Cinque ex pornostar italiane si raccontano

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Lo stigma nei confronti di chi fa sex work è ancora fortissimo, e in questi giorni—attraverso la notizia del ban da OnlyFans dei contenuti sessuali espliciti, poi ritirato a seguito della mobilitazione—ne abbiamo avuto un promemoria.

Fra le varie tipologie di sex work, una delle più socialmente esposte e visibili è quella della pornostar. Il loro lavoro viene fruito da una massa enorme di persone, i loro volti sono estremamente noti e le carriere hanno spesso una durata limitata.

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Il settore è cambiato tantissimo negli ultimi anni, e del tema abbiamo parlato per esempio rispetto a chi vi si è accostato durante la pandemia o per vicende come Girls Do Porn o la moderazione di XHamster.

Stavolta, abbiamo deciso di contattare cinque persone che hanno lavorato nel porno principalmente da inizio anni Duemila e nel frattempo hanno lasciato l’industria. L’abbiamo fatto con la consapevolezza che “la vita dopo il porno” è a suo modo un cliché (perché non c’è nulla di strano nel cambiare lavoro), e con l’interesse di capire come sia cambiata soprattutto la percezione della società.

Le interviste sono state editate per ragioni di spazio e scorrevolezza.

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Franco Trentalance in posa con alcune sculture dell’artista Nazareno Biondo.

FRANCO TRENTALANCE

VICE: Cosa ti ha spinto a ritirarti quattro anni fa?
Franco Trentalance:
Volevo farlo all’apice, evitando fasi di calo, in modo che il pubblico avesse un bel ricordo. Poi mi ero decisamente stancato: questo non lo dice mai nessuno, ma il lavoro del pornoattore è anche snervante. Devi stare lì in erezione mentre il regista ti dice “fai sesso su una scala a chiocciola, sul pavimento di marmo gelido, su uno scoglio sotto il sole… più forte, più piano.” Mi ero un po’ rotto.

Adesso di cosa ti occupi?
Coltivo tutte le passioni che prima avevo meno tempo di assecondare. La scrittura (ho scritto la mia biografia Ritrattare con cura), la gastronomia. Produco una mia linea di vini e collaboro con alcuni mental coach, Italo Pentimalli e Alberto Ferrarini. Ho diverse cose in ballo, ecco. 

Ti sei mai pentito di esserti ritirato? Ti manca qualcosa in particolare del porno?
Pentito no. A livello sessuale mi manca la qualità tecnica che avevano alcune attrici nel fare sesso, quello sì. Nella vita normale a volte rimango deluso.

Che rapporto hai oggi col porno? Lo guardi?
Sì, lo guardo, ma lo trovo troppo corto: sette/otto minuti di scena sono pochi. Spesso guardo una clip ma finisco poi con fantasie mie. E poi sono come quelle nonne che parlano con le soap opera alla tv, parlo agli attori e gli do suggerimenti: “Perché ti sei messo così?” “Spostati di là.” Una specie di deformazione professionale. 

Cosa pensi in generale dello stigma verso la professione?
Quando fai delle scelte “controcorrente” devi saper anche accettare quella parte di te e non cedere allo stigma. Di pregiudizi ne ho subiti molti anche io, ma l’ago della bilancia nella mia carriera pende molto di più per i vantaggi piuttosto che per gli svantaggi. 

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Cristina Ricci.

CRISTINA RICCI (in arte MICHELLE FERRARI)

VICE: Tu ti sei ritirata più volte dalle scene, per poi tornare. Stavolta il ritiro è definitivo?
Cristina Ricci:
Sì, perché le motivazioni erano diverse. In passato l’ho fatto per problemi dovuti alla gelosia delle persone con cui stavo, mentre stavolta penso che il capitolo sia chiuso. I film non mi interessano più, è diventata una cosa meccanica. [Detto ciò], lo rifarei assolutamente: mi ha reso una persona più consapevole e libera.

Di cosa ti occupi?
Io vivo nel presente. La nascita di mia figlia mi ha cambiato la vita e adesso mi sto dedicando a lei. Ovviamente coltivo anche i miei interessi: la mia famiglia possiede un agriturismo e negli ultimi anni mi sono molto appassionata alla naturopatia e al triathlon.

Essere un’ex pornoattrice è mai fastidioso? Per lo stigma sociale, per l’invadenza dei fan?
Un po’ sì, il “marchio” ti rimane addosso. Nell’agriturismo di famiglia a volte arrivano prenotazioni di clienti che chiedono maliziosamente di eventuali “servizi in camera.”

Ti è mai capitato di sentirti in dovere di rispettare il tuo ruolo sessuale di “ex pornostar” nelle relazioni private?
No, mi è capitato il contrario. Io ho fatto porno per passione e a volte quella trasgressione e quella libertà mi è mancata. I miei compagni volevano “salvarmi dal porno,” mentre io non avevo bisogno di essere salvata da niente.

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Ruggero Freddi.

RUGGERO FREDDI (in arte CARLO MASI)

VICE: Cosa ricordi oggi della tua carriera di pornoattore?
Ruggero Freddi:
Il mio periodo nel porno è stato un momento felicissimo della mia vita. Sono orgoglioso sia di essere stato Carlo Masi, sia di aver insegnato in università. Va detto però che io ho fatto parte di un’élite nel porno, sono stato un privilegiato. Chi non ha ottenuto il mio successo subisce di più lo stigma e i lati negativi.

