Il Congresso mondiale delle famiglie a Verona è una vergogna per tutti

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Tra circa dieci giorni a Verona si terrà il Congresso Mondiale delle Famiglie (World Congress of Families – WCF), il più importante meeting internazionale di gruppi e movimenti cosiddetti “pro-life”. Che l’evento si stia avvicinando lo si può apprezzare dal tenore delle ultime uscite dei rappresentanti delle principali associazioni dell’universo no-choice italiano coinvolte nell’evento, in risposta alle proteste e critiche della società civile e di parti politiche avverse. Ultimamente, ad esempio, presidente e vicepresidente del WCF di Verona, Toni Brandi e Jacopo Coghe, si sono paragonati ai “neri ai tempi della segregazione,” denunciando una “moderna caccia alle streghe pro-family, avvelenando il clima e alimentando un odio folle.”

Questo leggero vittimismo—misto al celebrato eroismo di messaggi come “salvare la famiglia”—traspare da buona parte della comunicazione legata al Congresso, presentato ad esempio come IL PIÙ PERICOLOSO EVENTO DELL’ANNO; OSTACOLATO DA EMMA BONINO; ODIATO DALLE FEMMINISTE DI TUTTO IL MONDO; TEMUTO DALLE ÉLITE; MESSO ALL’INDICE DAI RADICAL CHIC!” (e a proposito di questo, mi chiedo di quali élite si parli visto che nella lista degli speaker sono compresi governanti, intellettuali e nobiltà varia, tra cui Sua Altezza Serenissima, Gloria, la principessa di Thurn e Taxis o Luigi Alfonso di Borbone, Duca D’Angiò, discendente di Francisco Franco).

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Contrapposta a tutto questo “odio folle,” secondo gli organizzatori ci sarebbe una “testimonianza di bellezza e amore, condivisione e pace.”

Se si guardano inchieste e report pubblicati nel corso degli anni, a dir la verità, di amore non sembra essercene particolarmente. Sono abbastanza note a livello internazionale le connivenze e legami tra il WCF e l’estrema destra americana ed europea, nonché con gruppi neofascisti in Italia.

Per capire cosa arriverà a Verona alla fine del mese è quindi utile ripercorrere la storia del World Congress of Families, la cui nascita si fa risalire solitamente al 1995. In quell’anno, mi spiega Kristina Stoeckl, sociologa dell’università di Innsbruck che con il progetto di ricerca Postsecular Conflict da tempo analizza le reti attorno al WCF, lo storico statunitense Allan C. Carlson incontra in Russia Anatoly Antonov, demografo e professore nel dipartimento di sociologia all’Università statale di Mosca e insieme decidono di formare una ONG—il World Congress of Families, appunto.

Carlson, come ricostruisce Yàdad De Guerre sul blog d’inchiesta Playing The Gender Card, era presidente del think tank ultraconservatore Rockford Institute, all’interno del quale dirigeva il Center on the Family in America. Nel 1988 ha pubblicato un libro in cui sosteneva che “la famiglia formata da un uomo, una donna e i loro figli è un’istituzione che preesiste a ogni nazione o stato,” che “i governi o lo stato hanno un’infinita capacità di far male a o distruggere la famiglia” o che “quando le mogli e i figli ottengono nuovi diritti indipendenti da quelli dei loro mariti o padri (…) l’autonomia della famiglia ne soffre necessariamente e lo stato cresce.” Tra le convinzioni di Carlson, anche il fatto che gli abusi sui figli siano perlopiù un’invenzione giornalistica e che la violenza domestica cresca con il decadimento moderno del potere maschile—nonché con il femminismo.

Insomma: lo storico ha le idee piuttosto chiare su quella che definisce “famiglia naturale,” e nel 1995 viene invitato a Mosca da Antonov, suo estimatore, proprio per parlare di questo. Il periodo non è casuale: Stoeckl spiega che erano gli anni in cui l’ONU aveva organizzato due conferenze, nel 1994 al Cairo e nel 1995 a Pechino, dove si iniziava a parlare di diritti delle donne, dei bambini e degli omosessuali, fino a quel momento esclusi dalle discussioni sui diritti umani. “Questo era stato un campanello d’allarme per i gruppi conservatori americani, che li spinse a organizzarsi oltre i confini degli Stati Uniti. Il contatto con la Russia deve essere visto in quest’ottica,” dice la ricercatrice. Dal punto di vista russo, invece, “erano gli anni del caos post-sovietico, di un forte calo demografico e della rinascita del pensiero cristiano ortodosso.”

Il primo Congresso Mondiale delle Famiglie si tiene nel 1997 a Praga, e poi ne seguono altri: a Ginevra nel 1999, a Città del Messico nel 2004, a Varsavia nel 2007, ad Amsterdam nel 2009, a Madrid nel 2012, a Sidney nel 2013, a Mosca nel 2014, a Salt Lake City nel 2015, a Tbilisi nel 2016 a Budapest nel 2017 e a Chisinau nel 2018. Secondo Stoeckl, almeno per i primi dieci anni “la molla dietro i congressi è stata Carlson, che ha cercato di agganciarsi a gruppi che potevano essere interessati e che soprattutto avevano i mezzi, perché all’epoca non aveva sponsor potenti dietro.” La ricercatrice ritiene che in generale i congressi si sono sempre organizzati “perché si trovava qualcuno che li ospitava.”

