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Ma cosa ha di speciale questo benedetto Pacco da giù?

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Il vero pezzo grosso sono le cose infilate per riempire gli ultimi pertugi (a mo’ di pluriball), o perché più semplicemente i nostri parenti hanno una visione totalmente distorta della vita al nord.

Fino a giugno 2020, vivevo a Milano. Uso l’imperfetto, anche se tecnicamente ho ancora una casa in Chinatown e mi sento un puglie-milanese. A giugno sono tornato in Puglia per staccare dopo tre mesi rinchiuso in casa. Faccio parte di quella schiera di privilegiati che a) hanno un lavoro b) possono farlo in remoto (un vero southworker si direbbe).

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Quando ho deciso di tornare in Puglia per lavorare e andare al mare nei weekend, non pensavo che mi sarebbe mancato. Del resto non pensavo nemmeno che sarei rimasto fino ad adesso (e chissà per quanto ancora), tanto che nella mia valigia c’erano pochissimi vestiti. Oggi il pacco da giù mi manca ed è l’unica speranza per chi, a differenza mia, passa le vacanze e le feste al Nord.

Sembrerò il solito meridionale esageratamente emotivo, ma il pacco da giù è stata la mia salvezza tantissime volte, e lo è durante tutti i periodi dell’anno, feste comprese. Addirittura lo scorso Natale, secondo Repubblica Bari, c’erano famiglie letteralmente disperate perché i corrieri non riuscivano a consegnare i pacchi in 24/48 ore.

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Ricordo ancora molto bene quando mia madre mi ha spedito il calzone di cipolle barese, irrealizzabile a Milano perché le cipolle sponsali non si trovano nemmeno al Mercato Ortofrutticolo: 2 giorni e mezzo di ritardo, 10 chiamate allo spedizioniere con toni sempre meno cordiali, ma soprattutto l’ansia di ricevere il calzone ammuffito, o non riceverlo per niente (poi è arrivato e stava benissimo).

C’è anche un fiorente scambio di pacchi “clandestini” con i camionisti che devono salire al Nord; ci si dà un luogo di incontro per la partenza e arriva direttamente a casa. Le tariffe sono molto convenienti.

Già vi sento, amici del nord: “Gianvito, cosa avrà di così tanto speciale un pacco di cartone pieno di cose che puoi trovare all’Esselunga”. Permettetemi di spiegarvi. Negli ultimi tempi, sono nati parecchi servizi che ti spediscono un pacco da giù, anche se non hai genitori o nonni sotto il Po (ma a pensarci bene il pacco da giù, tecnicamente, vale anche se spedisci un pacco da Milano alla Lapponia). Non voglio giudicarli, ma – ecco – il vero pacco da giù è un’altra cosa.

Intanto non è vero che dentro ci trovi cose che puoi trovare all’Esselunga. Non so che taralli mangiate voi, ma quelli che trovo nei supermercati fanno schifo. Sono secchi, industriali. Niente a che vedere coi 2-3 kg di taralli che mi facevo spedire regolarmente ai bei tempi, e che poi spacciavo gratuitamente a tutti i miei amici. Di solito, insieme ai taralli, nei vari pacchidagiù arrivati dalla mia famiglia e da quella della mia ragazza (anche lei pugliese), giungevano altri chili di panificati vari, tipo focacce e chili di pane di Altamura che rendevano il freezer inservibile per mesi. Il mio personal trainer ringrazia. Immancabile è anche l’olio extra-vergine di oliva, piccantissimo e rigorosamente prodotto dallo zio, che te lo rinfaccerà durante tutto il pranzo di Natale/Pasqua/Ferragosto.

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Tipica conversazione con la mia ragazza quando arriva il corriere

Il pacco che viene da giù è anche pieno di cose fatte in casa: barattoli, anzi boccacci, ripieni di sugo della nonna, legumi vari, verdure sott’olio, purea di fave, marmellate, tutto rigorosamente passato a bagno maria per evitare spiacevoli inconvenienti. Mia nonna ne ha una produzione industriale, stivata in uno sgabuzzino apposito, e non sa nemmeno lei bene il perché. Forse è la mentalità di chi è cresciuto durante una grande guerra.

