Chi sono i minimalisti italiani, quelli che decidono di possedere il minimo indispensabile

La minimal art degli anni Sessanta, con le sue linee fredde e i materiali industriali, nasceva in polemica con l’eccessiva emotività dell’impressionismo e della pop art. In letteratura, scrittori come Hemingway e Carver hanno usato uno stile asciutto e semplice per raccontare la quotidianità nei suoi aspetti più ripetitivi. La musica minimal si basa sulla ripetizione di melodie brevi e immediate. L’aspetto comune salta all’occhio: il bisogno di ritornare alle origini e all’essenziale, eliminando tutto ciò che è eccessivo e ridondante.

Lo spunto è così semplice che viene da chiedersi perché non sfruttare lo stesso approccio con il flauto delle medie incastrato in un angolo della libreria o con la kefiah puzzolente che ci ricorda le manifestazioni del liceo. Alcuni l’hanno fatto, non solo in vista di un trasloco ma come scelta di vita: possedere poco per dare più valore a ciò che si ha, come reazione nei confronti del consumismo ma anche del feticismo degli oggetti che trasforma le case in musei della vita dei loro proprietari.

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È il minimalismo, una filosofia di vita ideata dal giornalista, autore e guru giapponese Fumio Sasaki, che individua nel distacco dagli oggetti e nel “decluttering”—liberarsi del superfluo—la chiave per una vita più felice e soddisfacente. Oggi vanta adepti felici e soddisfatti in tutto il mondo, così abbiamo deciso di parlare con un po’ di minimalisti italiani per sapere come hanno deciso di cambiare il proprio stile di vita e rinunciare a cose che fino a poco prima gli sembravano fondamentali.

LAURA, 41 ANNI, TRADUTTRICE

VICE: Ciao Laura! Che cos’è per te il minimalismo?
Laura: “Minimalismo” vuol dire tutto e niente, è un concetto ampio che ognuno declina a modo suo. Per qualcuno è una cosa da fare una volta nella vita per liberarsi di roba accumulata, per altri è un modo di vivere che si estende anche ai rapporti con il denaro e le altre persone. Per altri ancora significa solo cambiare: lavoro, casa, partner e molto altro. Forse l’unico elemento comune in tutto questo è la consapevolezza e il coraggio di farsi delle domande su chi siamo e cosa vogliamo dalla nostra vita, e di darsi risposte oneste.

Per me minimalismo vuol dire semplificare: distinguere quello che è veramente importante e che contribuisce alla tua felicità da quello che è superfluo e non ti fa stare bene. Mi concentro su ciò che rientra nella prima categoria e lascio andare tutto il resto. È un processo lungo e non è semplice.

Quando e come hai deciso di adottare uno stile di vita più essenziale?
Posso darti addirittura una data esatta: il 14 luglio 2010. Quel giorno ho letto un articolo sul minimalismo e ho scritto di getto il primo post del mio blog, che parla della sensazione di avere “troppe cose.” Da lì è cominciato il mio percorso di riflessione e di semplificazione, in cui ho coinvolto anche mio marito. Adesso lo stiamo portando a termine vendendo la nostra casa, con l’intenzione di trasferisci in un’altra città ma di non comprarne un’altra.

Da dove consiglieresti di iniziare per chi volesse avvicinarsi al minimalismo?
Esistono tante declinazioni anche molto diverse del concetto, per cui è difficile rispondere. Il punto di partenza classico (lo è stato anche per me) è il decluttering, ossia l’eliminazione del superfluo. Ma ridurre il minimalismo solo a questo è una banalizzazione: la mia idea è che per godere veramente dei frutti del minimalismo occorra andare oltre, ma questo implica una serie di riflessioni anche difficili che non tutti sono disponibili a fare.

Quanto è difficile essere minimalisti nella società di oggi?
Dipende. Se per “essere minimalista” intendiamo liberarci del superfluo non è difficile, va anche di moda. Se invece lo intendiamo nel senso più profondo di cui parlavo prima è molto più complesso. Perché è difficile andare avanti in una direzione diversa rispetto a quella della maggioranza delle persone, e ancora più difficile è prendere atto che finora la nostra direzione è stata sbagliata.

Il passo più difficile credo sia proprio questo, l’acquisire consapevolezza, che è naturalmente nemica del consumismo indiscriminato propinatoci dalla società di oggi: televisione, pubblicità, social media ecc ci propongono proprio un modello opposto.

Se qualcuno ti regala un oggetto perfettamente inutile, cosa ne fai?Ormai non ne ricevo più, tutti i miei amici sanno bene come la penso e non ci provano nemmeno. Quando capita si tratta di solito di regali fatti tanto per, da conoscenti o persone che si sentivano in obbligo di regalarmi qualcosa. In questi casi ovviamente ringrazio ma poi mi libero dell’oggetto senza rimorsi regalandolo o vendendolo.

