Foto di Ivan Shwarz Mihajlovic. Tutte le altre foto sono dell’autrice salvo diversa indicazione.
A Belgrado L’odio va fortissimo. Il film di Mathieu Kassovitz è uscito nel 1995 e racconta un giorno della vita di tre amici delle banlieue parigine, subito dopo una sommossa popolare. Ha vinto premi, lanciato la carriera di Vincent Cassel ed è diventato un’opera di culto a livello internazionale, ma nella capitale serba la sua influenza è molto più profonda.
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Proprio come la pellicola, Belgrado è caratterizzata da toni grigi che sono il risultato dell’estetica post-comunista fusasi con la grande crescita urbanistica immediatamente successiva. Aggiungeteci graffiti ispirati a L’odio [La Haine], serate hip hop e tizi con citazioni e immagini di Vinz—il personaggio interpretato da Cassel—tatuate sulla schiena, e la cosa assume i contorni di un’ossessione.
INKE E SECURITY
(Foto di Marina Ćetković)
I rapper Inke (conosciuto anche come Vins Beats, o—da sua madre—Ivan) e Security (detto Vuk) vivono nel quartiere centrale di Donji Dorćol. Una cantina ospita lo Studio La Haine, uno stanzino che i vicini gli hanno dato il permesso di usare. Nonostante il processo di gentrificazione di cui la zona è oggetto da qualche tempo, questa parte del quartiere ha un aspetto particolarmente fatiscente—gli unici oggetti di valore nello studio sono un computer (il cui sfondo del desktop è una scena de L’odio in cui compaiono Vinz, Said e Hubert) e qualche microfono. I muri sono ricoperti di graffiti e confezioni di uova.
“L’odio è il nostro film preferito—è una storia di strada che ci ha ispirati molto,” mi ha detto Security. La sua canzone più famosa, “Besni” (“Incazzato”), racconta la frustrazione di vivere in un paese in cui la situazione è ancora precaria e la disoccupazione giovanile si attesta al 50 percento.
“I nostri pezzi parlano di problemi sociali e politici, quindi il collegamento con L’odio è stato automatico. In Francia coesistono diverse razze e religioni, ma l’idea di fondo—presente anche qui—è che tutti i ragazzi di strada siano uguali, che siano tutti dei delinquenti. Noi vogliamo far capire che ognuno è diverso, che ognuno ha la sua storia. Non abbiamo mai la possibilità di esprimerci, c’è sempre qualcuno che ci reprime.”
Il duo organizza anche una serata hip hop a tema L’odio. Ho chiesto loro se i ragazzi che la frequentano si sentano in qualche modo vicini a Vinz. “Ognuno interpreta il film a suo modo,” mi ha detto Inke, “Ma penso che il punto fondamentale sia che l’odio si paga con la propria vita.”
NEMANJA
Novi Beograd (Nuova Belgrado) è stata costruita alla fine della seconda guerra mondiale, in una delle tante “campagne per il lavoro” della Jugoslavia socialista. Con l’arrivo del capitalismo, è diventata il centro nevralgico della Serbia, unendo centri commerciali e uffici moderni ai blokovi, i classici palazzi dell’edilizia socialista simili ai mattoncini del Tetris che si distinguono unicamente per il numero.
Nemanja ha 29 anni e vive nel blocco 19A. Lavora per una compagnia assicurativa. Sulla schiena ha un tatuaggio con scritto: “Jusqu’ici tout va bien” (“Fino a qui tutto bene”), una citazione dal monologo di apertura de L’odio. “A un mio amico questo tatuaggio è piaciuto così tanto che se n’è fatto uno uguale. Poi un altro mio amico mi ha chiesto se poteva farselo anche lui—che dovevo fare, dirgli di no?” mi racconta, ridendo.