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Il bunker di mia nonna

Ovviamente, tutto questo ben di dio ha anche bisogno di imballaggi ad hoc, ed è anche così che si è sviluppato un mercato molto vivace per gli spedizionieri legali e quelli abusivi. In pratica c’è un fiorente scambio di pacchi “clandestini” con i camionisti che devono salire al Nord; ci si dà un luogo di incontro sia per la partenza, e arriva direttamente a casa. Qualche anno fa il tariffario era abbastanza conveniente rispetto ai classici corrieri: per 20 kg di pacco 14 euro; dopo 20 kg 70 cent in più a chilogrammo.

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Foto della nonna dell’autore. Come si presenta un pacco da giù imballato perbene. Sballarlo e disporre tutto in dispensa è un lavoraccio, ve l’assicuro.

Quelli che si spingono più in là ci mettono anche i freschi. Esagerando. Quando ti arriva un pacco da giù con latticini, carne e pasta fresca, significa che mangerai una quantità inenarrabile di cibo per i due o tre giorni successivi. A colazione, merenda, pranzo e cena. La nausea sarà sempre dietro l’angolo. Però fa nulla: non puoi congelare una burrata fresca.

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Grazie mà <3
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Un tipico pranzo fatto quando ti arriva il pacco da giù
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Arrivati fin qui, in realtà, non abbiamo ancora visto niente. Il vero pezzo grosso sono le cose infilate per riempire gli ultimi pertugi (a mo’ di pluriball), o perché più semplicemente i nostri parenti hanno una visione totalmente distorta della vita al nord.

Ho raccolto testimonianze che narrano di pacchi da giù contenenti anche: pacchetti di fazzoletti; mutande; scatolette di tonno della GDO; uno scovolino; tortellini Rana spediti a Bologna; pacchi di sale; 3 kg di zucchero in bustine singole.

Mi riferisco a beni di consumo che effettivamente si trovano nei supermercati settentrionali, anche se a volte costano di più (come le ciliegie ferrovia di Conversano) o sono più difficili da reperire (tipo gli Ottimini della Divella), anche se negli ultimi dieci anni a Milano ho visto i supermercati riempirsi di prodotti delle mie parti (se no come li sfami 200 mila pugliesi + le altre migliaia di meridionali?)

Altri, invece, non hanno davvero senso: fanno parte della categoria detersivi, carta stagnola, arance e mele. Le leggende che ho raccolto nella mia cerchia ristretta di amici si spingono anche oltre e narrano di pacchetti di fazzoletti, mutande, le immancabili scatolette di tonno della GDO, uno scovolino, tortellini Rana spediti a Bologna, pacchi di sale e 3 kg di zucchero in bustine singole, mascherine e guanti (ma in effetti a Milano erano introvabili), deodorante per i piedi (spedito a Laura, colombiana a Milano), uno scola-insalata, un cactus, delle lumache monachelle, bagnoschiuma, una copia del Giornale di Sicilia, caschi di banane e uno spazzolino da denti, infilato in un rotolo di bustine di plastica per il freezer.

Se qualcuno ha una teoria credibile sul perché avvenga tutto ciò, consiglio di scrivere un libro e aspettare che scali le classifiche di Amazon.

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Enza dispiaciuta per non aver dato il meglio di sé con questo pacchettino.

Io, sinceramente, una ce l’ho e qui ritorno un po’ sentimentalista. Il pacco da giù non è un semplice pacco pieno di cibo buono che non trovi al Nord. È un oggetto ingombrante che accorcia le distanze, facendoti sentire lo stesso brivido di quando torni giù dopo tanti mesi. Così, è in quel preciso istante in cui suona il corriere che il deodorante per i piedi, lo spazzolino infilato nelle buste di plastica e le scatolette di tonno assumono improvvisamente senso.

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