Questo contenuto è stato realizzato in collaborazione con adidas Originals e Santeria Toscana.
Con il cuore colmo di genuino piacere, giorno dopo giorno notiamo quanti giovani e giovanissimi riempiano di musica l’etere a forza di nuovi progetti, EP, pezzi e follie varie. È il segno tangibile di un momento storico nel quale l’essere umano dà mostra nuovamente di avere più bisogno che mai della musica.
Videos by VICE
Canzoni e suoni che splendono come una forza cosmica e una potenza gravitazionale che smuove menti e corpi, all’insegna di una comunione assoluta. In questa ricerca quotidiana, siamo ovviamente incappati in decine e centinaia di diversi artisti, e tuttavia oggi abbiamo voluto soffermarci soltanto su nove nomi.
Nove talenti che hanno cominciato a muovere i primi terremotanti passi e, nonostante le loro differenze, rimangono esempi perfetti per riflettere sullo stato dell’arte della musica e dell’industria d’oggi. Abbiamo quindi voluto interpellare tre artisti a testa per tre diverse etichette quali Bomba Dischi, THAURUS e Undamento, per offrirvi la loro storia e sperare che possa essere d’aiuto a chiunque altro vorrà cominciare a prendere in mano la propria arte e voce, modellando un suono.
BNKR44
Il nome del nostro collettivo nasce dal nome di un luogo: il bunker, privato delle vocali ma con l’aggiunta di un sigillo magico, il 44. Siamo diversi componenti, ma ognuno di noi nell’arco della propria vita ha avuto particolari momenti di connessione con la musica, e in generale coltiviamo tutti l’interesse nei suoi confronti da quando siamo piccoli. D’altronde siamo all’inizio del nostro percorso e abbiamo cominciato per tentativi, e pubblicando i pezzi ad oltranza abbiamo aggiustato il tiro. Tanto che abbiamo iniziato a pubblicare mentre non eravamo ancora sicuri al 100% del nostro materiale, e in effetti il 44.exe 1 potrebbe essere rivisto. Ad ogni modo, noi suoniamo il pianoforte, le varie chitarre e un basso, nonché decine di VST e suoni nel PC. Ci piacerebbe anche sperimentare un po’, visto che siamo affascinati da tutti gli strumenti analogici e synth vari, benché purtroppo non li abbiamo.
C’è da considerare comunque che suonare per noi è una necessità, serve per rendere giustizia al percorso di un disco o di un progetto, la soddisfazione sta in questo, poi ogni palco ha la sua storia. E noi abbiamo la nostra storia con la nostra città, dove ci hanno trattati malissimo; a buon intenditore poche parole. Anche per questo come collettivo sarebbe fighissimo fare qualche festival fuori dall’Italia. In ogni caso siamo tutti d’accordo sul fatto che la scena si stia aprendo a nuove possibilità negli ultimi anni. L’industria musicale è in continuo cambiamento perché deve essere sempre al passo con i tempi, e forse è proprio questa continua ricerca del trend che soffoca un po’ l’originalità della maggior parte dei prodotti, asfissiati dalle modalità creative imposte.
ESSEHO
Il nome come da tradizione non te lo scegli e per me, come il mio nome di battesimo, l’hanno scelto i miei genitori. Invece io ho scelto i miei modelli musicali, artisti come Bon Iver, Neil Young e Dargen D’Amico. E devo dire che la scena musicale italiana è molto figa! Mi piace Coez, ma anche Gemello e Claver Gold. Suono chitarra e pianoforte, tuttavia non c’è uno strumento che prediligo, anche se mi piacerebbe molto poter imparare a suonare il contrabbasso e il violoncello. È un processo, tanto che forse non c’è ancora un brano che io consideri davvero “completo”, le mie canzoni rimangono perennemente aperte. Si tratta di un passaggio spontaneo, che funziona lavorando ai brani nel tempo. Non a caso, penso proprio che il mio “prossimo brano” sia il peggiore. Infatti credo che lo cambierò. Comunque, a me interessa solo rendere interessante quello che scrivo all’ascolto delle persone. Io preferisco pensare al presente senza farmi alcuna aspettativa… anche se suonerei molto volentieri con Bon Iver. La location? Casa mia!
ARIETE
Il mio nome d’arte in realtà è nato in maniera totalmente casuale, non avevo molte idee e all’improvviso mi è venuta in mente questa. Al contrario, ho sempre saputo che volevo dedicarmi alla musica, è sempre stato il mio sogno del cassetto, ma quando più gente ha iniziato a seguirmi e ascoltarmi mi sono davvero resa conto che sarebbe potuto succedere qualcosa. Personalmente, a livello musicale le cose che mi ispirano di più sono Clairo, Twenty One Pilots, Tame Impala, Vance Joy, Still Woozy. Ma sono cresciuta con la musica di Lucio Dalla, Guccini, Pino Daniele; insomma, il cantautorato italiano storico. Musicalmente mi hanno influenzata tantissimo, li ho considerati e considererò per sempre dei grandi esempi. Anche grazie a loro son riuscita a definire la mia personalità musicale.
Ma, soprattutto, ci sono riuscita man mano scrivendo, suonando le mie cose e crescendo sia mentalmente che fisicamente: è in questo modo che ho imparato a trovare una mia identità e una mia visione delle cose, anche se in realtà la sto ancora cercando del tutto! Però, ad esempio in una canzone un po’ vecchia come “Metafora”, che continua ad avere una forte importanza per me, ho trovato la mia “musica”, sono riuscita a considerarla come un’espressione completa della mia arte. Per adesso comunque suono chitarra e pianoforte. Solitamente la chitarra accompagna quasi tutte le mie sessioni di scrittura, ma dipende anche molto dal momento in sé; rare volte in effetti preferisco il pianoforte. Detto questo, vorrei troppo imparare a suonare la batteria e imparare a produrre. Con la batteria sono in alto mare, non ho nemmeno mai provato, mentre con la produzione, in maniera super amatoriale, sto iniziando a muovere qualche passo. C’è anche da considerare che sono moooolto critica con me stessa, dunque ho sempre fatto uscire canzoni solo quando ne ero sicura al 200%, ognuna ha una sua importanza.
DOLA
Il mio nome d’arte è nato quando mi iscrissi a Facebook. Credo avesse a che fare con il non voler farsi trovare dai parenti: Dola=Aldo. Forse all’inizio quello che mi ha fatto legare alla musica è il calcio. Mi fa schifo il gioco ma mi piacciono le tifoserie e la musica mi sembrava un buon compromesso per fare tifoseria senza sport. A 16 anni però mi sono reso di quanto la musica fosse importante per me, anche se c’ho messo un bel po’ di tempo per capire quanto si debba lavorare duro per farlo tutti i giorni e trovare la propria strada. Io ad esempio non ho avuto uno stereo in casa fino ai 14/15 anni, quindi da ragazzino, non potendo comprare dischi e approfondire un certo genere, ero attratto da qualsiasi cosa fosse musica. Credo però che ‘sta cosa mi abbia fatto bene, avendo sviluppato una curiosità e la voglia di ascoltare senza pregiudizi di genere. Tanto che ancora oggi è così. Diciamo che, nel mio caso, la mancanza di un modello artistico è stata essa stessa il mio modello.
Ad ogni modo forse la svolta nel mio percorso artistico c’è stata 2/3 anni fa, ma in realtà ci sto ancora lavorando. Intanto continuo a fare musica a modo mio e sto scrivendo nuovi pezzi con la chitarra che, nonostante abbia iniziato a suonare un po’ il basso e le tastiere, rimane il mio primo amore. Devo però ammettere che avrei voluto saper suonare il piano, lo strumento più bello di tutti, e la batteria come Questlove. Mi piace scrivere sui beat, soprattutto su quelli degli altri per mescolare meglio le carte. Ultimamente sto facendone anche di miei, magari ne uscirà qualcosa. Al momento mi limito a guardare al futuro come a un puzzle appena scartato. Quello che spero è di continuare a scrivere pezzi che mi gasino e di poter presto tornare sotto un palco pieno di gente e sudore.
Di positivo penso che sia in corso una internazionalizzazione della musica italiana, uno sguardo al mondo. Penso che ci sia molta più qualità nelle produzioni e molta più fantasia e originalità. Credo però che ci sia anche una fretta e una smania poco salutare nel voler raggiungere in troppo poco tempo obiettivi e traguardi importanti, il che porta a volte a una poca cura e una plastificazione della realtà. Tutto ciò comporta il rischio che un progetto non riesca a pieno a far emergere o sviluppare un proprio carattere e una propria personalità artistica. Rimane un fatto: la più grande soddisfazione quando suono è il fatto stesso di suonare, il suonare in sé. Più nello specifico la capacità di togliermi ansia e depressione per tutto il tempo che lo faccio. Come con “Martedì”, la prima canzone pubblicata da Undamento che ha dato il là alla mia attuale dimensione nella scena musicale.
SEE MAW
Il mio nome d’arte è nato come nickname: volevo semplicemente scrivere Simo in modo diverso, in finto anglosassone. Si pronuncia quindi Simo, ma anche le variazioni come “Simao” mi piacciono, alla fine ognuno mi pronuncia come vuole, mi piace. Faccio musica da sempre, ma nel corso del 2018 ho iniziato a prendere tutto più sul serio e a scrivere e a comporre sempre più pezzi, a sperimentare, fino ad arrivare al mio primo singolo pubblicato ufficialmente a gennaio del 2019. All’inizio ero confuso e avevo tanti generi in testa, così tanta voglia di farli tutti che alla fine risultavo sin troppo generico. Variavo molto e mescolavo, andavo molto ad istinto. In realtà questa cosa mi è rimasta, ma ora ho sviluppato un mio gusto ben preciso che mi porta ad essere più selettivo.
Premetto che sto ancora cercando di definire la mia personalità musicale, ma sicuramente confrontarmi e lavorare con Undamento mi è servito tanto. Nel tempo ho anche indagato molto questo aspetto, per capire su cosa volessi concentrarmi di più, e alla fine credo propria sia l’elettronica, un campo in cui ritrovo me stesso e nel quale posso dare del mio. Anche se Il mio strumento primario è la chitarra, classica ed elettrica e in generale quando mi ritrovo degli strumenti sottomano mi piace improvvisarci sempre qualcosa, per comporre mi lascio guidare dal mio istinto e dal momento, poi mi metto al PC e produco. Uso il software Ableton ormai da molti anni. Nonostante sia ancora agli inizi e sia presto per iniziare a tirare le somme, una canzone che mi rappresenta è “Passa”, che risale al mio primo EP. Se dovessi poi pensare di condividere il palco in un ipotetico festival dei miei sogni, direi JamieXX, Yaeji, o Channel Tres, perché hanno sonorità che mi ispirano sempre qualcosa, che mi fanno venire voglia di mettermi a comporre. Restando in Italia invece direi Cosmo e Iosonouncane, perché è semplicemente un genio che ammiro veramente tanto.
Infatti sono contento che la musica italiana si sia ripresa dopo un periodo buio, dove il pop era becero e vuoto. Personalmente ho notato che noi ragazzi in quegli anni ascoltavamo tutta roba straniera. Poi, grazie a diversi fattori tra cui la possibilità di autoprodursi e autopubblicarsi, sono nate diverse figure che hanno portato aria fresca. Mano a mano le figure di quel tempo buio sono andate scomparendo e contemporaneamente la musica italiana riprendeva orgoglio. Per me del suonare/comporre e produrre rimane l’eccitazione, sentire quella forte carica di adrenalina in corpo è sempre fantastico. In questo momento è questo ciò che voglio fare, vada come vada. Quindi anche se fallirò vale la pena provarci fino alla fine. In fondo posso fallire solo se smetto di provarci.
