Ha senso tirare in mezzo Pasolini per parlare di Montanelli?

PierPaoloPasolini

La polemica sulle vicende matrimoniali di Indro Montanelli con una bambina 12enne durante la guerra di Etiopia ha risvegliato un leitmotiv che da tempo fa da contorno a ogni questione sugli scandali sessuali italiani: i paragoni con la figura di Pier Paolo Pasolini.

“E allora Pasolini?” è diventato quasi un mantra, e lo è a causa del fatto che Pasolini è un’icona—non solo politica (su questo, in realtà, esistono altrettanti dibattiti infiniti), ma anche intellettuale e artistica—con un innegabile passato sessuale torbido: una predilezione per le relazioni sessuali con maschi minorenni che si è protratta nel tempo, e che ha avuto strascichi giudiziari e di cronaca nera.

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Queste tendenze sessuali sono spesso utilizzate come paragone nelle discussioni in cui ci si divide in fazioni, e usate per scardinare le certezze altrui o per sminuire la portata di un determinato scandalo reinserendolo in un contesto in cui, almeno secondo una certa opinione comune, “se per te Pasolini è un’icona, non puoi scandalizzarti.” Vediamo di capire come è nato questo fenomeno, e come è stato utilizzato nel tempo.

Come dicevo, quest’aura torbida ha sempre circondato Pasolini, anche quando era in vita. Il 29 agosto del 1949 Pasolini ha 27 anni, e si trova alla sagra di Santa Sabina, a Ramuscello, in Friuli (qui gli atti del processo che seguirà). A un certo punto della festa, il giovane scrittore fa la conoscenza di quattro giovani ragazzi del luogo, due 15enni e due 16enni: comincia a parlare con loro, gli offre qualcosa da mangiare, e poi li invita a fare una passeggiata per raccogliere dell’uva. Appartati in un campo lì vicino, dietro una siepe, comincia a baciare uno dei quattro, e successivamente si fa masturbare mentre gli altri guardano. Poi, come ricompensa, offre 10 lire al ragazzo.

In seguito a un litigio in pubblico fra i quattro, che si rinfacciano a vicenda l’accaduto, le forze dell’ordine vengono a conoscenza del fatto. E Pasolini viene accusato di atti osceni in luogo pubblico e di corruzione di minore. La famiglia dello scrittore, tramite il proprio avvocato, si mette in contatto con i genitori dei ragazzi, e li convince a non sporgere denuncia in cambio di un risarcimento di 100.000 lire a testa. Il 28 dicembre, quindi, l’accusa di corruzione viene archiviata per mancata denuncia, ma Pasolini e i due 16enni vengono comunque giudicati per atti osceni, venendo condannati a tre mesi di reclusione (pena condonata per indulto). In seguito allo scandalo, Pasolini viene espulso dal PCI (a cui si era iscritto due anni prima), e rimosso dal suo incarico di insegnante.

Dopodiché si trasferisce a Roma con la madre, ma le cose non cambiano: come lui stesso non ha mai negato, e come testimonia chi lo frequentava, per tutta la vita Pasolini è stato attratto da “ragazzi di vita” della classe proletaria che si prostituivano. In un’intervista, parlando della questione, lo scrittore Alberto Arbasino ha detto “una cosa curiosa era che verso le undici di sera mentre si era ancora lì a tavola c’era Pasolini che cominciava ad agitarsi un po’ e la Elsina [Elsa Morante] gli diceva ‘Vai, vai pure Pier Paolo perché sennò non aspettano’… allora, quello che ci potremmo chiedere oggi era che, siccome la pedofilia allora non esisteva come concetto oltre che come termine, e allora non ci si pensava alla maggiore o minore età dei ragazzini… il fatto era che siccome i ragazzini non avevano né moto né biciclette né niente, stavano lì sotto casa e Pier Paolo arrivava lì sotto le case loro […].”

Ed è stato proprio uno di questi ragazzi che ha innervato tutto il dibattito attorno alla misteriosa morte di Pasolini. Secondo le ricostruzioni ufficiali che hanno portato alla condanna di Pino Pelosi (17enne di Guidonia) per l’omicidio, la sera del 1 novembre 1975 Pasolini avvicina Pelosi fuori dal bar Gambrinus, vicino alla Stazione Termini. Gli promette una ricompensa per un po’ di compagnia, lo convince a salire in auto, e lo porta fuori a cena. Dopo aver mangiato i due si spostano all’idroscalo di Ostia, dove avviene l’omicidio. Stando alla confessione di Pelosi rilasciata all’epoca, fra i due scoppia una lite a causa delle pretese sessuali di Pasolini, e il minorenne, dopo aver colpito lo scrittore con un bastone, gli passa più volte sopra con l’auto, uccidendolo.

Su questa vicenda esiste una coltre di fumo quasi insondabile (si pensa che non sia stato Pelosi a uccidere PPP, ma che dietro la sua morte si nascondano altre dinamiche): le lacune nelle testimonianze di Pelosi sono moltissime, e lui stesso le ha rinnegate più volte in anni recenti. Ma qui non stiamo cercando di ricostruire la reale vicenda in sé, quanto di arrivare alle origini del mantra “e allora Pasolini?!”, a cui le circostanze della sua morte hanno ulteriormente contribuito.

È difficile collocare temporalmente la nascita di questa forma di paragone libera-tutti (i dibattiti sulla sessualità di Pasolini sono sempre esistiti, in primis per la sua omosessualità, al di là dei rapporti con minorenni), ma con un po’ di approssimazione si può dire che la dinamica si è rinforzata a partire dalle “cene eleganti” di Silvio Berlusconi, e dal Rubygate.

Secondo opinionisti vicini a Berlusconi—personaggi come Sgarbi, o Ferrara—i rapporti intercorsi fra Berlusconi e la minorenne Karima El Mahroug sarebbero da rivalutare in un’ottica in cui chi si scagliava contro l’ex presidente del consiglio al tempo stesso idolatra ipocritamente Pasolini. “Hanno dato la baia a Berlusconi […] e adesso celebrano la riabilitazione di un giovane intellettuale comunista della provincia italiana che nel 1949 si faceva, per dir così, due pupi in età molto minorile, lui che andava per i trenta.”

Da allora Pasolini è diventato la cartina tornasole degli scandali sessuali; o meglio degli scandali sessuali con risvolti politici. La vita sessuale di Pasolini, icona della sinistra, viene utilizzata come bulldozer nelle discussioni che riguardano le vicende sessuali di altre icone, quelle di destra, come Berlusconi o Montanelli. Per difenderli, per annullare gli attacchi, per invertire le critiche.

Se è vero che chi si batte per le icone di destra tende a ignorare diversi aspetti—lo scandalo del Rubygate non riguardava soltanto i rapporti di Berlusconi con una minorenne, ma anche il fatto che in qualità di Presidente del Consiglio tentò di spacciarla per la nipote di Mubarak con tanto di votazione parlamentare—è anche vero che chi invoca Pasolini spesso tende a bypassare una realtà innegabile. Pasolini non solo frequentava minorenni, ma frequentava dei minorenni con difficoltà sociali ed economiche utilizzando la propria ricchezza e posizione come ammorbidente. Come sostiene in questa intervista Marco Belpoliti, autore del saggio Pasolini in Salsa Piccante, “Pasolini è diventato un martire, una sorta di profeta dei tempi che cambiano. Ma viene rimosso il fatto che il più grande intellettuale italiano, poeta, cineasta, romanziere, giornalista, editorialista, è stato anche, in qualche modo, un pedofilo: un tema tabù. A maggior ragione se questo fatto è la radice stessa del suo poetare.”

“E allora Pasolini?!”, alla fine, è una forma di benaltrismo che rimbalza nella naturale propensione a individuare dei santini, delle cappelle votive, dei guardian force politici e a farli rimbalzare l’uno contro l’altro attraverso le ipocrisie e i rimossi storici e culturali altrui. Una forza centripeta senza fine.

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