Il senso d’appartenenza, qui, è radicato di blocco in blocco. Ed è osservando Nuova Belgrado, la città più popolosa di tutta la Serbia, che si nota maggiormente la somiglianza con il mondo delle banlieue parigine mostrato ne L’odio. “Mi sono tatuato questa frase perché è una bella metafora,” mi ha spiegato Nemanja. “Ci trovo molte somiglianze con la persona che sono, con il paese in cui vivo e specialmente con il mio quartiere e le persone che lo abitano. Nel film il protagonista cade dal tetto di un palazzo; gli anni passano e fino a qui va tutto bene… È sopravvivenza, è una filosofia di vita. Non si può pianificare nulla, perché l’unica cosa che conta è che oggi vada tutto bene, e lo stesso domani.”
“Le banlieue parigine del film mi hanno ricordato molto il mio quartiere e in generale Nuova Belgrado. Forse è per questo che mi sono innamorato del film sin dalla prima volta che l’ho visto, quando ero piccolo. Penso che ai serbi piaccia perché siamo nella stessa situazione di cui parla. Viviamo ai margini dell’Europa, così come i personaggi del film, ebrei, arabi o neri che siano, vivono ai margini della città. Ma la differenza è che in Francia ad avere questi problemi è una piccola parte della società. In Serbia sono i problemi di tutti. Insomma, L’odio è uno dei miei film preferiti, ma non so se lo sarebbe anche se vivessi, per dire, in Svizzera.”
DEROX
Dalla cima di Lekino Brdo (la collina di Leka), si può vedere tutta Belgrado, dalle periferie fatiscenti al centro della città. Le strade strette, disseminate di vecchi negozi e piccoli edifici fatiscenti, sono ricoperte di graffiti. Per la maggior parte si tratta di semplici tag o ritratti di calciatori e di personaggi di Scarface e del Padrino disegnati con le bombolette. Guardando meglio, però, si nota anche un graffito che raffigura Vinz che punta una pistola contro lo specchio imitando il famoso monologo di De Niro in Taxi Driver.
“Ho iniziato a fare i graffiti quando Belgrado era ancora grigia,” mi ha detto Milan “Derox” Milosavljević, che è laureato all’Accademia di Belle Arti di Belgrado ed è l’autore di gran parte di questi disegni. “All’epoca non c’erano nemmeno cartelloni pubblicitari. Volevo colorare quel grigiore. All’inizio la gente protestava, ma poi ha imparato ad apprezzare la bellezza dei graffiti e mi è stato chiesto di farne altri.”
Oggi Derox fa il restauratore di libri alla Biblioteca Nazionale della Serbia, ma dato che è cresciuto per le strade di Lekino Brdo, anche per lui L’odio è molto importante.
“Una delle mie prime opere, e anche una delle più importanti, è il graffito di Vinz,” mi ha detto. “Penso di aver visto quel film 56 volte, forse di più. Ogni sera io e miei amici ci facevamo una birra e ce lo guardavamo. Così facendo abbiamo imparato un sacco di parole francesi, anche se non sapevamo cosa volessero dire. Ci identificavamo nei personaggi, perché tutto quello che gli succedeva capitava anche a noi. Quando cresci per strada, cose come le pistole sono normali. Paragonavamo ogni aspetto delle nostre vite a quelle de personaggi del film. E gli scontri di piazza nel film possono essere paragonati alla nostra Rivoluzione d’ottobre.”
L’anno prossimo il film di Kassovitz compirà 20 anni, mentre la Serbia—nonostante stia per entrare nell’Unione Europea—rimane tuttora in uno stato di transizione e crisi economica. Ma L’odio continua ad andare forte tra i giovani di Belgrado. “Ho sentito dire che un tizio che è stato assassinato in Montenegro aveva un tatuaggio di Vinz—non di una scena del film, ma del mio graffito,” mi ha detto Derox. “Quando l’ho saputo, ho fatto un graffito in sua memoria. Ho iniziato disegnando tutti e tre i personaggi—Vinz, Said e Hubert—qualche anno fa. Non l’ho ancora finito, ma lo farò presto.”