Mi chiamo Davide, ho 28 anni, e sono affetto da acondroplasia—che altro non è che una forma di nanismo, la più diffusa. A sette anni ho fatto il mio primo intervento ortopedico di raddrizzamento delle tibie, e nel 2002 ho cominciato un percorso di allungamento arti. Ero alto 127 cm, e anche se ero abbastanza autonomo le difficoltà erano molte: dovevo ingegnarmi per raggiungere oggetti posizionati troppo in alto, per arrivare al bancone del bar e via dicendo.
Al di là di questi inconvenienti fisici, poi, per diverso tempo questa situazione è stata fonte di imbarazzo. Le prime domande sono arrivate all’asilo, sulla spinta dei miei compagni, quando ho iniziato a interrogare mia madre sul perché fossi più piccolo degli altri. A volte mi chiedevano quanti anni avessi: se dicevo la verità si domandavano se non stessi mentendo, credendomi invece quando affermavo di avere qualche anno in meno. Crescendo, e passando per elementari, medie, superiori e università, le discriminazioni non sono mancate—soprattutto dai miei coetanei—ma dalla mia ho avuto sempre la fortuna di trovare qualcuno che mi aiutasse nei momenti difficili.
Videos by VICE
Tra questi, il periodo in assoluto più duro è stato quello delle operazioni per l’allungamento degli arti. La mattina andavo a scuola, e il pomeriggio lo dedicavo alle medicazioni e fisioterapia: un calvario, principalmente perché mi sono reso conto per la prima volta di quanto ero vulnerabile. Terminato quel periodo, in cui avevo guadagnato 15 centimetri di altezza, ho cominciato a organizzare eventi e lavorare come vocalist nelle discoteche. Capitava anche nei locali, ogni tanto, di trovare qualche idiota che si prendeva gioco del mio aspetto fisico, ma con gli anni ho notato che questo genere di esperienza capita a tutte le persone che vivono una vita nella “diversità” e che non per questo rinunciano a metterci la faccia. Una volta capito questo, fa meno male.
Oggi, dopo l’operazione per l’allungamento del femore, l’intervento più doloroso e complicato, sono arrivato a 157 cm di altezza. Ma le domande che mi vengono rivolte più spesso non sono cambiate troppo—mentre tante altre non mi vengono mai poste. Qui sotto ho raccolto qualche esempio di entrambe le categorie, e le risposte che oggi posso dare a riguardo.
DOMANDE CHE MI VENGONO POSTE IN CONTINUAZIONE:
– È offensivo essere chiamato nano?
– Davvero ti sei allungato gli arti? Come funziona? Ti hanno inserito un osso esterno? Gli interventi sono dolorosi?
– È vera la regola della L?
– Davvero ti sei laureato?
DOMANDE CHE MI VENGONO POSTE TROPPO RARAMENTE:
– Con i vestiti come fai?
– Come mai sei nano? Hai parenti nani?
– Come fai a guidare la macchina?
– Ti sono mai stati offerti lavori legati alla tua statura?
– Qual è l’offesa che ti ha dato più fastidio?
LE RISPOSTE A QUESTE DOMANDE—A QUANTO NE SO ORA:
In passato essere chiamato nano mi dava fastidio, mi faceva sentire diverso, nonostante facessi di tutto per non darlo a vedere. Dai 26 anni, le cose sono cambiate, ho imparato ad accettare il termine e oggi non mi ferisce più. Ad oni modo non lo trovo offensivo, proprio per il fatto che se definiamo una persona alta, gigante, nano è l’opposto.
Inoltre dipende dall’accezione che si dà alla parola nano, e in questo la televisione e i media aiutano molto a cambiare la percezione di te da parte degli altri. L’ho notato negli ultimi anni: mi capita ogni tanto per la strada di sentirmi dire “guarda c’è Tyrion” (Tyrion Lannister del Trono di Spade). Credo che le persone affette da nanismo debbano molto alla sua figura: il personaggio nella serie è tenuto in considerazione per la sua intelligenza, l’astuzia e l’ironia.
Personalmente, però, di fronte a proposte di lavoro in cui la mia statura è l’attrazione principale rifiuto semplicemente. Paghiamo stigmatizzazioni del passato che in alcune menti vivono ancora, e accettare lavori marginali in cui sei scelto per le tue caratteristiche fisiche può fare solo male alla categoria.
Per rispondere alla domanda sull’acondroplasia nello specifico, i miei genitori non sono affetti da nanismo, e ciò ha sempre creato un po’ di curiosità nelle persone che non sanno molto di questa condizione. L’acondroplasia è dovuta ad una mutazione del gene FGFR3, situato al livello del cromosoma 4, e l’allele responsabile è letale allo stato omozigote.
Il metodo più diffuso per l’allungamento degli arti è chiamato “Ilizarov“: tramite intervento chirurgico si crea una frattura all’osso che si vuole allungare, e si distanziano le estremità con un fissatore esterno. Girando le viti tre volte al giorno si può crescere quotidianamente di un millimetro. Io ho allungato tibia, perone, omero e femore, sia per armonia che per un discorso di autonomia. Sono tutti interventi molto lunghi e dolorosi. Le ferite si aprono, i muscoli si allungano, per questo bisogna fare esercizio di fisioterapia e medicazioni quotidiane. E fare uso di antidolorifici.
Quanto alla famosa “legge della L”, secondo me è una cavolata inventata per creare una mitologia sulle persone nane: in realtà, le dimensioni sono normali. Altrettanto normale, nonostante comunemente si pensi il contrario, è la questione dell’abbigliamento. Per il busto uso maglie, felpe, e t-shirt di taglie normali. I pantaloni invece li faccio accorciare dopo averli acquistati. Non uso mai vestiti da bambino. Fortunatamente quasi tutte le auto di nuova generazione, hanno il sedile anteriore che si può regolare in estensione ed in altezza. Concluso il percorso di allungamento agli arti non ho bisogno di particolari modifiche per poter guidare una macchina.
Infine, e premesso che chi lo faceva non ha fatto molta strada nella vita, l’offesa che più mi sono sentito dire è: nano malefico.
Segui Davide su Twitter
Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: