Come la destra italiana sta rubando le icone della sinistra a suon di bufale

Quasi dieci anni fa, nel 2009, aveva suscitato polemiche un manifesto di CasaPound con Che Guevara, che pubblicizzava un’iniziativa dei fascisti del terzo millennio per “imparare ad amare” il guerrigliero comunista argentino. All’epoca poteva sembrare assurdo; ma negli anni si è ripetuto più volte, ed è stata la prima avvisaglia di un fenomeno che nell’ultimo periodo capita sempre più spesso di osservare: quello dei personaggi considerati icone della sinistra che vengono utilizzati dai razzisti e dalla destra, principalmente tramite meme e citazioni fuori contesto o inventate di sana pianta.

Di solito parte tutto da una delle tante pagine Facebook della galassia rossobruna, ovvero tutti quei gruppi che mischiano destra e sinistra con la pretesa di superare entrambe. Cominciano loro, la bufala si diffonde fino a raggiungere qualche voce più influente (ad esempio Fusaro) che la condivide e da lì esplode, arrivando spesso alla politica.

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Faccio un esempio: l’espressione (di Marx) “esercito industriale di riserva”—che è stata presa, tirata fuori dal suo contesto, cambiata di significato e trasformata in una specie di argomentazione “di sinistra” contro l’immigrazione. Oggi, dopo esser passata per la galassia rossobruna e per la pagina Facebook di Diego Fusaro appunto, è finita persino nel documento con cui Matteo Salvini si è candidato alla guida della Lega.

Non è l’unico caso.

KARL MARX

Il caso più eclatante è appunto quello dell’espressione “esercito industriale di riserva,” ormai a tutti gli effetti sdoganata in funzione anti-immigrati. Senza andare troppo nella teoria: come ha ricostruito Mauro Vanetti su Giap, per Marx l’esercito industriale di riserva sono i disoccupati (soprattutto i licenziati e i precari). Lo sviluppo del capitalismo produce una certa quantità di disoccupazione fisiologica, di forza lavoro tenuta a riposo per poter essere mobilitata nelle fasi di espansione dell’economia, la cui stessa esistenza abbassa i salari.

A differenza di quanto potrebbero far pensare le centinaia di risultati su Google per la query “fusaro+esercito industriale di riserva,” non c’entra nulla con l’immigrazione. L’identificazione dell’esercito industriale di riserva con gli immigrati non serve che a trovare giustificazioni economiche per il razzismo: gli immigrati abbassano i salari, quindi l’immigrazione fa comodo a chi comanda per sfruttarci meglio—argomento ripreso dallo stesso Salvini.

Per capire quali fossero le idee di Marx sull’immigrazione basta leggere un altro suo scritto, la lettera a Sigfried Meyer e August Vogt del 1870, in cui parla dell’immigrazione irlandese in Inghilterra. Guarda caso, l’espressione “esercito industriale di riserva” qui non compare e anzi Marx spiega che l’immigrazione è strumentalizzata dalla classe dominante e dalla sua stampa per dividere la classe operaia inglese e impedire così l’unità delle lotte. Che è esattamente quello che fa Diego Fusaro, sedicente filosofo marxista, ogni volta che parla di “esercito industriale di riserva.”

SIMONE WEIL

Qualche giorno fa, dal palco di Pontida, Matteo Salvini ha fatto un po’ di nomi di personaggi che metterebbe nel suo Pantheon: accanto a Olivetti e Walt Disney ha citato Simone Weil, filosofa francese di origini ebraiche, in gioventù marxista (con un rapporto molto complesso e conflittuale con Marx) e simpatizzante anarchica. “Diceva che i doveri vengono prima dei diritti,” ha detto Salvini “concetto da mettere ben chiaro a chi vive in Italia da tempo e soprattutto a chi ci arriva domani mattina.” Sottolineando che Weil, come fonte, non era accusabile “di populismo, sovranismo, fascismo, razzismo e nazismo” e citando questo passaggio: “è criminale ciò che ha come effetto quello di sradicare un essere umano.”

Come ha spiegato Giancarlo Gaeta su il manifesto, già da tempo la destra francese sta provando a “recuperare” Weil, decontestualizzandone il pensiero e soprattutto attaccandosi al titolo del suo saggio La prima radice. Non sorprende, dunque, che “i parenti italiani del lepenismo abbiano giudicato utile la carta Weil.”

Ovviamente, il pensiero di Weil è un po’ più complesso del semplice “i doveri precedono i diritti” e sviluppa una riflessione sull’origine dei diritti, che non derivano dalla nostra forza di farli valere ma dal riconoscimento altrui, e questo riconoscimento è per gli esseri umani un bisogno fisico e un obbligo morale.

Così come nel “radicamento” di cui parla Weil non c’è niente di sovranista: la critica è allo sradicamento dei contadini dalle loro terre creato dallo sviluppo economico, all’alienazione degli operai nelle fabbriche, alla frammentazione creata dall’idea di nazione che ha sostituito quella di comunità.

PIER PAOLO PASOLINI

Pier Paolo Pasolini è probabilmente il personaggio che vanta più tentativi di appropriazione da parte di destre e razzisti italiani.

Il più diffuso è probabilmente quello che riguarda alcuni versi della poesia di Pasolini “Il PCI ai giovani” che, presi fuori contesto, vengono usato per far passare il messaggio di Pasolini che “sta con i poliziotti figli di proletari” contro i manifestanti figli di papà. In realtà, come ha spiegato Wu Ming 1 in un lungo articolo al riguardo su Internazionale, basta leggere tutta la poesia per capire che non è così. Se mai Pasolini vuole far notare un paradosso, e cioè che gli studenti che manifestano in piazza non faranno mai la rivoluzione in quanto figli di borghesi.

Alla base di questo tentativo, per quanto decontestualizzate, ci sono frasi che Pasolini ha scritto davvero. Non si può dire lo stesso per un’altra citazione di Pasolini utilizzata dalla destra per creare la narrativa del “fascismo degli antifascisti” o dell’”antifascismo in assenza di fascismo,” comparsa su un meme girato molto durante l’ultima campagna elettorale.

Si tratta del meme del “Caro Alberto”—che gira sotto forma di una foto di Pasolini con questa citazione, attribuita a una non meglio precisata lettera di Pasolini a Moravia del 1973. Il testo recita così: “Mi chiedo, caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso che viene sfogato nelle piazze oggi a fascismo finito, non sia in fondo un’arma di distrazione che la classe dominante usa su studenti e lavoratori per vincolare il dissenso.”

Anche in questo caso, che Pasolini abbia scritto quelle parole è quantomeno dubbio. Nel 1973 (data della presunta lettera riportata sul meme) l’offensiva di Pasolini contro il consumismo e il suo scambio epistolare con Moravia sul tema non erano ancora cominciati. L’espressione “arma di distrazione di massa” inoltre è entrata nel linguaggio comune molto più tardi, nel 1997, data d’uscita del film Weapons of mass distraction.

Le prime occorrenze del meme provengono da siti e pagine Facebook di destra e della galassia rossobruna: Il Rossobruno, la Via Culturale, Fronte dei Popoli, Azione culturale, Oltre la Linea. Da lì però la frase è diventata decisamente mainstream, al punto che lo scorso 24 febbraio, Salvini l’aveva letta durante il comizio di chiusura della sua campagna elettorale in piazza Duomo a Milano.

Come scrive sempre Wu Ming 1 su Internazionale, lo scopo del meme è quello “di mettere a tacere con un ipse dixit chiunque [denunci] l’estendersi di una mentalità reazionaria e razzista.”

LAWRENCE FERLINGHETTI (E PASOLINI, ANCORA UNA VOLTA)

Un altro meme su Pasolini girato molto è quello che riporta, attribuendogliela, una passo della poesia “Pity the nation” di Lawrence Ferlinghetti—esponente di spicco della beat generation, oggi 99enne—per far passare l’immagine di un Pasolini sovranista e nazionalista. Una delle condivisioni di spicco di questo meme è quella dello psichiatra e personaggio televisivo Alessandro Meluzzi.

Il senso del meme sembra essere quello di attribuire a Pasolini un’invettiva contro chi non ama la propria nazione. In realtà però “Pity the nation”—poesia scritta nel 2007, e cioè in piena guerra al terrorismo, tra leggi liberticide e guerre per esportare la democrazia—dice proprio l’opposto e basta leggerla per capirlo. D’altronde Ferlinghetti è uno che ha definito il nazionalismo una “superstizione idiota che può far saltare il mondo.”

