Lo ammetto: a me 4 Ristoranti piace. Il programma di Alessandro Borghese, in onda dal 2015 su SkyUno, è uno dei pochi show televisivi di cucina che guardo volentieri.
Non lo seguo in maniera sistematica né posso definirmi una spettatrice affezionata. Però ogni volta che incappo in una puntata la finisco con piacere, apprezzando il fare garbatamente pacato di Borghese, le nozioni su pulizia, servizio o organizzazione di un locale utili a chi è al di fuori del mondo della ristorazione, le scaramucce sceniche tra i proprietari. Quest’estate un ristoratore padovano ha minacciato di far causa al programma per danno di immagine: è stato il primo glitch nell’universo borghesiano. Nessuno prima, tra quelli che avevano fatto figure barbine perché il cameriere non sapeva stappare le bottiglie o c’erano padelle di olio vecchio di giorni in cucina, si era mai lamentato del montaggio, sostenendo che fosse falso e capzioso, e soprattutto aveva lamentato effettivi danni di immagine.
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L’episodio ha fatto riflettere: cosa succede ai ristoratori dopo il programma? Sì, vincono cinquemila euro da investire nella loro attività, ma poi? E quindi, così come avevo già fatto con Top Chef Italia, ho sollevato il velo di Maya del post messa in onda. E l’ho fatto con la mia città, Bologna, la cui puntata è andata in onda martedì 30 gennaio 2018 (ma la registrazione è avvenuta a ottobre 2017): focus, le osterie bolognesi. Quattro osterie a sfidarsi – dandosi reciprocamente punteggi da 1 a 10 per servizio, menù, conto e location – erano Al Cambio, Trattoria Da Me, Osteria Al 15 e Osteria Della Lanterna.
Trattoria Da Me – Elisa
Dall’Italia, ma anche dall’estero sono arrivati clienti olandesi e brasiliani perché mi avevano visto in tv. La prima settimana non sapevo come gestire le telefonate, 300-400 al giorno.
A vincere è stata Elisa di Da Me, che ha ereditato il ristorante dal nonno Danio, il quale l’aveva aperto come ‘ristoro per forestieri’ nel 1937. 5.000 euro, ok: ma quanto le ha cambiato le cose la vittoria? “In realtà io ho aperto due anni a mezzo fa quindi l’apertura era molto ‘fresca’. Il locale ha lavorato benissimo fin da subito” mi racconta Elisa, mentre la sua cagnolina Chef ci saltella entusiasta tra le gambe “C’era già difficoltà di prenotare. Dopo 4 Ristoranti c’è stata l’impossibilità. Ha portato una popolarità immensa e trasversale”. Dall’Italia, ma anche dall’estero: “Sono arrivati clienti olandesi e brasiliani perché mi avevano visto in tv. Non so quale sia la distribuzione all’estero, ma porta un pubblico, una massa incredibile anche da lì. La prima settimana non sapevamo come gestire le telefonate”.
Le chiedo di quantificare: “Capita di ricevere anche 300, 400 telefonate in un giorno. Ci si è fuso il telefono. Sul serio: si è rotto, bandiera bianca, stop. Abbiamo tolto la segreteria telefonica, altrimenti trovavamo centinaia di messaggi. Non che mi stia lamentando! È un pubblico bellissimo quello che ci ha portato: interessato a vivere un’esperienza autentica”. Elisa parla della sua esperienza con una gratitudine apparentemente sincera e svincolata dalla sua vittoria: “Il programma permette di raccontarti davvero. Alessandro è un lavoratore, un professionista pazzo per il cibo, che non dà per scontato le cose. Con il sorriso. E ha una squadra eccezionale dietro: ti fanno sentire a tuo agio tutto il tempo. Premetto subito che no, non c’è niente di costruito: hai telecamere puntate dieci ore al giorno, come fai ad essere fasullo? E poi siamo ristoratori, non attori. Devi accettare riscontri, sia positivissimi che negativissimi, soprattutto ora che in Italia sembriamo essere 60 milioni di chef: se hai una cucina merda il cliente indubbiamente non vorrà venire a trovarti”.
Quindi, niente critiche di nessun tipo? La percentuale di lamentele è bassissima. Io visito Elisa a inizio settembre e il primo tavolo libero il weekend a cena è a ottobre. Si fanno ‘un culo grande come una casa’ ma la contentezza c’è, si vede, nel volto di Elisa e in quello del personale sorridente, che saluta gli ultimi (tanti) clienti del pranzo mentre escono da questa piccola, bella trattoria sotto i portici del centro. In realtà, dice Elisa, il rovescio della medaglia c’è. “Il cliente che viene da fuori è entusiasta a prescindere. Quello locale invece viene sospettoso, con un’aspettativa troppo alta: ‘Vediamo se è davvero il ristorante migliore di Bologna’, si chiedono. Poi per quanto mi riguarda se fai le cose con rispetto hai già vinto”.
Io ed Elisa, entrambe autoctone, discutiamo della cucina bolognese e di come le ricette tradizionali siano capaci di rinfocolare un campanilismo senza pari. Durante la puntata, infatti, c’era stata una lunga diatriba sulla cotoletta alla bolognese: ogni ristoratore sosteneva che la sua versione fosse la migliore, ma alla fine ha trionfato quella di Elisa, che poco prima della messa in onda aveva anche vinto il riconoscimento degli Amici della Petroniana come miglior cotoletta di Bologna (sì, sono un gruppo di appassionati della cotoletta che batte la città alla ricerca della migliore. Avete trovato il vostro nuovo hobby preferito).