Perché hai deciso di abbandonare?
Perché avevo ottenuto il massimo da quella carriera: benessere economico, fama e molti bellissimi ricordi ed esperienze. Ma da lì in poi sarebbe stato un continuo ripetersi, così ho deciso di smettere a un’età in cui potevo reinventarmi ancora facilmente. 

Non ti manca mai quel mondo, nella vita sociale, economica e ovviamente personale o sessuale?
Girare film no, il contorno a volte sì. I continui viaggi, gli eventi, i galà per i premi, la fama—la pornografia è anche show business, ed è un mondo divertente. 

Il mio ex marito [il principe Giovanni Fieschi Ravaschieri del Drago], che purtroppo è venuto a mancare, era molto facoltoso e mi ha lasciato in una situazione economica favorevole. Da questo punto di vista sono fortunato, e ho potuto dedicarmi alla mio vero desiderio, che era insegnare matematica all’università.

[Quanto all’ultima parte della domanda,] ho sempre avuto una sessualità molto tranquilla, non mi sono mai visto in quel ruolo [del pornoattore]. Sono sposato e anche mio marito è un ex attore [Gustavo A.Leguizamon, A.K.A. Adam Champ]: non c’è nessuna iconicità sessuale da mettere in mostra. Quello che si fa in video resta lì, è spettacolo.

Quanto è pesante invece lo stigma?
A livello personale nessuno si è mai permesso di dirmi niente in questo senso. A livello lavorativo invece mi ha penalizzato molto: sognavo una carriera universitaria, che però è stata ostacolata quando il mio passato è diventato noto.

Ci sono professori che mi scelgono per delle docenze e poi mi confessano che gli è stato caldamente indicato da altre figure di non prendermi in considerazione. Purtroppo queste figure ricoprono ruoli chiave in università, quindi è impossibile aggirarle. Ho dovuto rinunciare. Adesso sto facendo il corso in Banca d’Italia e insegno alle superiori.

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Marika Vitale.

MARIKA VITALE

VICE: La tua carriera nel porno è durata un anno, tra il 2016 e il 2017.
Marika Vitale:
Sono tanti i motivi per cui ho lasciato, soprattutto economici. Il gioco non vale la candela. L’ambiente non era come mi immaginavo: un tempo c’erano le dive nel porno, oggi le attrici sono tantissime ed è tutto molto cinico. Non era il mio mondo, ecco. Per anni invece ho lavorato come sexy star nei locali, e quella è stata una bellissima esperienza. 

Adesso di cosa ti occupi?
Io lavoro soprattutto con Instagram e ho anche un profilo Onlyfans. Ho una buona base di follower e collaboro con diverse aziende e negozi che producono prodotti di bellezza o vestiti. 

Vorrei tornare a studiare, ho molti progetti—non vedo il mio passato come un ostacolo. Sinceramente a me fa anche piacere essere riconosciuta dai fan e non ho paura dei pregiudizi né del futuro.

Che rapporto hai col porno? Lo guardi?
No e sinceramente non lo guardavo neanche prima. Mi interessa poco.

Lo rifaresti?
Sì, perché è stata un’esperienza. Tutto serve per crescere.

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Gianfranco Coizza.

GIANFRANCO COIZZA (in arte DENIS MARTI)

VICE: Cosa ti ha spinto a lasciare il porno e cambiare vita?
Gianfranco Coizza: La decisione è maturata pian piano. Nell’hard mi sembrava di aver raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissato. Avevo lavorato ad alti livelli come attore, fatto il regista, il produttore… l’ambiente non aveva più niente da darmi.

Adesso lavori nel mondo della ristorazione, giusto?
Era un’idea che covavo da tempo. Negli ultimi tre anni di attività come pornoattore mi ero già inserito nel settore della gastronomia e dell’hospitality. Avevo quote in un ristorante a Budapest e insieme ad alcuni amici possedevo anche un apartment restaurant a Los Angeles. Quindi non è stato un salto nel vuoto, ma un progetto creato nel tempo.

Dal punto di vista economico lasciare il porno è stato penalizzante?
Forse all’inizio un po’ sì. Ma diciamo che è un modo diverso di gestire la carriera: il pornoattore vive aspettando che i produttori lo chiamino, con la consapevolezza che di colpo potrebbero smettere di farlo. Non era il paradiso che la gente si aspetta, nemmeno ai tempi in cui giravano più soldi.

Mi preoccupava [più] la percezione degli altri. Temevo che per alcuni, anche sul lavoro, sarei sempre stato “l’attore porno”. Cosa che effettivamente a volte capita: ho perso anche delle collaborazioni importanti sul lavoro a causa del mio passato.

Non ti manca mai la vita che facevi nel porno?
No. Perché l’ho sempre vissuta come una carriera, non come uno stile di vita. Ho sempre mantenuto gli stessi amici e gli stessi interessi.

Tornassi indietro lo rifaresti?
Ti dico la verità, forse no. Perché lo stigma verso i pornoattori è ancora molto forte, e copre molto quello che sei.