C’è da dire che una poesia “nazionalista” Pasolini l’ha effettivamente scritta. Si intitola “Alla mia nazione” e l’ultimo verso fa così: “Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.”

SAMORA MACHEL

Un’altra icona della sinistra a subire questo trattamento è Samora Machel—rivoluzionario comunista, capo del Fronte di Liberazione del Mozambico, primo presidente del paese dopo l’indipendenza, morto in circostanze misteriose in un incidente aereo nel 1986.

Diverse pagine Facebook rossobrune, tra cui La Via Culturale (gestita da Alessandro Catto, blogger de Il Giornale), Fronte dei Popoli e Ufficio Sinistri, hanno pubblicato una citazione in cui Machel sembra esprimere una posizione anti-immigrazione: “Il fenomeno migratorio, nei secoli, è servito sempre ai potenti per depotenziare gli oppressi. ‘La tua terra è feccia, povera, vai via’ nel mentre loro saccheggiano tesori e dignità, salvo schiavizzare l’indigeno nei loro paesi. L’immigrazione era prima un’arma dei coloni, oggi del capitalismo coloniale, con in testa il mito dell’emigrazione la nostra lotta non sarebbe mai nata.”

I post che riportavano la citazione, compreso anche un articolo di Catto su Il Giornale, erano stati ovviamente molti condivisi, visto che sembravano mostrare un leader di sinistra africano fortemente contrario all’immigrazione. Peccato che la citazione fosse a dir poco assurda—considerando anche che lo stesso Machel era un “migrante economico” essendosi trasferito molto giovane in Sudafrica per lavorare in miniera. E infatti, il gruppo “Nicoletta Bourbaki” ha scoperto che Machel quella frase non l’ha mai detta.

SANDRO PERTINI

Sempre la pagina Fronte dei Popoli ha pubblicato, solo pochi giorni fa, una citazione dell’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini: “Ormai è noto a tutti che l’Unione Europea e gli organismi derivanti dal Piano Marshall non sono l’espressione spontanea della volontà e delle esigenze dei popoli europei, bensì sono stati artificiosamente creati con lo scopo politico di fare d’un gruppo di nazioni europee uno schieramento in funzione antisovietica, e con lo scopo economico di fare dell’Europa Occidentale un campo di sfruttamento della finanza americana.”

In questo caso—come si affretta a far notare la pagina fornendo un link alla fonte—la citazione esiste davvero: è tratta da un editoriale di Pertini pubblicato su l’Avanti nel 1949. Il problema è che la citazione è così fuori contesto che in pratica fa dire a Pertini l’opposto di quello che dice l’articolo.

Il messaggio che sembra passare è che Pertini fosse anti-europeista e che avesse previsto la deriva dell’Unione Europea di oggi. Ma per capire che non è così basta leggere il paragrafo precedente: “Uno dei presupposti per dar vita a una Federazione Europea è sempre stato quello di una moneta comune (…) questo appare più che mai un sogno irrealizzabile oggi, di fronte alla lotta senza quartiere tra dollaro e sterlina.”

THOMAS SANKARA

Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso dal 1983 al 1987, è uno dei più famosi leader anticoloniali e una specie di “Che Guevara africano.” È noto per essersi opposto all’imperialismo europeo, aver nazionalizzato tutto il nazionalizzabile, lanciato campagne contro l’analfabetismo e per la vaccinazione di massa ed esser stato rovesciato con un colpo di stato supportato dalla Francia.

Come Samora Machel, anche Sankara sta venendo utilizzato per giustificare posizioni anti-immigrazione, facendo passare le sue posizioni anti-colonialiste e per l’indipendenza economica e lo sviluppo dell’Africa per una sorta di “aiutateci a casa nostra” speculare ai discorsi di Salvini.

Qualche esempio: nel giro di un mese, Thomas Sankara è stato condiviso in questa veste da Diego Fusaro, è stato protagonista di una vignetta del vignettista di destra Ghisberto e il sito di destra InformareXResistere gli ha dedicato un articolo intitolato: “Ecco come Thomas Sankara voleva risolvere le migrazioni.”

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