SPZ
Al momento di dover scegliere un nome d’arte mi è caduto l’occhio sul mio codice fiscale e ho pensato “Fico, SPZ”, mi piaceva anche visivamente. E devo dire che col tempo aver scelto un nome un po’ “strano” mi ha regalato un sacco di momenti divertenti, ogni volta posso decidere di dargli un significato diverso e gli altri possono fare lo stesso. La musica è la mia vocazione da quando andavo alle elementari e sicuramente il sostegno di mia madre è stato importante quando a un certo punto pensavo di voler mollare. Grazie mamma <3 In particolare, quando avevo circa 11 o 12 anni ho scoperto i Nirvana, e ho iniziato a cantare come imitatore provetto di Kurt, dopodiché sono subentrati i Beatles che non mi hanno più lasciato e che più di tutti mi hanno ispirato nel passaggio mentale dal desiderio di fare musica, diciamo di nicchia o underground, a quello di fare pop a modo mio. Fino ai 20 anni ho cambiato vari gruppi, con i quali essenzialmente suonavo in qualche posto underground romano e con i quali sono passato dal fare rock grunge fino a giungere a un tentativo di fare musica alla Radiohead, in Italiano. Insomma c’era sempre la ricerca di fare musica “alta”.
La mia vera (ri)nascità artistica c’è stata quando questo gruppo si è sciolto, mi sono trovato da solo, e ho capito che la chiave per esprimermi sinceramente era un ritorno alla semplicità. Decisi anche che avrei cantato in italiano, decisione che ho preso grazie ai Verdena (nel festival dei miei sogni è con loro che vorrei condividere il palco). Suonicchio un po’ di tutto, a parte gli strumenti a fiato e solitamente compongo con la chitarra o con la mia tastiera; a volte invece mi viene in mente una melodia o una frase, allora la registro e poi parte tutto da lì. Smanetto un po’ con Ableton ma vorrei diventare più bravo ad usarlo in modo da potermi produrre completamente da solo La più grande soddisfazione che mi da suonare è che so che lo sto facendo per me, suonare mi fa sentire sempre bene. E mi piace farlo in questo momento storico, sono contento di come si sta evolvendo il panorama musicale italiano.
Penso che ci sia un sottobosco molto interessante fatto di tanti gruppi e artisti talentuosi che propongono musica fresca e originale e alcune realtà come Undamento pronte a mettersi in gioco per portare innovazione. Ovviamente il sottobosco esiste nel momento in cui non viene esposto. Voglio dire, è normale che agli inizi non si abbiano molti riscontri, è un mondo in cui devi essere supportato da un’etichetta, dalla stampa e dal sistema discografico in generale. Questo porta, a volte, ad avere la tentazione di omologarsi per uscire dall’anonimato, cosa che per me danneggia la musica. Vedo quindi un mainstream che tenta di monopolizzare le classifiche, talvolta con musica e contenuti poco originali ma super efficienti e continue collaborazioni che mi danno l’impressione di seguire soltanto logiche di mercato. Io per il momento non voglio farmi aspettative, vado dritto per la mia strada e continuo a portare avanti la mia proposta musicale, ovviamente spero vada bene e non vedo l’ora di poter iniziare a suonare live.
LEON FAUN
Leon è il mio vero nome, “Faun” invece deriva dal Signor Tumnus, un personaggio presente ne Le cronache di Narnia, ovvero appunto un fauno. Quel film mi fece appassionare al cinema da bambino. Io poi mi sono avvicinato al rap per la prima volta scoprendo Eminem da piccolo, quando poi ho capito che si poteva fare anche in italiano sono impazzito, ero in cerca da tempo di un qualcosa che mi permettesse di esprimermi. All’inizio un altro mio modello era mio padre (con cui sono riuscito a trovare un punto di incontro grazie alla musica, durante un periodo buio del nostro rapporto) e ad aprirmi la mente è stato il conoscere Davide, tha Supreme, che abitava come me a Fiumicino: mi ha insegnato a fregarmene ed andare oltre i canoni, musicalmente parlando. Lavorare con lui mi ha spinto a voler creare una mia identità, una zona di comfort che fosse solo mia.
