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Noisey Mix: The Dance Pit

Anuradha Golder, nome d’arte The Dance Pit, ha 24 anni ed è una delle mie DJ preferite che oggi popolano questa terra. Vive a NYC, nel Bronx, dov’è cresciuta e da cui ha assorbito tutta la linfa vitale che oggi la rendono la splendida persona che è. Nata in Bangladesh, ma culturalmente affiliata alla comunità latinx—ce lo racconterà lei stessa—con cui ha da sempre convissuto, Anuradha è la mente dietro a Club Etiquette, zine e clubnight itinerante attiva da un paio di anni, tramite la quale “cerca di preservare il senso di comunità e devozione alla musica intrinsechi negli spazi pensati per il clubbing”. Una sorta di etichetta, rivolta a promoter, organizzatori di serate, artisti o semplici fruitori, dove apprendere quali atteggiamenti sono potenzialmente dannosi durante una festa, come far fronte a determinate situazioni di oppressione/discriminazione, ma pure perché a volte è meglio paccare tutti e stare a casa, o com’è essere la ragazza del DJ. Tutto volto al miglioramento dell’esperienza in sé, nonché della salute del clubbing per come lo concepiamo in questa società. Oltre a zine, dicevo, Club Etiquette è anche una serata, organizzata da lei e da amici/amiche di fiducia che spesso contribuiscono anche alla stesura dei contenuti per la zine.

Musicalmente, dicevo, Anuradha è cresciuta a pane e reggaeton. C’è una tendenza curiosa, oggi, che riguarda l’approvazione occidentale di generi commerciali proveniente dall’industria musicale centro-sudamericana, primo fra tutti proprio il reggaeton. Le scene più sperimentali arrivano ad “accettarlo” solo se decostruito, rilavorato, irriconoscibile rispetto alla sua forma iniziale. Così com’è fa un po’ storcere il naso. Questo mix ribalta questa ipocrisia di fondo con grande onestà e genuinità, e non a caso è lo specchio della personale esperienza di assimilazione culturale della sua autrice: “Racchiude un insieme di generi che hanno fatto parte della mia infanzia, con cui sono cresciuta, e altri che ho conosciuto durante il mio viaggio in Sudamerica”. Abbiamo parlato di questo, dei divi reggaetoneri, di Mega Mezcla—il mega evento organizzato a Madison Square Garden lo scorso aprile, con tutti i big della scena—e di molto altro.

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Noisey: Trovo che il concept dietro alla tua zine—e serata—Club Etiquette sia molto istruttivo e stimolante, specie ora che un certo tipo di clubbing sta vivendo un processo di inesorabile estetizzazione. Mi racconti un po’ com’è nata l’idea?
The Dance Pit: Sia la zine che la serata sono iniziate nell’agosto 2015. L’idea mi è venuta parlando un po’ con alcuni amici, quasi tutti conosciuti andando in giro a varie serate, e molto inseriti in quell’ambiente. Ci chiedevamo ogni volta cosa si potesse migliorare quando andavamo a ballare, a seconda del tipo di evento, del locale, dell’atmosfera ecc. Ci confrontavamo su cosa ci desse più fastidio, su come la serata potesse essere più inclusiva e nei confronti di chi. Queste sono state le basi su cui ho voluto fondare la zine: mi piaceva l’idea di buttare giù una serie di linee guida per lo sviluppo di un clubbing diverso, più consapevole e rispettoso di tanti tipi di diversità. Ero al corrente dell’esistenza di altre zine che trattavano il tema “sicurezza” nei club, ma molte di queste avevano un approccio più alla Grande Fratello, maggiori controlli e cose così. Quello che volevo fare io erano delle semplici letture indirizzate tanto ai fruitori quanto ai gestori dei club per avere un po’ un’idea di come migliorare la propria esperienza di serata. Non so se alla fine ci siamo riusciti [ride], so di un paio di posti che hanno la zine in versione cartacea… tutto lì.

Beh, il fatto che siano online in questo caso facilita la cosa.
Sì sicuramente. Altra cosa che ho fatto è stato stampare degli adesivi con un codice QR e attaccarli in giro, di modo che se li si scansiona si può leggere la zine direttamente sul telefono.

