Il mondo occidentale moderno ama i peni grossi. Al di là delle norme della pornografia e dei miti della cultura pop, molti studi indicano che solitamente una donna che ha rapporti con uomini preferisce un pene di dimensioni maggiori alla media (sugli uomini che hanno rapporti con altri uomini e le loro preferenze sono state condotte molte meno ricerche). L’idea che un pisello più grosso abbia un valore maggiore è così radicata che alcuni biologi evoluzionisti hanno addirittura cercato di trovare un motivo più profondo alla sua base. La sensazione che il valore di un uomo sia misurato dalla taglia della sua virilità porta troppi uomini, che, in media, hanno peni di lunghezza compresa tra 12 e 15 centimetri, a sentirsi tristemente inadeguati (i peni che si aggirano attorno ai 18 centimetri non sono poi così rari, ma oltre queste misure i numeri diventano davvero bassi). Queste ansie, a loro volta, spingono gli uomini a rivolgersi a un’industria farmaceutica e chirurgica di dubbia moralità.
Ma c’è stato un tempo, nella nostra storia, in cui detestavamo i piselloni. “[Nella cultura greca antica,] il pene accettato come bello è quello fine, delicato”, spiega John Clarke, esperto di arte erotica antica. “Una persona con un organo genitale molto grande, specialmente se si trattava di un uomo, era considerata grottesca, ridicola.” Il professore dell’Università Statale dell’Ohio Timothy McNiven, che ha studiato le rappresentazioni del pene nell’antichità, ha osservato che questa preferenza per i membri più minuti risale almeno all’ottavo secolo avanti Cristo, come si può dedurre dalle sculture dell’epoca, e continua in gran parte dell’arte e della letteratura greca classica.
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Secondo Clarke, questa preferenza è continuata anche dopo l’avvento del Cristianesimo e si è estesa anche oltre i confini della Grecia, arrivando a toccare una buona parte della storia e della cultura occidentale. Tutto questo ci porta a chiedere come mai i greci antichi, e non solo loro, amassero così tanto i peni piccoli, e quando e come sia iniziata l’ascesa dei peni più grossi nella cultura moderna.
La storica dell’arte Ellen Oredsson ha ipotizzato che i greci preferissero l’estetica di un pene di modeste dimensioni perché “i loro canoni artistici erano tutti basati sull’equilibrio; niente doveva essere troppo grande o sbilanciato.” Una simile ricerca dell’equilibrio potrebbe spiegare la riduzione o l’ingrandimento di altre parti anatomiche, peni compresi, anche in altre tradizioni culturali. È anche possibile, ha osservato McNiven, che i greci volessero perpetuare l’erotizzazione dei giovani nell’immagine di corpo maschile ideale. “I genitali sottosviluppati, insieme alla mancanza di peluria e della tipica calvizie maschile, si allineerebbero a un ideale maschile basato su un corpo molto giovane,” ha spiegato.
Tuttavia, l’interpretazione più accettata, sulla quale ogni storico intervistato per questo articolo ha concordato, è che gli antichi greci considerassero un pene piccolo come segno di modestia, razionalità e autocontrollo, considerate doti virtuose, e un pene grande come segno di lussuria irrazionale e animalesca, di completa mancanza di controllo. I simboli fallici eccessivamente grandi potevano essere associati agli animali, portati a seguire la propria erezione prima di qualunque altra cosa. Creature semi-umane come i satiri, mezzi uomo e mezzi capra, venivano di solito ritratti con enormi membri eretti, in alcuni casi grandi quanto il loro torso—e spesso ubriachi fradici. Erano, dice McNiven, “i portabandiera della perdita di autocontrollo.”
Sarebbe facile derubricarla come metafora artistica, o un valore ideale che la civiltà greca potrebbe non aver condiviso come effettiva preferenza sessuale nella vita di tutti i giorni. Ma, fa notare Oredsson, alcune commedie ateniesi (l’intrattenimento più popolare del tempo) comunicavano chiaramente questo apprezzamento, come evidenzia l’esaltazione di quelli che Oredsson traduce come “pisellini” ne Le Nuvole di Aristofane e l’uso di grossi membri eretti per effetto comico nella Lisistrata.
Un famoso papiro egizio ritrae satiricamente uomini brutti con lunghi piselli affusolati, cosa che potrebbe suggerire un simile senso del ridicolo, ma si tratta di un’immagine isolata. Nessuna cultura insomma, mi hanno detto gli esperti con cui ho parlato, sembra essere mai stata così legata ai peni piccoli come quella greca antica (nell’arte coeva dell’Oriente, dell’Africa o dell’America precolombiana si trovano manufatti che rappresentano genitali ben visibili o esagerati, come le stampe Shunga in Giappone, o gli idoli di fertilità Kongo e i vasi Moche del Perù, mentre le culture confinanti con quella greca non usavano nudità nella loro arte, né parlavano molto di corpi ideali nei testi sopravvissuti fino a oggi).