Comunque ho suonato per 5 anni la batteria, ma per comporre mi affido a Duffy, lui è l’unico che sa veramente dar vita al caos che ho in testa, è uno dei miei più grandi punti di riferimento sia nell’arte che nella vita di tutti i giorni. Benché ultimamente stia pensando di voler imparare a suonare il piano e la chitarra per poter essere più indipendente nel formulare nuove idee da cui partire. Se prendo per esempio il mio primo Ep Endless, lo trovo artisticamente troppo infantile, non sapevo ancora come approcciarmi alla scrittura. E “Horia”, il mio primo singolo del mio progetto attuale, ad oggi mi sembra solo un esperimento venuto male di quello che è poi diventato. Oggi come oggi invece mi piacerebbe suonare con Salmo e Caparezza, mi ha sempre impressionato il loro modo di rendere i loro concerti un vero e proprio spettacolo teatrale, e anch’io vorrei portare sul palco il mio mondo andando oltre il suonare i pezzi. Rispetto alla scena adoro il fatto che ci sia una forte unione, io sono stato uno degli ultimi arrivati e all’inizio la cosa mi spaventava, ma ho subito creato un bel rapporto con molti degli artisti che ho seguito e stimato da fan nel corso degli anni. In generale in Italia mi piacerebbe a volte vedere più ricerca di sfogo della fantasia e della singolarità. E ci son anche realtà come AAR music, una realtà indipendente fondata da Eiemgei, che consiste nella ricerca di nuovi artisti da scoprire e lanciare anche nel caso in cui non abbiano mai pubblicato nulla. In ogni caso, io spero solo di riuscire a continuare a vivere d’arte per sempre, che sia musica, che sia la recitazione o che sia altro.
TOMMY DALI
Il mio nome è venuto da se, il mio cognome è Daliana e per gli amici ero Tommy Dali. Facile. Diventò automatico pensare che quello poteva essere il mio nome d’arte. Però ho fondamentalmente deciso di fare musica quando avevo 12 anni e stavo giocando a calcio in un cortile e andando a recuperare la palla che era finita un po’ più in là: da una finestra uscì una signora che ci chiese chi stesse cantando, i miei amici indicarono me e lei si complimentò dicendomi che avrei dovuto fare il cantante. Poche ore dopo ne parlai col padre di un mio amico e mi disse che quella vecchia era una cantante lirica in pensione. Non ho mai scoperto chi fosse ma se non fosse successo quello che è successo non so se avrei mai iniziato a prendere lezioni di canto, registrare e a muovermi in questa direzione. Almeno non così presto. Devo ringraziare anche quello che da lì in poi diventò il mio insegnante di canto, Eric. Fu lui a presentarmi Fabrizio e Gioele, i miei produttori di fiducia. Comunque è stato mio padre a farmi ascoltare di tutto e di più fin da piccolo. La rotazione frequente includeva gli OutKast, i Queen, Biggie, Kanye West, Marvin Gaye, gli U2, i Fugees, Elton John, Jamiroquai, Phil Collins e molti altri, c’era anche un’infinità di cantautorato: Dalla, Battisti, Tenco, Daniele, Cocciante e altre leggende. A cinque anni mi ha fatto innamorare dei Jacksons 5 e Michael e da lì in avanti non ho mai smesso di considerare MJ come il mostro finale della musica. A mio padre devo la formazione di un gusto che mi accompagnerà per sempre. Grazie Puma.