Che feedback avete avuto finora e che progetti ci sono per il futuro?
È difficile stabilire quanta gente abbia davvero trovato/letto/interiorizzato la zine, ma sono davvero grata a tutte le persone da innumerevoli parti del mondo che mi hanno detto di averlo fatto. Localmente mi sono imbattuta in persone che non conoscevo, e che però conoscevano la zine. È stato fico. Sarebbe ancora più fico esistesse un modo per verificare se sta veramente avendo un qualche effetto, ma suppongo lo si vedrà col tempo. Mi piacerebbe anche continuare con la serie di traduzioni delle zine con informazioni specifiche a seconda della regione d’interesse, raccontate da quelli che ci vivono. Ci sono già un sacco di zine fantastiche sulla “cultura” della nightlife, sui “safe spaces”, ed è strano far parte di quel filone lì. Vediamo come vanno avanti le serate, considerando che a NYC di eventi ce ne sono a non finire, e che i locali sono in costante minaccia di chiusura. Molti di questi si spostano in altre parti della città, rischiando potenzialmente di gentrificarle e rendere la vita più difficile a chi ci vive già da tempo. Sono davvero curiosa di vedere come la questione degli spazi si sviluppa nei prossimi due mesi, e come possiamo impegnarci a proteggere i locali senza allontanare per forza la gente dalle proprie comunità. La festa in sé è molto tranquilla, è più un momento e uno spazio in cui promoter, DJ, producer e persone che hanno voglia di far serata stanno insieme e si divertono.

Finora avete fatto un ottimo lavoro, non c’è che dire. E lo trovo ancora più interessante perché qui a Milano si respira un’aria simile, in termini di spazi a rischio chiusura. In quanti siete a seguire il progetto, e quanto spesso riuscite a organizzare la serata?
Non c’è un numero preciso di contributor in realtà, molti dei partecipanti mi chiedono di collaborare e io dico ok, bella. È bello perché ognuno si occupa di qualcosa e lo fa con grande dedizione e precisione. Di mio ci sarà solo il 20-30%, il resto viene dalle persone che decidono di partecipare. Per quanto riguarda la serata in genere approfittiamo di quando qualche DJ internazionale che ci piace passa di qui, e gli/le chiediamo se vuole suonare alla nostra festa. Non vediamo l’ora di farle, queste serate, quindi ogni volta che passa qualcuno di fico cerchiamo di contattarlo/a immediatamente. Direi che succede più spesso in primavera e in estate. Quando organizziamo la serata esce sempre anche il nuovo numero di zine, quindi in genere è un doppio sbattimento, ma vabbè, è bello anche per quello. [Ride]

Indubbiamente! Come dicevo prima, è estremamente prezioso questo approccio al clubbing, gusto musicale compreso. Chi avete chiamato fino ad ora?
Mi occupo principalmente io di scegliere i vari act, quindi è sempre gente che ascolto e che mi piace un sacco. Le ultime due volte sono venuti Tayhana, Lechuga Zafiro, Tomàs Urquieta, Copout… Da quando sono tornata dal viaggio in Argentina/Uruguay lo scorso dicembre ho legato ancora di più con molti degli artisti che poi ho chiamato a suonare.

Parlami di quel viaggio. Era la tua prima volta in Sudamerica?
Sì! Era un periodo in cui volevo viaggiare, ed era una vita che volevo andare a Hiedrah e Salviatek, e tutti mi dicevano “Sì dai, se passi di qua facci sapere!”, così un giorno ho detto “Sapete cosa? Facciamolo e basta”. È stato fico perché siamo riusciti a suonare un sacco, pur facendo tutti cose molto diverse. È un’esperienza che mi ha segnato anche dal punto di vista musicale, perché sono entrata a contatto con generi incredibili, vedi la cumbia argentina.

La adoro!
[Ride] Ci credo! Poi sono stata introdotta a sonorità—percussioni—di origine africana, che ho adorato allo stesso modo. Però ecco, la cumbia argentina è speciale, e infatti nel mix è un po’ dappertutto. Assieme al baile funk. Mi piacerebbe andare in Brasile una volta…

Qui tutto ciò che arriva di pop commerciale latinx è “Despacito” ed Enrique Iglesias, ed è ovviamente un peccato. Negli Stati Uniti suppongo sia diverso. Mi parli un po’ di com’è stato crescere nel Bronx e dell’influenza che la comunità latinx ha e ha avuto sulla tua persona?
La comunità e la cultura latinx ha avuto un ruolo fondamentale per la mia crescita, perché ci convivo da sempre, e ha sempre fatto parte della mia vita da quando ho memoria. Ascoltavo musica urbana tutto il tempo, per cui reggaeton, bachata, specie a inizio Duemila, quando c’è stato il boom con Daddy Yankee. Per esempio, lui è di sicuro una figura chiave con cui sono cresciuta, anche se di fatto negli anni ho imparato ad apprezzare più Don Omar. Quando è uscita “Gasolina” avevo dieci o undici anni, andavo alle medie e tutti i miei compagni erano latinx. Credo possa definirsi un’assimilazione ambientale, la mia, e ho cercato di riflettere questo processo nel mix. È un po’ un recap di qual è la mia concezione di nostalgia musicale, relativa a quegli anni. Principalmente quindi reggaeton, bachaton, dancehall e cumbia.

