Ultimamente su queste pagine abbiamo scritto con una certa frequenza di tatuaggi, tatuatori e persone tatuate, tanto che stavamo quasi per dimenticaci di tutti gli altri, ovvero quelli che non hanno tatuaggi. Che, che ci crediate o meno, costituiscono ancora la maggioranza: stando a un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità condotta su un campione di quasi 8000 persone dai 12 anni in su, per esempio, al 2015 i tatuati in Italia costituirebbero il 12,8 percento della popolazione. Insomma, poteva essere una grossa dimenticanza.
Poi però sono arrivati i nostri colleghi di VICE Francia, che hanno convocato i componenti non tatuati della redazione di Parigi, li hanno messi tutti in una stanza e si sono fatti spiegare perché sulla loro pelle non si sia ancora posata una macchinetta. Qui sotto trovate le loro ragioni, che riportiamo perché in redazione a Milano siamo tutti tatuatissimi (aha).
COSTANO TROPPO
Quando avevo 17-18 anni ho sviluppato una specie di allergia a tutti quegli amici che ogni volta che c’era da fare qualcosa “non avevano soldi” anche se poi spendevano 150 euro al mese in sigarette. Mi facevano proprio incazzare. Ora è lo stesso, ma al posto delle sigarette ci sono i tatuaggi. È per questo che non ho mai preso in considerazione l’idea di farmi un tatuaggio: molto semplicemente, non ho soldi da investirci. Eppure la cosa non mi causa particolare imbarazzo, anzi—non me ne frega proprio niente. L’imbarazzo me lo crea al massimo chi si mette a farmi le pulci. Detto ciò, non mi piacciono nemmeno quelli che fanno della loro assenza di tatuaggi una presa di posizione. Sono tristissimi.
Non dico che in futuro non mi farò qualche tatuaggio, l’idea c’è. Anche se per ora ne ho discusso solo con due amici molto bravi e che stimo molto. Se mai dovessi farmene uno è da loro che andrei, e solo con la certezza assoluta di ciò che voglio. Essendo vicino alla cultura metal, vorrei che il mio tatuaggio riflettesse l’assurdità della commedia umana così come l’oscurità della mia anima, penetrata appena dai deboli raggi di sole che avverto su di me quando il Bordeaux vince contro il Nantes o la cassiera (tatuata) del Franprix mi dà un euro in più di resto. È per questo che mi piacerebbe farmi tatuare un tramezzino preconfezionato.
—Sébastien, Editor di VICE Sports Francia
DURANO PER SEMPRE
Quand’ero più piccola ero intrippatissima con la cultura dei tatuaggi, e mi incuriosiva non poco l’idea di poter modificare quel corpo che ci viene arbitrariamente assegnato alla nascita. La vedevo come una forma di appropriazione della propria pelle. Da allora sono cambiate molte cose.
Il fatto è che ho sempre preferito i piercing. Sono più semplici e non durano per sempre. Perché farsi un tatuaggio quando puoi optare per due anelli al naso, traumatizzare i vecchi sul bus e urlare in faccia al mondo la tua crisi adolescenziale, e due anni dopo annoiarti e toglierli? In più, c’è il rischio di pentirsi––per esempio quando il malcapitato di turno si renderà conto che i Type O Negative non sono ‘sto gran gruppo dai tempi di “My girlfriend’s girlfriend” o il triangolo passerà di moda. Cosa peraltro già accaduta.
Se dovessi mai farmi tatuare sceglierei una cosa stupidissima, per passare direttamente nella categoria delle persone che hanno vissuto al massimo. Quindi, non un punto e virgola stilizzato sull’anca, ma, senza esitazione alcuna, un tatuaggio ispirato a Gucci Mane, portatore dello stesso spirito e collocato nella stessa posizione del gelato che ha sulla guancia. Ma ho davvero tutta questa voglia di dire definitivamente di no alla vita?
—Sarah, Noisey Francia
SONO UNA MODA COME ALTRE
I tatuaggi di oggi non mi dicono assolutamente niente, li trovo una semplice forma di tuning corporale priva di interesse. Al contrario, mi è sempre piaciuta la storia dei tatuaggi legati a tradizioni ancestrali, al carcere o all’appartenenza a determinati gruppi, tipo gli skinhead degli anni Settanta con le croci sulla fronte.