Nell’antica Roma, le classi dominanti erano estremamente influenzate dalla cultura greca. Come i greci, i romani pensavano che i peni grandi fossero ridicoli (o, più avanti, diminuivano le dimensioni del pene nelle rappresentazioni artistiche in osservanza al conservatorismo cristiano). Gli amuleti in forma di grossi peni (talvolta alati) venivano indossati dagli uomini giovani, mentre nelle campagne si svolgevano processioni propiziatorie con statue di peni extra-large per tenere lontani gli spiriti cattivi con il potere della risata. Clarke sottolinea che tra gli dei più amati c’era Priapo, “una specie di spaventapasseri con un grosso fallo, originariamente guardiano degli orti e dei frutteti… che puniva i trasgressori tramite la penetrazione con il suo ridicolo attrezzo fuori scala.” Al tempo stesso, nella sua storia culturale del pene A Mind of Its Own, David M. Friedman ha osservato che i generali romani usavano promuovere i soldati sulla base delle loro misure. E in privato, alcuni romani apparentemente apprezzavano il valore sessuale di un membro generoso: “Sembra,” nota Ormand, “che nell’antica Roma esistessero prostituti maschi che erano molto richiesti proprio per le dimensioni dei loro genitali.”
Anche nel Medioevo di tanto in tanto si usavano peni grossi per rappresentare il male, l’eresia o, credono alcuni studiosi, per provocare ilarità—anche se non mancano rappresentazioni di brachette che mettono in mostra il batacchio come segno di potere virile. Durante il Rinascimento e l’era Neoclassica, poi, secondo Oredsson, hanno continuato a comparire statue “poco dotate” in stile greco. E, aggiunge il classicista Kirk Ormand, è ancora possibile trovare strascichi di questa antica credenza che associa un pene grande con un atteggiamento impulsivo e assurdamente lussurioso nella cultura moderna, anche se i peni piccoli non sono più così presenti nella nostra arte (pensiamo all’espressione denigratoria pensare con il cazzo, ma anche agli stereotipi razzisti degli uomini neri che li dipingono come superdotati selvaggi dalla sete di sesso animalesca).
Ma allora, quand’è che i peni grossi hanno smesso di essere oggetto di risate e curiosità e sono diventati delle icone di desiderio e ammirazione? Gli storici dell’arte e i critici culturali hanno fatto ogni sorta di ipotesi, da I Modi, famoso libro di illustrazioni erotiche del sedicesimo secolo, alla tendenza verso l’estremo della moderna industria pornografica.
Probabilmente non è esistito un momento in cui la percezione è cambiata, perché la nostra idea di misura del pene è sempre stata fluida e sfaccettata. Come ha osservato Joseph Slade, storico delle rappresentazioni culturali del sesso e della sessualità, nell’arte e nel mito il pene è sempre collegato a un senso di potere; è un simbolo di potenza, fertilità e forza. Anche quando è visto come un po’ ridicolo, spesso non perde quell’ammirevole senso di forza. “Anche nel mondo greco,” ha aggiunto Ormand, “ci sono occasioni in cui un membro di grandi dimensioni può avere una connotazione positiva.” Questa alternanza tra l’idea dei peni grossi come assurdi e disgustosi o potenti e desiderabili all’interno della stessa cultura si ripete del resto nella storia. Oggigiorno, i peni grossi possono rappresentare umorismo, minaccia o desiderio a seconda del contesto. “Anche oggi, penso che le nostre percezioni culturali del pene siano molto complesse,” dice Oredsson.
È probabile, aggiunge Clarke, “che siano sempre esistiti individui attratti dai peni più grossi, nonostante le implicazioni negative di tale propensione nell’opinione dei greci e dei romani.” Allo stesso modo, nonostante il porno e la cultura pop cerchino di insegnarci il contrario, non tutti oggi desiderano un membro ciclopico. Le storie dell’orrore sul dolore e il disagio provocati dall’attività sessuale con un organo di dimensioni esagerate abbondano. La realtà dell’attrazione è che ognuno ha la propria conformazione anatomica e le proprie preferenze a livello di sensazioni, se riesce a superare le influenze pop-culturali ed entrare in contatto con la propria intimità. Il desiderio è flessibile, e non dipende così tanto dalla grandezza del pene come credono molti uomini.
L’idea del pene ideale o almeno culturalmente desiderabile è sempre stata complessa. Quella che occupa il maggior spazio culturale probabilmente dipende da chi si trova nella posizione di potere e da quale flusso di pensiero l’ossessiona maggiormente. “Senza dubbio non si tratta di un sentiero lineare,” aggiunge Oredsson. “Non c’è stato un punto in cui la percezione sociale del pene è cambiata… Molte diverse percezioni sono esistite e sono co-esistite nel corso della storia.”
In conclusione, non c’è un vero motivo per fissarsi sulle dimensioni del pene o dare troppa importanza alla categoria “big dicks” dei siti porno, né alle rappresentazioni di pacchi impressionanti nella cultura popolare. Non sono il vangelo, ma momenti culturali di passaggio. Non importa che cos’hai lì in mezzo, nel corso della storia il tuo pisello è stato sia oggetto di scherno che di desiderio. Oggi, allo stesso modo, è entrambe le cose. Dipende da come lo guardi. O da come lo scolpisci, per i posteri.
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