MARIA ELENA, 24 ANNI, ARCHITETTO

VICE: Cosa significa per te essere minimalisti?
Maria Elena: Per me è uno stile di vita, un modo in cui si tenta di vivere con l’essenziale, eliminando il superfluo e tutto ciò che non aggiunge valore alla nostra vita.

Come reagiscono le persone quando parli di questo tuo stile di vita?
C’è chi pensa sia un po’ una pazzia pensare di vivere con poche cose, che sia “necessario” avere molto o che una casa con poche cose non sia accogliente. Di solito queste persone cambiano idea quando iniziano a frequentarmi di più. Altre persone invece sono da subito curiose e ben disposte, o addirittura mi chiedono informazioni per fare donazioni di oggetti ad associazioni e persone che potrebbero usarli meglio di quanto facciano loro.

Che oggetti hai in camera e quanti vestiti hai nell’armadio?
La mia camera è molto piccola. Non è stato sempre così, prima stavo in 100mq da sola e il cambiamento è stato molto graduale. Durante l’ultimo trasloco sono stata molto felice di riuscire a portare tutto da una casa all’altra in un viaggio solo.

Ho una dozzina di libri, tutti su una mensola. Di solito regalo i libri appena li finisco, conservo solo quelli più speciali o che devo ancora leggere. Nell’armadio ho pochissime cose ma scelte con cura, preferisco avere vestiti che mi durano piuttosto che qualcosa che avrà una vita breve e diventerà presto un rifiuto. Non devo nemmeno fare il cambio di stagione. E a differenza di ciò che pensano in molti non mi vesto solo di bianco e nero.

Possiedi degli oggetti che hanno valore sentimentale?
Ogni cosa che ho ha un valore sentimentale e ci sono affezionata. È questo il bello del minimalismo: avendo poche cose, tutto ciò che hai è speciale.

Qual è l’oggetto che hai fatto più fatica a buttare via?
Non ce ne sono stati. Quando mi veniva voglia di conservare qualcosa di non essenziale dicevo a me stessa: “Voglio davvero che questo oggetto occupi parte del mio spazio fisico e mentale?” Se la risposta era no, me ne liberavo.

Credi che il minimalismo sia destinato a diffondersi o rimarrà una filosofia di nicchia?
Penso che sia destinato a diffondersi. Il mondo ha bisogno di disfarsi della cultura dello spreco. E poi una volta che lo provi non vuoi più tornare indietro.

SILVIO, 40 ANNI, GIORNALISTA E CONSULENTE DI COMUNICAZIONE

VICE: Come sei approdato allo stile di vita minimalista?
Silvio: Dunque, a un certo punto mi ci sono semplicemente ritrovato. A posteriori posso dire che forse la cosa che mi ha fatto scattare la molla è stata una frase di Antoine de Saint-Exupéry che dice: “La perfezione non si ottiene quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da togliere.” Mi è ricapitata tra le mani nel momento in cui stavo leggendo delle cose a proposito di Steve Jobs e questo mi ha acceso una lampadina: dovevo ridurre la confusione per fare spazio all’essenziale. È quello che io chiamo “minimalismo esistenziale“.

Come definiresti il minimalismo?
Quando se ne sente parlare l’associazione mentale che si fa è “qualcosa di meno.” Ma non è tutto qui. È un po’ come cercare il minimo comun denominatore in matematica: bisogna trovare l’essenziale e concentrarsi su di esso. Oggi abbiamo tutto ciò che desideriamo a portata di clic e non ci fermiamo nemmeno a chiederci se desideriamo davvero quella cosa, se ne abbiamo davvero bisogno. Al contrario, l’essenziale è ciò di cui non puoi fare a meno. In pratica il minimalismo è dedizione all’essenziale. È quello che resta tolto il rumore di sottofondo.

Ed è una filosofia che può abbracciare diversi ambiti, giusto?
Esatto. Si può applicare alle varie sfere della vita, dalla salute all’alimentazione, dal sonno al lavoro. Nell’alimentazione minimalismo significa non eccedere rispetto al proprio fabbisogno, nel lavoro significa dare le giuste priorità. Per lavoro la mia agenda è sempre piena di impegni e ogni giorno devo decidere cosa è fondamentale e cosa è superfluo, e non è una valutazione banale.