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Questi esempi sono l’esatto opposto della pratica estetica attuale, che non ha niente di sovversivo. Quanto alla gente che si fa un tatuaggio “perché mi piaceva il disegno,” ognuno ha il suo. Ne riparleremo tra trent’anni.
—Rod, Associate Editor Noisey Francia
SONO FUFFA
Le persone tatuate mi piacciono. Sono persone con cui parlo, lavoro, esco a bere, insomma, persone che frequento da tempo, spesso da prima ancora che decidessero di marchiarsi a vita. Il fatto però è che anche quando parlo, lavoro ed esco a bere con queste persone, non posso fare a meno di vedere in questa loro caratteristica una posa inutile, che nella maggior parte dei casi è frutto di una menzogna. Chi potrebbe mai pensare che dietro queste persone perfettamente integrate nella società si nasconda un criminale? Nessuno.
D’altra parte, è anche possibile che i tatuaggi siano un mezzo per dire qualcosa su di sé al resto del mondo, una verità spesso non bella da vedere e oggettivamente difficile da rivelare. Se è questo aspetto della loro verità che i tatuati cercano disperatamente di rivelare, la loro protesta sorda contro la dittatura dell’originalità, allora ok, i miei complimenti.
Quanto a me, non credo mi farò mai un tatuaggio, sia per le ragioni qui esposte che per altre––per esempio il fatto che dover conservare questa “parte di sé” per l’eternità non è solo una romanticheria, ma soprattutto una cagata.
—Julien, Editor in Chief VICE Francia
SONO “TROPPO”
Fino a oggi, la mia vita è stata caratterizzata da una lunga serie di idee e iniziative partorite dal mio cervello e abbandonate 30 secondi dopo la loro formulazione. È per questo che non mi sono mai tinta di biondo, fatta un piercing all’ombelico o tatuata due serpenti incrociati sul polso––tutte idee mutuate dal mio ex idolo Alyssa Milano alla fine degli anni Novanta.
Questo però non mi ha mai impedito di godere della vista dei tatuaggi altrui. Anzi, penso di poter addirittura dire di apprezzare la maggior parte dei tatuaggi dei miei amici, alcuni dei quali si sono fatti ornare il corpo di antiche divinità messicane, farfalline viola e scritte criptiche di vario tipo che probabilmente sono già finite sulla lista di cose di cui si pentono. Eppure, quando parlo di tatuaggi con una persona tatuata ho sempre l’impressione di essere una di quelle mamme che cercano di comprendere il funzionamento dei selfie stick o, peggio, il tipo di persona che non fa altro che dire “capisco benissimo cosa intendi” in nome della sua presunta apertura mentale.
Mi sono ritrovata un sacco di volte nei pressi di un ago e con una quantità sufficiente di alcol in corpo, ma non ho mai ceduto.
—Julie, Online Editor VICE Francia
LI PREFERISCO SULLE RAGAZZE
Mi affascina molto il percorso che ti porta a dire “bella lì, mi faccio un tatuaggio.” Tanto più se si tratta di un delfino o un tulipano sugli adduttori. Il fatto è che nel mondo ci sono anche un sacco di coglioncelli pieni di tatuaggi super pretenziosi, solitamente corredati da canottiera, barba, piercing e berretto. Come se, senza bisogno di parlare, volessero comunicare a tutto il mondo una cosa tipo “faccio il cuoco in un organic bar specializzato in polpette al foie gras di soia in zona Pigalle-sud.”
Detto ciò, ci sono anche dei tatuaggi fighi. Una mia carissima amica, per esempio, è quasi tutta tatuata e ha in programma di completare l’opera facendosi tatuare, come dice lei, delle “metafore della sua vita.” In effetti sono un po’ fissato con le tipe tatuate, e non lo dico solo perché sono ancora tra quelli che vanno su Suicidegirls.com.
Eppure so che al 99 percento non mi farò mai fare un tatuaggio. L’unica cosa che mi preoccupa sono quei momenti di alterazione del proprio stato in cui non si ha il pieno controllo di sé. Come quel mio amico che, completamente ubriaco, si è fatto tatuare sul cuore una stella con il nome della sua ragazza dell’epoca, accompagnato dalle iniziali della città in cui vivevano (New York). Di per sé il tatuaggio non è brutto, ma resta una cosa estremamente ridicola. Soprattutto perché ora con quella ragazza non ci sta più. Insomma non mi ci vedo tatuato, ma cerco comunque di fare attenzione con l’alcol.