Qual è il tuo rapporto col ballo? Sai ballare?
Ottima domanda! C’è un motivo se sono una DJ sai [ride]… mi piace ballare, sì, ma non so assolutamente ballare in coppia. So giusto fare i passi più basilari di bachata, ma poi basta. Mi piacerebbe un sacco imparare a ballare la kizomba, ma mi ci vorrà una vita. È che tutti i miei amici in realtà ballano benissimo, perciò a me non resta che mettere la musica [ride].

Mi parli un po’ del progetto The Dance Pit, invece? Quando è nato?
Tecnicamente ho iniziato a fare la DJ quando lavoravo nella radio dell’università tra il 2012 e il 2015, ma ho imparato davvero a usare i CDJ dai miei maestri all’Hub 16 e al workshop Just Jam di Londra.

Cosa suoni di più ultimamente e che altre influenze hai avuto oltre a quella latinx?
In generale sto scegliendo di suonare roba non prettamente affiliata al concetto di club music, quanto più alla musica dance popolare in paesi che non siano gli Stati Uniti. Ho tantissime altre influenze: uno dei miei amici più stretti è di Capo Verde, perciò come dicevo ascoltiamo un sacco di kizomba, tarraxo e kuduro. Anche la dancehall in effetti è stata molto importante durante la mia infanzia. Più di recente mi sto interessando all’UK funky e afrobeat… e, essendo nella scena di NYC da un paio di anni, pure nel jersey e vogue, naturalmente. Al momento sto esplorando anche i pattern percussivi di alcuni canti indù.

Come ti rapporti con le tue origini?
È strano perché al momento non sento il bisogno di tornare in Bangladesh, per una serie di motivi. Ma come dicevo, sono molto interessata ad approfondirne le realtà musicali, come mia personale eredità. Non voglio sentirmi rimossa da quella dimensione, ma allo stesso tempo so che non è un posto dove mi sentirei a mio agio. Questo perché, parlando della mia esperienza personale, molte della attività e realtà di cui mi occupo e che mi piace approfondire qua negli Stati Uniti, là non sono viste di buon occhio. Parlo del clubbing, uscire la sera… specie per una donna. Sicuramente non vale per tutto il Bangladesh, ma culturalmente ci sono molti divari; uscire e far festa sono privilegi. Mi ritengo comunque molto ignorante in materia, perché non conosco nessuno del posto che si occupi di musica, ma sicuro di gente ce n’è eccome. Sarei curiosa di conoscere la vita notturna locale, se possibile, e cose così.

Fammi sapere se vai. Sai che sono stata al concerto di Ozuna un paio di settimane fa?
Oddio, io ci vado questo weekend, non vedo l’ora! Com’è stato?

Bravissimo, incredibile. Lo volevo intervistare ovviamente, o almeno farci una foto insieme, ma non è stato possibile. Questa l’unica nota negativa, per il resto una bomba.
È interessante vedere a chi questi artisti rilasciano interviste e a chi no. Ricordo di averlo visto al Mega Mezcla quest’anno ad aprile, ma è stato molto diverso.

Ricordo di aver visto le mille stories che avevi fatto, crepando male d’invidia. Ti prego, dimmi com’è stato.
So di sembrare molto menosa a dirlo, ma a tratti diventava troppo dispersivo. Il fatto che gli artisti avessero massimo 15 minuti a testa era divertente perché in ogni caso ti dava modo di vederli tutti in una sola volta, ma non era come vederli singolarmente. A me piace più quando ti segui un concerto intero. A Mega Mezcla tutti facevano massimo due o tre canzoni, e pure per quelli con mille featuring, nonostante fossero tutti lì presenti, non ne hanno mai cantato insieme uno. Solo Maluma, il secret guest dell’evento, ha ovviamente ha avuto più tempo di tutti. [Ride] Ha cantato “Cuatro Babys” tipo quattro volte, con tanto di live band. Ne fanno un altro ad agosto, ma in quei giorni sarò a Londra, quindi me lo perderò. Uno che ho sempre cercato di vedere live e ancora non ci sono riuscita è Bad Bunny. Ho sentito che spacca. Ha suonato qua almeno sei o sette volte, ma ero sempre stra-impegnata [ride].

