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Molti non lo sanno, ma l’Italia è uno dei più grandi produttori di caviale al mondo

produzione italiana di caviale

Gli storioni, i pesci da cui si prende il caviale, non esistono solo in Russia, anzi, l’Italia era piena nella zona del nord. Era il pesce dei papi, già nel Medioevo.

Se vi dico caviale, è abbastanza scontato che il pensiero vada inesorabilmente a tavolate di ricconi che si ingozzano di uova di pesce nere innaffiandole con ettolitri di vodka. Lo stereotipo ci porta ad associare il caviale alla Russia o al massimo all’Iran.

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Eppure quanti di voi sanno che l’Italia è uno dei massimi produttori di caviale? Io non lo sapevo, per esempio. Almeno, non prima di visitare un’azienda in Italia dove ho visto con i miei occhi aprire in due gli storioni, prenderne le uova e ricavarne uno dei cibi più pregiati per eccellenza.

Qualche tempo fa sono stato invitato in Veneto da Cru Caviar, uno dei maggiori produttori di caviale in Italia, e ho scoperto, abbastanza sgomento, che in quanto produttori, oscilliamo, anno dopo anno, tra il secondo e il terzo posto, e sempre primi in Europa. Al primo, irraggiungibile, c’è la Cina.

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Le varietà di caviale di Cru Caviar

Quello che io trovavo impossibile, cioè avere incredibilmente un prodotto di lusso associato a posti lontani come Russia, Iran e Cina nel nostro paese, è perfettamente ragionevole se si ascolta parlare Renzo Zanin, che prepara, supervisiona ed è praticamente maestro di caviale a Caviar Cru: “Gli storioni, i pesci da cui si prende il caviale, non esistono solo in Russia, anzi, l’Italia era piena nella zona del nord. Era il pesce dei papi. già nel Medioevo.” In effetti c’era una ricetta a base di storione nel libro di Bartolomeo Scappi custodito in questa biblioteca a Roma, dove sono stato dopo la visita veneta.

Prima di andare avanti, lezione di caviale alla portata di tutti: il caviale non è altro che uova di storione, punto. Sono nere, grigie, ma non di certo arancioni. Quindi quando vi scrivono “caviale di salmone” su un menu, per esempio, stanno mentendo (senza nemmeno sapere di mentire, a volte.)

Tornando a noi, mi interessava capire come fosse possibile che non portiamo il caviale italiano su un cuscino d’oro, vantandoci come ci vanteremmo per varianti regionali di un salame o formaggio. Come mi spiegano in stabilimento, non c’è una grande cultura in Italia e si vive ancora degli stereotipi che lo vedono un prodotto costosissimo. Senza andare lontano, mia nonna dice sempre che noi ci possiamo permettere le lenticchie, il caviale dei poveri. Oltre a Cru Caviar, ci sono diverse altre aziende italiane a produrlo, anche se non troppe: è comunque un investimento importante e a lungo termine. C’è Calvisius, forse il più conosciuto tra i caviali italiani; c’è Caviar Giaveri; e infine Adamas, che il caviale preferito di Mariah Carey.

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Un avannotto, il cucciolo di storione.

Non sto dicendo che il caviale non sia costoso, ma che non è mai stato un nostro feticcio gastronomico. “Non è mai stata fatta una vera cultura sul caviale italiano,” mi spiega il signor Zanin. “Noi cerchiamo di farla perché pensiamo sia importante anche democratizzare questo prodotto e farlo conoscere. Quindi abbiamo pensato di fare dei burri aromatizzati, di vendere la carne dello storione (che si presta benissimo a tartare e come sostituta dei pesci semplici, quelli che non sanno di molto e quindi perfetta per i bambini più schizzinosi, NdR) e di fare anche una bottarga di caviale.”

I prezzi, per del caviale invece vanno dai 45 euro per una lattina piccola, a 600 euro per una lattina sempre piccola, ma piena di caviale più pregiato. Sì, è costoso, ma non bisogna mangiarne in quantità industriali. “Il costo lo fa la lavorazione e la fonte primaria, lo storione. Che ci mette qualche anno prima di avere del caviale maturo,” mi spiega Renzo. “È un investimento a lungo termine, un po’ come nel whisky. Abbiamo dei Beluga (forse la più conosciuta tipologia di storione, sempre grazie ai russi, NdR) che sono qui da 20 anni e arrivano a pesare anche 250kg. Ovviamente il tempo e la razza ti danno poi un caviale più pregiato.”

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Il caviale Almas è tra i più pregiati e costosi di tutti. Era il caviale degli scià di Persia.

E comunque, come mi spiega, il mercato italiano rappresenta il 50% del loro fatturato, quindi non è proprio inesistente. Ma la maggior parte viene mandato in Russia: la Russia va matta per il caviale e non ne ha più molto. “Siamo gli unici produttori di caviale in Europa che possono vendere caviale in Russia.”

Se vi state chiedendo perché fossi in un allevamento e non a vedere beluga scorrazzare nel fiume Tagliamento, la risposta è che non è possibile. Lo storione è uno dei pesci più a rischio di estinzione al mondo e non si trova quasi per niente selvatico. Sembra un controsenso non da poco, ma proprio per questo motivo sono necessari degli allevamenti. Il signor Renzo mi spiega perché sia necessario porre fine alla vita dello storione, e non semplicemente prendere le sue uova: “Il caviale deve arrivare a una certa maturazione. Che coincide con quando le uova si staccano dalla sacca ovarica. Alcuni produttori, per farci più soldi, li spremono e inducono la maturazione e la compensano poi con altri agenti. Dicono sia più etico, ma alla fine non lo è.”

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Come si mangia il caviale e come riconoscerne uno buono

Dulcis in fundo, perché alla fine lo so che ve lo state chiedendo, mi sono fatto dire come si mangia per bene il caviale. Ho sempre sentito dire che bisogna usare la madreperla per prenderlo e che mai e poi mai il caviale deve sfiorare il metallo. Ed è in buona parte vero, mi dice il signor Renzo. “Anche se io lo assaggio con il metallo: devi solo esserci abituato.” Altrimenti la scelta migliore è quella di metterlo sul dorso di una mano, così ha modo di riscaldarsi un po’ e di aprire il gusto.

“Per riconoscere un caviale buono: non deve sapere di pesce e non deve avere odori strani, di alghe per esempio.”
Il sapore è soggettivo: ogni tipologia di storione dà un caviale diverso per colore, consistenza e sapore: ci sono dei caviali che fanno pop in bocca e caviali che si sciolgono appena li appoggi sulla lingua. In linea di massima per riconoscere un buon caviale bisogna capire quanto è persistente in bocca. Anche se al quinto assaggio non ero molto più in grado di distinguere un caviale da un altro.

Ora lo sapete: anche l’Italia ha il suo caviale. Non resta che papparselo a Natale. Magari innaffiandolo con la grappa al posto della vodka.

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