—Bertrand, Adivertising Operations Manager VICE Francia
SONO ROBA DA PARACULI
Non sopporto i ragazzi che si fanno i tatuaggi solo per avere qualcosa da raccontare, quelli che se ne stanno lì ad aspettare che qualcuno chieda, “cosa significa questo tatuaggio?” per poi rispondere con una storia posticcia su una qualche rivelazione avvenuta durante un viaggio. Quelli così sono il peggio. Rispetto di più chi si fa tatuare una roba tipo la data di nascita del figlio.
In generale però non ho niente contro chi si sente più “se stesso” con un tatuaggio; non vedo perché non dovrebbero averne il diritto.
—Julien, Sales Manager VICE Francia
MI ACCONTENTO DEI MIEI AMICI TATUATI
I tatuaggi non mi interessano, ma ho un sacco di amici più o meno pieni di tatuaggi. Principalmente tatuaggi scemi. Un mio amico è andato a una tattoo convention per un articolo e mentre era lì ha deciso che era l’occasione giusta per farsi tatuare qualcosa, ma non aveva la minima idea di cosa. È tornato a casa con la parola NIENTE sul tricipite. Un altro invece si tatua da solo; i suoi sono per lo più disegnetti, di quelli che scarabocchi su un foglio quando ti annoi. Uno ce l’ho pure accompagnato di persona, a farsi un tatuaggio. E anche se il teschio messicano che si è fatto fare è veramente bello, il posto era una topaia con 40mila gradi. Lui l’ha definita “un’esperienza”.
Se fossi obbligato a farmi un tatuaggio, probabilmente opterei per una lacrima poco sotto l’occhio. Anche se temo stonerebbe un po’ con la mia faccina delicata. Oppure qualcosa sui piedi. I piedi sono una parte talmente brutta del corpo che farcisi tatuare sopra un lupetto mi sembra un’idea assolutamente ragionevole.
—Pierre, Associate Editor VICE News Francia
SONO IMPEGNATIVI
Sono andata al liceo dai preti, un posto in cui le persone tatuate erano una sparuta minoranza. E di fronte a un membro della suddetta minoranza, le reazioni possibili erano due: o istantanea ammirazione, quando il tatuaggio era percepito come un simbolo di ribellione e esotismo, oppure grandissima pena. In questo caso, i tatuati erano persone in crisi adolescenziale che si facevano un triangolo o una stella sull’avambraccio consapevoli che avrebbero dovuto nasconderlo a tutti i costi, pena l’esclusione dall’eredità.
Quanto a me, credo di non aver mai varcato la soglia di uno studio di tatuaggi per una ragione molto semplice: la pigrizia. Associo l’idea del tatuaggio a una lunga e sofferta ponderazione, e di conseguenza tendo a prendere il tutto un po’ troppo sul serio.
—Clara, Munchies Francia
MI ANNOIANO
A scoraggiarmi è principalmente la crescita esponenziale del tatuaggio di questi ultimi anni. Prima sono arrivati i centri per le lampade, poi le sigarette elettroniche––i tattoo shop, per me, rientrano in questa categoria.
C’è la tendenza a percepire il tatuaggio come un semplice esercizio di libero arbitrio, qualcosa che aiuta a costruire la propria personalità, ma da qui a qualche anno, quando tutta la fascia di popolazione dai 14 ai 50 anni sarà tatuata, torneranno a rappresentare quella massa da cui i loro portatori pensano di differenziarsi.
Mi piacciono le storie sui tatuaggi delle sottoculture e le gang, ma a vedere ciò che ci propone oggi la cultura pop, con Wiz Khalifa, Tyga, Lil’ Wayne e Justin Bieber che sembrano tatuati in serie, non potrei esserne meno attratto. E lo stesso ovviamente vale per i calciatori, che si fanno la manica di tatuaggi e poi sono le persone più corporate sulla faccia della terra.
—Jérome, Office Manager VICE Francia
SONO UNA FORMA DI ESIBIZIONISMO
Mi piace l’idea di tatuaggio come elemento culturale e sociologico, un qualcosa che definisce il tuo gruppo di appartenenza, la tua identità, la tua cultura. I tatuaggi che hanno un significato “personale” invece mi fanno cagare. I nomi, le iniziali, le date di nascita… mi sembrano una forma di esibizionismo malsano. Esteticamente parlando possono anche essere belli, ma rimangono una moda. Dieci anni fa mi piaceva un sacco farmi gli spike col gel; fortunatamente poi è passata.
—Robin, VICE Francia