L’obiettivo è quello di promuovere un modello di famiglia patriarcale, costituita da un uomo e una donna uniti in matrimonio, opporsi ai matrimoni gay, all’aborto e a ogni politica egualitaria o progressista riguardante sessualità, famiglia o identità di genere. “Sostanzialmente i gruppi che fanno parte del WCF vorrebbero che in tutti i paesi del mondo ci fosse un’unica famiglia riconosciuta, quella composta da un uomo e una donna. Solo che questo obiettivo richiede in ogni contesto politiche diverse. Ecco, una cosa che hanno fatto molto bene in questi anni è stato adattarsi,” mi dice Stoeckl. Se ad esempio, prosegue la ricercatrice, “in un paese si stanno per legalizzare i matrimoni omosessuali, allora il WCF tenterà di influenzare l’opinione pubblica o la politica a non farlo. Se la legge già c’è, il messaggio diventerà un altro. Comunque io ho l’impressione che il Congresso stesso dipenda molto da chi è forte in quel momento, da chi lo vuole e ha uno scopo preciso.”

Negli anni il WCF è diventato più grande e la sua organizzazione si è professionalizzata. Un primo cambiamento, secondo la studiosa, avviene nel 2012, quando la Russia inizia ad assumere un ruolo più importante: “I russi sono sempre andati ai Congressi, ma diventano attori principali successivamente, imponendo la loro agenda. Antonov non aveva contatti con la chiesa ortodossa russa, né aveva cercato di farla entrare dentro l’organizzazione.” Quello di cui parla Stoeckl succede successivamente, con l’arrivo di Alexey Komov, rappresentante in Russia del WCF—un personaggio definito “la chiave per il riallineamento del WCF a fianco dell’estrema destra europea,” e che incidentalmente è vicino alla Lega e ProVita onlus, tra le più famose organizzazioni no-choice italiane.

Il secondo punto di svolta è nel 2016. Fino a quel momento, spiega Stoeckl, “il WCF esisteva solo ai fini di organizzare ogni anno il congresso, non c’era un ufficio, si appoggiava solo all’Howard Center for Family, Religion and Society, e non c’era nemmeno un sito web adeguato. Tutto è cambiato quando Brian Brown è diventato presidente.” Il WCF ha preso una forma più chiara, ed è diventato un capitolo dell’International Organization for the Family (IOF), anche questa guidata da Brown, uno dei più influenti attivisti americani anti-LGBT nel mondo.

Lo scorso ottobre Brown ha incontrato a Verona Matteo Salvini, il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, il senatore Simone Pillon e i rappresentanti delle associazioni del network del WCF che stanno organizzando l’evento in Italia: Provita Onlus, Generazione Famiglia, Comitato Difendiamo i nostri figli, CitizenGo Italia—che poi sono le stesse dietro agli ultimi due grossi Family Day di Roma del 2015 e 2016.

La Lega non ha mai fatto mancare sostegno al WCF. E infatti il Congresso risulta appoggiato dal Comune di Verona e dalla Regione Veneto (entrambe di stampo leghista), ha ricevuto il patrocinio di Palazzo Chigi, ma soprattutto vede la partecipazione del ministro dell’Interno, di quello della Famiglia e di quello dell’Istruzione, nonché del senatore Pillon. Questa adesione massiccia ha creato qualche malumore nella maggioranza, con Luigi Di Maio che ha definito chi va a Verona una “destra di sfigati.”

Stoeckl spiega che il Congresso della Famiglie di per sé non è nato come un progetto politico, ma che i partiti sono “entrati in gioco in un secondo momento. Anzi: in realtà entrano ed escono.” È un fenomeno che si lega alla svolta conservatrice che ha coinvolto le destre europee dal 2012: “Prima erano più liberali, più progressiste. Ora sono tutti sostenitori della cristianità. Che poi è la stessa storia della Lega.”

Per capire il coinvolgimento della politica, secondo la ricercatrice, bisogna guardare alle posizioni del WCF: un’Europa cristiana contro l’Islam, contro l’Ue e contro l’ONU che promuovono diritti umani universali e protezione delle minoranze, per la sovranità legislativa nazionale. “Il WCF permette alle destre europee di unire questi obiettivi con una tematica, un linguaggio e un’iconografia molto benevoli, quella di essere per la famiglia. Per questo trova sostegno politico delle destre: i partiti scoprono questo ‘prodotto’ e lo trovano utile.”

La novità dell’edizione italiana è la risposta che si sta preparando all’evento, partita dal movimento femminista Non Una di Meno—che ha organizzato una tre giorni e un corteo—e accolta anche da diverse realtà della società civile. Secondo Stoeckl, è la prima volta che il WCF si trova a dover affrontare una contro-manifestazione.

Se si esclude questo, il Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona fino a questo momento sembra ricalcare lo schema degli altri WCF che si sono tenuti fino ad adesso: un intreccio di lobby, interessi e un’idea molto precisa di “famiglia” e del come “difenderla.”

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