Se vi sentite sconfitti in partenza dalla crisi climatica, vi capiamo.
Viviamo in un mondo in cui chi è al potere dichiara lo stato di emergenza climatica e subito dopo approva un piano per estendere di chilometri un gigantesco oleodotto. Un mondo i cui leader negano che ci sia bisogno di agire per il clima, che rifiutano donazioni per contrastare vastissimi incendi perché preferiscono comportarsi come bambini che danno più valore all’orgoglio che alle vite di altri 7,5 miliardi di persone.
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È tutto molto deprimente e non aiuta di certo a coltivare speranza.
Ma non possiamo lasciarci sconfiggere; se ci arrendiamo, per il pianeta così come lo conosciamo sarà finita. Ognuno ha bisogno di riconoscere il problema per quello che è—la più grave minaccia alla sopravvivenza umana, più importante nell’immediato futuro di qualsiasi trattativa economica internazionale, controllo dei flussi di immigrazione o piano per “riprenderci il nostro paese”—e comportarsi di conseguenza.
Qui da VICE copriamo l’argomento del cambiamento climatico da anni—sia a livello internazionale che locale, con articoli sui fenomeni meteorologici estremi, sulla situazione in Artico, sul negazionismo, ma anche sulle conseguenze più subdole e complesse della crisi climatica. Per esempio, vi abbiamo raccontato di come i confini tra Italia e Austria stanno cambiando per via dei ghiacciai che si stanno sciogliendo sulle Alpi, di come i “rifugiati climatici” siano già una realtà anche se il loro status non è legalmente riconosciuto, e vi abbiamo portati nel futuro terrificante di Venezia con il nostro documentario Venezia 2100.
All’inizio di quest’anno abbiamo deciso di alzare l’asticella perché l’informazione è il primo, fondamentale passo per affrontare e reagire al cambiamento climatico; per questo, da qui al 27 settembre pubblicheremo ogni giorno articoli sulle situazioni ambientali già estreme nel mondo; per questo—insieme ad altre 250 testate—abbiamo deciso di partecipare a Covering Climate Now, un’iniziativa che vuole rafforzare la copertura mediatica dei problemi legati al clima; e, per questo, stiamo dando il nostro sostegno alla settimana dello Sciopero Globale per il Clima, indetta dal 20 al 27 settembre.
Alcuni cambiamenti che possiamo introdurre nelle nostre vite faranno la differenza—ma il grosso della responsabilità resta in mano ai governi e alle leggi e alle normative che possono e devono implementare. Alla fine, le 20 nazioni che emettono più CO2 dovranno adottare un Green New Deal di qualche tipo—un’impresa non facile, ma anche un passo fondamentale per impedire che vada tutto in merda nell’imminente futuro.
Per questi 20 paesi non si tratta di una prospettiva allettante, perché a) richiede un sacco di lavoro e b) devono spiegarlo ai colossi dell’energia ricavata da fonti non rinnovabili, un’industria estremamente potente e con un discreto peso politico. Per convincerli ad agire, bisogna ribadire ai governi—il cui scopo nominale, ricordiamocelo, è servire i cittadini—che ciò che i cittadini vogliono è non morire in modo orribile in una guerra per l’acqua.
Saltare il lavoro e scendere in strada è un ottimo modo per farlo, così come aiutare uno qualsiasi dei gruppi di protesta che alimentano il movimento e che sono nati proprio per chiedere ai governi azioni concrete contro la crisi climatica. Se non potete lasciare l’ufficio ci sono altre cose che potete fare per partecipare allo sciopero, come chiedere al vostro capo di chiudere prima, o di non offrire servizi per qualche ora se è una piccola attività, oppure potete decidere di stare in silenzio tutto il giorno. Siate creativi, anche se non potete andare a marciare con uno striscione.
Qualsiasi cosa, ma qualcosa dobbiamo farlo—perché siamo l’unica speranza che ci è rimasta.
Ci vediamo alla marcia il 27 settembre. Nel frattempo, sotto la tag Covering Climate Now trovate gli articoli che pubblicheremo nel corso della settimana. E qui trovate tutta la nostra copertura sul cambiamento climatico.