Per te che abiti a NYC è tutto più facile, prima o poi lo vedrai di sicuro.
Già, e infatti mi sento privilegiata in un certo senso, so già che tanto passeranno tutti di qui un giorno.

Maluma mi pare sia lì in questi giorni, no?
[Ride] Ho visto! Ecco, questa è gran parte della mia giornata: scorrere la home e i feed di Instagram e guardarmi le stories di tutti i divi. Ho visto che anche J Balvin è stato a New York per le scorse due settimane, ho sperato fino all’ultimo di imbattermici in giro ma nulla.

In compenso ho visto che hai una foto con Bryant Myers.
[Ride] Sì! È stato da pazzi quella volta. Era un mercoledì e la mia amica Isabelia, editor di Remezcla, mi fa: “C’è un posto vicino a casa tua dove stasera suonerà Bryant Myers gratis. Io non posso venire, ma tu dovresti andarci”. E io: “Ok!”. Tutto ciò due ore prima l’inizio dell’evento, ma non ero preoccupata perché era davvero vicino casa. Sono andata con un gruppo di giornalisti di Remezcla e, per l’appunto, conoscevano il tipo dell’ufficio stampa di Bryant Myers. Hanno continuato a dirgli che ero una DJ, che suonavo la sua roba… alla fine lui mi ha dato il cinque e ci siamo fatti la foto. Era pure il suo compleanno, credo compiesse vent’anni… lol. Sono tutti bambini!

Lo so, lasciamo perdere.
Anche Bad Bunny, Maluma, Anuel… hanno poco più di vent’anni. Ozuna ne ha 25 e ha una famiglia. In questo senso è bello vedere come sono invecchiate nel tempo, invece, le vecchie scuole, tipo Nicky Jam, Don Omar, Romeo Santos, ecc. Sembrano tutti in ottima salute, molti sono dimagriti e in generale più attenti alla forma fisica…

Vero, anche se nulla di paragonabile alle nuove leve. Grazie per il tuo tempo, Anuradha. Ciao!
Ciao, grazie a te!

TRACKLIST:
01. DJ Jonathan Kelves – Hoje Eu Vou Comer Um Cu
02. Steven Castaño – Beat Arabe 2012 P-S Beats – Beat Reggaeton Arabe
03. Aldo y Dandy – Sola
04. Kevinologo – Reggaeton Antiguo 02
05. Ivy Queen – Te He Querido, Te He Llorado
06. Henzy – Pista de Reggaeton Bachatero 2011
07. Ransel – Beat de Bachata Reggaeton
08. Aldo y Dandy – Azótala
09. Funeral – Bachata Suelo
10. Emece Music – Beat Reggaeton Type Don Omar
11. Lucies Beat – Mambo Tarraxo Mais Quer Dançar Work
12. 45Diboss – Day One
13. Taufiq Qureshi – The Art of Indian Fusion Drumming
14. Epic B – Ares x Arjun ft. Kee – Tere Bina [8 Bar Interlude]
15. Equiknoxx – The Link
16. DJ Alan Quiñonez – Perreo a pleno
17. Kamixlo – Angélico
18. DJ LUC14NO ft. DJ COSSIO – S.A.P VS AHI AHI AHI [De La Ghetto]
19. DJ Alan Quiñonez – No Te Hagas [Jory Boy & Bad Bunny]
20. Of ThE ReMiX Dj ((RMX)) – Es LA SeGuNdA VeZ (Cumbia Peruana Remix) [Corazon Serrano]
21. DJ B&B – Traketeo Brasilero
22. Ceky Viciny ft. Tali – Mete Mete
23. Alexis y Fido ft. Bad Bunny, Lary Over, Brytiago, Anonimus y Jon Z – Tócate Tu Misma
24. DJ LUGIM – Aquecimento Da Mangueira 2011 [Atabacada]
25. Ozuna – El Farsante [Odisea drops August 11 – go buy that]
26. Pabllo Vittar ft. Rico Dalasam – Todo Dia
27. Pablo Vittar – K.O (DJ Juninho O Misterioso Arrocha Remix)
28. MC Livinho – Se Teu Hobby é Sentar, Não Vou Te Criticar, Ta De Parabéns [DJ JC SHEIK Arrocha Remix]
29. MC Livinho – Ta Gostosa Né, Ta Safada Tá
30. DJ RANTARO – Arrocha Bumbum Granada
31. Lil Uzi Vert – XO Tour Life x DJ N.K. – Caipirinha
32. Bad Bunny, De La Ghetto, Zion, Bryant Myers – Caile (Dj Arturex & Dj Kris Club Version)
33. MM – Ohmu x Sasha Sathya – LA DEALER

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