Le chiedo lumi su come la prepari lei: “La cotoletta alla bolognese è la ‘carne del giorno dopo’, per non sprecare nulla. La fesa di vitello viene impanata una volta, fritta nel burro, asciugata e rimessa in padella con brodo, Parmigiano Reggiano e prosciutto di Parma. Io come chiave moderna – fa ridere solo a dirlo – ho aggiunto una crema al Parmigiano. Un piatto furbo, con sapidità altissima. Noi utilizziamo solo carne di allevamenti non intensivi – come diceva mia nonna, con la roba buona si fa prestissimo a cucinare. Certo, non è conveniente, ma per me è sempre valsa più l’etica che il portafoglio. Una volta facevamo 15-20 cotolette al giorno, ora 80-90 al giorno: i vitelli non ringraziano”. Prima che vi inalberiate per la battuta e iniziate a cianciare di diritti degli animali, premetto che Elisa è vegetariana da 6 anni: “Durante 4 Ristoranti mangiavo tutto ma vomitavo dopo ogni puntata”.
Al Cambio e Piero Pompili
Per 15 giorni non sono riuscito a uscire di casa, mi chiedevano tutti foto ricordo
L’altro piatto al centro dell’edizione bolognese era, ovviamente, il ragù. A prendersi i 5 punti bonus assegnati da Borghese per il ragù è stato Al Cambio, arrivato secondo. Piero Pompili, gestore del ristorante, è stato sicuramente ‘il personaggio’ della puntata bolognese: carismatico, dispensatore di critiche puntute e sempre elegante. Il suo locale è stato criticato dagli altri per un eccesso di formalità e un ambiente giudicato troppo elegante per essere considerato un’osteria. E pure il suo ragù non era piaciuto ai ristoratori sfidanti: “Noi ne tagliamo una parte al coltello, lasciando i pezzettoni grossi di carne” mi spiega “Molti credono che vada macinato tutto, ma è impensabile che le donne in campagna avessero il macinacarne prima degli anni Settanta, Ottanta. Io ho fatto una vera ricerca storica sui piatti della tradizione”.
Dopo la messa in onda anche lui ha avuto un boom di prenotazioni, ma soprattutto un boom di popolarità intorno alla sua persona. “Per 15 giorni non sono riuscito a uscire di casa, mi chiedevano tutti foto ricordo. Al ristorante abbiamo dovuto staccare il telefono e accettavamo prenotazioni solo via mail o Facebook. Tutti i clienti che venivano chiedevano di me, volevano parlarmi, volevano foto. E non è terminato! Quest’estate al mare la gente chiedeva di ‘Piero del Cambio’. E pensare che il mio profilo è stato pure montato in maniera un po’ più soft. Io ero tutto e il contrario di tutto, dicevo parolacce, criticavo come erano vestiti gli altri”.
Piero smentisce lo stereotipo del ristoratore che va in tv affamato di popolarità. Da anni è un volto noto del mondo della ristorazione, ha guidato per anni una delle osterie più famose degli Appennini ed è amico di chef stellati e stimato dai direttori delle principali guide gastronomiche. Insomma, non aveva bisogno di 4 Ristoranti. Ma ne ha intuito la potenzialità. “Avevamo un pubblico molto di nicchia nonostante i nostri prezzi popolari (Al Cambio è stato riaperto con la gestione di Piero nel 2016, ma la proprietà rimane dello chef Massimiliano Poggi, NdR). Ma io non mi arrendevo, avevo questo progetto globale di espansione alla Carlo Magno. Noi non eravamo stati chiamati per 4 ristoranti. Un nostro amico era stato contattato e gli ho chiesto il numero di un autore. Li chiamo 5 volte in dieci minuti. Mi presento come ‘Buongiorno, sono Piero Pompili, so che avete fatto i casting e non mi avete chiamato’. Mi hanno contattato dopo poche ore e tutto è cominciato”. Ha passato i tre provini – telefonico, fotografico e video – per entrare nel programma, ma quando ha saputo che il focus sarebbe stato sulle osterie si è tirato indietro. “Noi oggettivamente non siamo un’osteria. Sapevo che ci avrebbero massacrato, poi però ho deciso di giocarmi il tutto per tutto. Ho creato un personaggio che funziona. La televisione è come i social network: devi rischiare”.
Il suo personaggio ha funzionato, cucina e servizio hanno fatto una figura impeccabile. Ma è contento che abbia vinto Elisa. “Meritava anche solo come esempio di imprenditoria al femminile… e poi almeno con lei ci divertivamo. Gli altri, ammettiamolo, erano un po’ mogi”. Piero è così: dice quello che pensa, lancia staffilate e non se le rimangia. Ed è inappuntabilmente sincero nel riconoscere il suo peso nel successo del ristorante, del fatto che sia pieno a pranzo e a cena: “Conosco il mio valore. Valiamo diverse centinaia di migliaia di euro grazie alla popolarità e alla mole di lavoro che ci ha portato 4 Ristoranti, cosa che ci ha permesso di fare ulteriori investimenti e migliorare ancora la nostra qualità”.
La prossima volta che alzate un sopracciglio davanti a 4 Ristoranti, abbassatelo subito.
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