Nel campo della tecnologia, in generale, l’approccio minimalista è quello di ridurre il più possibile le distrazioni. Prima ad esempio consideravo Facebook una perdita di tempo, ma poi ho capito che in realtà mi serve molto per questioni lavorative. Così ho deciso di adottare un approccio minimalista anche lì: limitare i like alle pagine e declassare da amici a conoscenti le persone con cui non sono veramente in contatto. Sul mio iPhone lo sfondo è tutto nero, prima avevo la scritta “lascia perdere, piuttosto leggi.” Ho bloccato le notifiche la sera, quando sto in famiglia. Sono piccoli accorgimenti.

La tua famiglia cosa ne pensa?
Mia moglie ha uno stile di vita molto diverso dal mio. Su alcune cose ci scontriamo, su altre ci troviamo d’accordo, in ogni caso non c’è un progetto di minimalismo famigliare. Mia figlia è ancora un po’ troppo piccola ma in genere il problema sono i parenti che la sommergono di regali.

Ti sei mai pentito di esserti sbarazzato di un oggetto?
Il rimorso puoi averlo ogni volta che elimini qualcosa. Io cerco di non attaccarmi agli oggetti. Buttare le cartoline di quando ero ragazzo mi può dare la sensazione di perdere dei ricordi, ma la verità è che non ho bisogno di riguardarle per ricordarmi le cose davvero importanti e di quelle che non ricordo non sentirò la mancanza.

Rimpiangere di eliminare qualcosa è un po’ un controsenso, perché nel momento in cui lo elimini fai spazio a qualcos’altro. Per esempio nel mio armadio ho tre cassetti: uno di magliette, uno di maglioni e uno di pantaloni. Pesco i vestiti più o meno caso. Certo, mi dispiace non poter scegliere tra più cose ma la mia agenda è molto piena e il tempo che risparmio nel decidere come vestirmi posso impiegarlo in altro modo.

STEFANO, 25 ANNI, ANALISTA FUNZIONALE

VICE: Da quanto tempo ti consideri minimalista?
Stefano: Sinceramente mi ha sempre infastidito il disordine, ma ho iniziato ad avvicinarmi al minimalismo come stile di vita circa due anni fa, quando mi sono laureato. Finiti gli studi ho avuto modo di riordinare i libri, i fogli, i quaderni e tutte le cose relative all’università e mi sono reso conto di quante cose avessi, di quante cose inutili riempissero la mia stanza. Così ho deciso di buttare gli oggetti inutili e regalare quelli riciclabili. Dopo questa fase di riordino ho scoperto il minimalismo e ho iniziato a interessarmi a questo stile di vita, fino ad adottarlo.

È stato un percorso complicato?
Dipende. Per me non lo è stato particolarmente, perché ho ritrovato nel minimalismo tutto quello che mi faceva e mi fa stare bene. Se mai è stato complicato per coloro che mi sono vicini e che fanno fatica a comprendere le mie scelte e pensano che il mio stile di vita sia fatto di privazioni inutili.

Credi che chiunque potrebbe diventare minimalista?
Se sei mai andata in un centro commerciale durante il periodo dei saldi avrai notato quanta gente spende ore e ore di vita per fare lunghe code al solo scopo di acquistare. Non importa cosa, importa solo acquistare con gli sconti e “risparmiare”. Penso che queste persone non riescano a rinunciare all’acquisto. È una malattia che ormai si è impossessata delle loro menti e la cura non è semplice. Io credo che il minimalismo dovrebbe coinvolgere tutti quanti, ma credo anche che molti non riescano a scorgerne i benefici, soprattutto in un mondo iperconsumista come il nostro dove ogni giorno siamo bombardati da pubblicità di ogni genere.

Tu rifletti molto prima di fare un acquisto?
Certo, ci penso e ci ripenso più volte. Mi capita di andare a vedere il prodotto che voglio acquistare e poi tornare a casa a mani vuote per riflettere se è davvero qualcosa di cui ho bisogno. Non sono una persona che fa acquisti impulsivi, anche se ogni tanto vorrei comprare cose senza pensarci. Il minimalismo non deve essere costrizione e non deve essere forzato, deve essere qualcosa di naturale e che ti faccia stare bene.

Essere minimalisti in una grade città è più difficile secondo te?
No, anzi è anche più facile perché ci sono servizi come car sharing e bike sharing che in altri posti non potrei usare. E ci sono anche più luoghi di condivisione che non obbligano all’acquisto, come le biblioteche e gli uffici di coworking. Ci sono anche più cose interessanti da fare e quindi non sei costretto ad andare al centro commerciale per fare vita sociale o d’estate per l’aria condizionata.

C’è un oggetto di cui non potresti mai sbarazzarti?
Un orologio che mi hanno regalato i miei genitori. Oltre ad avere una storia sentimentale mi ricorda ogni giorno che il tempo non si può fermare, le lancette girano e se voglio fare qualcosa, è adesso il momento giusto per farla.

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