Tecnología

Quanto costa la pirateria informatica allo stato italiano?

Se siti come Torrents.me, EuroStreaming.co o Altadefinizione.one ti suonano familiari, probabilmente è perché fai parte di quel 39% della popolazione italiana adulta che nel 2016 ha commesso almeno un atto di pirateria, scaricando o fruendo illegalmente contenuti audiovisivi sul web. Parliamoci chiaro: tutti almeno una volta nella vita abbiamo scaricato un film da un Torrent o guardato in streaming una nuova serie TV. Del resto, poter guardare l’ultima stagione di Orange is the new black prima ancora che arrivi in Italia o il nuovo film di Tarantino senza doversi preoccupare della fila per il biglietto può essere una figata.

Ma quando lo facciamo non ci sentiamo dei pirati informatici né veniamo criticati per un comportamento illecito. Internet ha reso la ricerca di contenuti free una sorta di consuetudine. La nuova indagine condotta da Fapav (la Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali) in collaborazione con Ipsos, però, cambia un po’ la prospettiva a riguardo. Motherboard ha raccolto alcuni numeri sul fenomeno della pirateria audiovisiva italiana per cercare di comprendere le dimensioni di un problema che, più o meno consapevolmente, contribuiamo ad alimentare.

Videos by VICE

Come è emerso nel corso dell’indagine, chi fruisce illegalmente contenuti audiovisivi non ha una vera percezione dell’impatto reale che la pirateria ha sul sistema. Nonostante l’82% degli intervistati sia consapevole del fatto che la pirateria in Italia è considerata un reato, solo il 43% ritiene che il proprio comportamento possa essere perseguito legalmente. “Le leggi in materia esistono, ma questi reati vengono perseguiti con poca tempestività”, spiega a Motherboard l’avvocato Angelo Greco, esperto di diritto dell’informatica, copyright e privacy online. “Tra l’autorizzazione del Tribunale e l’attività del Pm, spesso passa molto tempo, e i pirati hanno già trasferito i loro server all’estero.”

Soluzioni estreme come quella adottata del Tribunale di Boston, che ha condannato Joel Tenenbaum al pagamento di 675mila dollari per aver scaricato illegalmente degli mp3, per la legislazione italiana non sono praticabili. “Per il nostro sistema giuridico” continua l’avvocato “la responsabilità penale è personale, perciò ogni condotta dovrebbe ricevere un processo autonomo. Visti i numeri del fenomeno, non è una soluzione. Per cambiare rotta ci sono due strade: una Convenzione internazionale alla quale aderiscano tutti gli Stati oppure un sistema di remunerazione alternativo. Per esempio, si potrebbe pensare a una sorta di tassa sul download, una piccola percentuale da aggiungere alla tariffa mensile che tutti paghiamo per la connessione internet. I soldi finirebbero nelle casse delle società che raccolgono i diritti d’autore, così i fondi pubblici spesi nella lotta alla pirateria verrebbero destinati altrove, e smetteremmo di considerare illegale un comportamento che di fatto non è percepito come tale”.