’altra persona?”
Oltre al fatto che in questo scenario ci si focalizza sull’altro più che su noi stessi, nel pratico entrano in campo diverse conseguenze sul piano relazionale, primi campanelli d’allarme che qualcosa potrebbe andare storto: “A un certo punto”, continua Fortunati, “sentendoci costretti a certi comportamenti per compiacere l’altro, sale la frustrazione, e ci si ritrova magari a rispondere in modo rabbioso a determinate richieste.” Il passo successivo in questi casi è spesso il senso di colpa “per la nostra reazione, pensando o intercettando il disagio dell’altro.”
Siamo quindi persone orrende? La risposta che trovo nelle parole della dottoressa Fortunati è, ovviamente, no. “Siamo animali sociali, biologicamente orientati a creare prossimità con i nostri simili, proprio perché senza questa prossimità non abbiamo garanzie di sopravvivenza.”
Le aspettative hanno indubbiamente a che fare con la percezione anche immaginata, sperata, della sicurezza della relazione. “Purtroppo, a volte,” chiude Fortunati, “possono ostacolare il raggiungimento del nostro benessere.” Per questo l’unica cosa che possiamo fare è “prenderne atto, imparare a riconoscerne i processi e provare a chiederci, per esempio, qual è il nostro bisogno presente e come l’altro potrebbe rispondere, decidendo poi cosa fare: è un primo passo di consapevolezza.”
La gelosia irrazionale nei confronti del passato
Un altro aspetto ricorrente nella relazione può essere la gelosia, e in particolare quella nei confronti del passato.
Solitamente se ne fa esperienza nei primi periodi, quando dedichiamo il nostro tempo alla conoscenza dell’altro—quando ancora ci si annusa e si sta capendo chi si ha di fronte. “All’inizio di una relazione è normale da una parte volersi far conoscere anche attraverso i racconti del proprio passato, e dall’altra, voler ascoltare le confidenze dell’altro.” Queste rivelazioni, così le chiama Fortunati, “sono fatte in totale libertà proprio perché all’inizio non ci si conosce e non si sa esattamente che tipo di impatto questi racconti possono avere sull’altra persona. Il cortocircuito si innesca quando usiamo questi racconti e queste confidenze in un certo modo. Ovvero, per esempio, quando chiediamo: tu mi hai detto quella cosa/con quella persona hai fatto quelle cose, e perché con me non le fai?”
Se vi state rivedendo in quanto appena letto, non vi preoccupate, siete in grande compagnia. Per Fortunati, “Quando si è ingaggiati in un sentimento di gelosia retroattiva, il sistema della ricerca di sicurezza è sempre attivo e la situazione psicofisica è quella dell’allerta.” È quanto succede anche quando si crede che “la sicurezza nel legame dipenda dal trovare alcuni dati assoluti, certezze: ‘io devo essere il/la migliore partner che lui/lei abbia mai avuto’. Dato che questa assunzione assoluta è impossibile da stabilire,” continua la dottoressa, “si entra in un loop creato dal dubbio costante: ‘posso essere sicuro/a in questo legame?’”
A livello relazionale, i comportamenti attuati possono essere piuttosto distruttivi tanto per sé che per l’altra persona, spesso sconfinando nella “profezia che si auto avvera”—per esempio, pretendendo continue rassicurazioni da parte del partner, si può esasperare il controllo sull’altro e determinare il temuto all’allontanamento (che può manifestarsi in vari modi).
Gelosia del presente, dipendenze e cambiamenti
Oltre al tema della gelosia del passato, è molto presente nelle sedute di psicoterapia anche il tema della gelosia del presente. Quella che si innesca quando di “si entra quasi in competizione con le persone vicine al partner, anche con quelle che non hanno nulla a che vedere con la sfera dell’intimità sessuale, e si ha in qualche modo paura di loro.” Anche qui, spiega Fortunati, “sembra sempre attivo il sistema di allerta: il ‘detective’ che indaga e intercetta tracce (comportamenti, segnali, emozioni provate) che possono essere la prova di sospetti. Ci si racconta che in questo modo si vuole essere sicuri dell’altra persona, ma in realtà si alimentano la sfiducia e il sospetto.”
Altri, aggiunge Fortunati, sono i problemi che derivano dalle storie in cui “tu sai che l’altro non ti dà la relazione che vorresti o non ti dà quello che tu vorresti, ma rimani lì.” Restando appesi in queste situazioni è tipico ritrovare l’insicurezza: “da una parte abbiamo paura del vuoto che il troncare la relazione potrebbe lasciarci, e dall’altra abbiamo la paura del nuovo, di quello che potrebbe venire nel futuro.” Questo perché a volte ci fa più paura l’ignoto, quello che non conosciamo, piuttosto che la sofferenza che proviamo—che proprio perché conosciamo molto bene, vediamo come più certa e sicura.
Altro caso ancora è quello della resistenza al cambiamento fisiologico della coppia, il cui emblema è rappresentato dalla presenza o progettualità di avere un figlio: “sia prima della nascita, quando si decide di procrastinare per paura dell’impatto che la nascita potrebbe avere nella vita della coppia, sia dopo la nascita, o ancora quando bisogna tornare in due e i figli escono di casa. Anche qui il timore del nuovo può opporre resistenza a un cambiamento desiderato, che prefigura la necessità di trovare un nuovo equilibrio all’interno della coppia.”
In tutti questi casi, chiude Fortunati, “Un passo importante è quello di poter riconoscere le proprie paure, accettarle—dato che spesso non ci permettiamo di sentire paura ma nello stesso tempo ne siamo guidati—aiutandoci a trovare la nostra possibilità di benessere, con noi stessi e nella relazione.”
Ogni settimana, in 10-15 minuti, il podcast Lebasi propone un tema e una mappa per (provare a) vedere le cose da un altro punto di vista. Ascoltalo su tutte le principali piattaforme.