In seguito, io ho tirato le somme e creato un punto d’incontro fra tutte le mie influenze. Ma per avere personalità della musica bisogna andare ad intuito, non posso decidere a tavolino cosa diventare, è un processo olistico e spontaneo. Shoutout a Gioele (Marquis, il mio Producer) che mi aiuta a solidificare il tutto e renderlo un prodotto fatto e finito dal giorno zero. Di mio suono il pianoforte ma non sono nemmeno l’ombra di un professionista. Invece per comporre mi affido al mio intuito e all’energia che percepisco nel momento e nel posto dove sto lavorando. La prima canzone vera che abbia mai chiuso in italiano è stata su un beat di Marquis che avevo conosciuto appena una settimana prima. Non è ancora uscita perché sto aspettando il momento giusto, rivista leggermente può essere uno dei pezzi più rilevanti della mia carriera. Per quanto riguarda i live, ne sono successe di tutti i colori. Per esempio l’anno scorso ero in tour con Rkomi e ricorderò per sempre la volta in cui ha annunciato il mio nome (cantavo le mie tracce a metà del suo live) mentre ero in mezzo al pubblico a godermi il concerto; ci deve essere stato un problema di timing perché pensavo che avrebbe dovuto fare altre 2 o 3 canzoni prima che fosse il mio turno. Per farla breve, ho iniziato a correre per salire sul palco ma nella fretta non trovavo il microfono, ricordo questi minuti di rush totale in cui con Ciro (Buccolieri) cercavamo il mic per farmi salire sul palco in tempo. Se potessi scegliere ora lo slot dei miei sogni andrei su MJ, Jay Kay (Jamiroquai) ed XXX Tentacion. Forse non c’è nemmeno bisogno di scrivere perché. E tra le più grande soddisfazioni annovero il fatto di arrivare al Fabrique a Milano e sentire le persone che chiamavano il mio nome prima che salissi sul palco e una volta salito sentire per la prima volta il pubblico che conosceva le mie canzoni a memoria. Un’emozione che spero di rivivere il più possibile. Mi piace che la nostra scena sia in costante espansione, ultimamente stiamo capendo che la scena urban italiana può essere rispettata anche oltreoceano e spero di poter remare anch’io in quella direzione. Vedo un futuro luminoso.
SOFIA TORNAMBENE
Inizialmente il mio nome d’arte era “Kimono” per sottolineare la mia grande passione per il karate, ora ho deciso di chiamarmi semplicemente con il mio nome, “Sofia”. Voglio che sia la mia musica a parlare ora. Anche perché la musica ha sempre fatto parte della mia vita, mio padre è un pianista, e uno dei miei primi ricordi infatti risale ad un suo concerto col gruppo, in cui il batterista all’improvviso cominciò a cantare. Quella sera inconsciamente avevo già deciso cosa volevo fare. Io fin da piccola ho sempre ascoltato di tutto, ma i miei veri idoli sono i Queen e Michael Jackson. Quando scrivo però cerco di essere più spontanea possibile, non dandomi dei limiti. Secondo me per un artista è fondamentale avere attorno un team di persone che lo aiutino nella sua ricerca, non solo dal punto di vista musicale e del sound, ma anche nello styling, social, etc. Io mi ritengo molto fortunata ad aver trovato queste persone. Per scrivere mi sono sempre aiutata con il pianoforte, ma durante la quarantena ne ho approfittato per studiare anche la chitarra che ora per me è uno strumento fondamentale. E, sempre durante la quarantena per poter lavorare, non avendo a disposizione uno studio ho deciso di approfondire il mondo delle DAW con Logic.
La prima canzone che ho scritto è “A domani per sempre”, avevo 14 anni. Un brano molto importante per me. Ora è passato un po’ di tempo, e quelli che rappresentano al meglio me stessa e la mia arte devono ancora uscire. Se potessi mi piacerebbe condividere il palco con Justin Bieber, di cui sono fan fin da quando ero bambina e che per me è sempre stato un punto di riferimento essendo diventato una vera pop-star da giovanissimo. A prescindere, però, per me fare musica è sinonimo di libertà, perché è l’unico momento in cui sono libera di essere me stessa e di esprimermi al 100% senza badare al resto del mondo. Sono certa che nel futuro la musica farà sempre parte della mia vita. Per ora, mi impegnerò al massimo per migliorarmi sempre di più, artisticamente ed umanamente, in questo percorso insieme alle persone che mi vogliono bene e che mi stanno aiutando.