Una delle tante cose che ti trovi a riconsiderare crescendo è il modo in cui vedevi persone più grandi di te: da piccola pensavo “adulte” persone che hanno l’età che ho io oggi—sebbene io, come molti dei 27enni che mi circondano, fatichi a definirmi tale.
Stando a quanto emerge dall’ultimo studio in materia, non si tratterebbe solo di una percezione soggettiva, ma di un fenomeno più ampio: in Italia si viene considerati adulti sempre più tardi, e oggi la “gioventù” arriva fino ai 52 anni.
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A rivelarlo è un sondaggio realizzato da Demos e Coop, e pubblicato ieri su Repubblica. Lo studio si basa su un campione di circa 1300 persone, divise in sei fasce di età: da quella più giovane che comprende le persone tra i 15 e i 24 anni, a quella dei più anziani, dai 72 anni in su.
Analizzando le risposte fornite dagli appartenenti a queste diverse fasce, si vede come la soglia dell’età adulta si sposta man mano che si va avanti con gli anni: se i più giovani indicano la fine della gioventù a 42 anni, per i più anziani la stessa soglia è a 62—con la media complessiva che si stabilisce a 52 anni. Lo stesso si verifica di riflesso anche nello stabilire l’inizio della vecchiaia—che arriva a 70 anni per i più giovani e 80 per i più anziani, per una media di 76 anni.
Senza chiamare in causa sociologia e luoghi comuni, è chiaro che questo dato non può essere avulso dal contesto: stipendi bassi, posto fisso sempre più difficile da ottenere, l’autonomia dalla famiglia sempre più tardiva—tutti fattori che necessariamente vanno a ritardare il momento in cui ci si considera adulti.
Benché significativo, questo non è l’unico dato interessante che emerge dalla ricerca. Agli intervistati è stato anche chiesto quali tra vari aspetti della loro vita giudicassero più importanti, e il loro livello di fiducia nei confronti di diversi temi e istituzioni.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, oltre alla solita divisione per età, i risultati sono anche stati messi a confronto con quelli del 2013. Sono emerse principalmente due cose: la prima è che la religione è quasi completamente assente dalla vita dei giovani; la seconda è che la stessa sorte tocca alla politica, con risultati che però variano poco a seconda delle fasce d’età. Nella scala dei valori, insomma, religione e politica contano per pochi giovani, mentre quasi unanime è il consenso sull’importanza di istruzione e indipendenza.
L’ultimo tema è quello della fiducia: quasi la metà dei giovani ha fiducia nell’Europa—percentuale sensibilmente più alta di quella relativa agli anziani—e la stessa fiducia emerge nel futuro e nella globalizzazione, mentre si mostrano freddi nei confronti di internet (verso il quale solo la metà dei giovani esprime fiducia).
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