Di inquinamento di origine antropica si parla in Italia da ben più di vent’anni. È da generazioni che questa nozione viene insegnata nelle scuole e che è entrata nel nostro quotidiano, ma soltanto di recente, messi un po’ alle strette da disastri ambientali sempre più tangibili e da una superiore consapevolezza delle dimensioni del cambiamento climatico, molti di noi hanno iniziato davvero a interrogarsi sulla propria produzione di rifiuti—e a fare qualcosa per limitarla.
Che si tratti anche di una tendenza—cavalcata da molti brand per farsi pubblicità—è indubbio, ma di certo non è una moda negativa. Ce l’ha detto anche Luca Mercalli quando lo abbiamo intervistato: “[Le azioni politiche e quelle individuali] devono viaggiare insieme. Chiediamo alla politica delle azioni efficaci, ma nel frattempo dobbiamo essere noi per primi a praticare [delle scelte]. Se non ci sono questi due livelli, o scegliamo di avere un’eco-dittatura… ma io preferirei farlo con la democrazia.”
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Dopo aver già ascoltato le voci di chi è passato a uno stile di vita zero waste, abbiamo raccolto un po’ di scelte che possono aiutarci a ridurre i rifiuti e gli sprechi nel nostro quotidiano in quattro ambiti principali.
LA BORRACCIA
L’Italia è il terzo consumatore mondiale di acqua in bottiglia dopo il Messico e la Thailandia, e abbassare la media pro capite di circa 180 bottiglie l’anno è già da solo un ottimo deterrente.
I difensori della plastica PET ne sosterranno le qualità: un materiale igienico leggero ed economico che potrebbe essere riciclato facilmente se non contaminato e, con le tecnologie più moderne, immesso in un sistema circolare che permetterebbe di non estrarre ulteriormente materie fossili. Tutto vero, ma confrontiamoci con la dura realtà: ci appoggiamo a un sistema di raccolta e riciclo che è ancora agli antipodi.
A questo aggiungiamo che, a prescindere dal ciclo finale delle bottiglie usate, il trasporto e la produzione di questi beni ne determinano una carbon footprint non trascurabile. Nello specifico, si stima che le emissioni di gas serra relative ad una sola bottiglietta di plastica da 500 ml si aggirino intorno agli 80 g di CO2.
Detto ciò, e considerando che le nostre risorse idrogeologiche non giustificano in alcun modo la presenza dell’Italia nel podio dei consumatori di bottigliette, resta a noi lo sforzo di munirci di borraccia e individuare la fonte di acqua potabile più comoda. E, piuttosto, insistere con le amministrazioni comunali affinché l’acqua del rubinetto sia effettivamente di buona qualità.
DISCHETTI STRUCCANTI RIUTILIZZABILI
Nella nostra routine mattiniera sono da tempo entrati a far parte salviette, dischetti e batuffoli di cotone—ma ci sono diverse ragioni per sostituire questi oggetti con alternative riutilizzabili e altrettanto valide. La produzione di cotone ha infatti un impatto negativo sia in termini di water footprint, che di erosione e inquinamento del suolo. Utilizzare una risorsa così costosa per l’ambiente per poi gettarla subito via è una tipica contraddizione del nostro mondo. Ne avevamo parlato anche in riferimento alle borse di cotone, sottolineando come sia importante utilizzarle al massimo per renderle effettivamente un prodotto sostenibile.
Inoltre il cotone idrofilo viene sottoposto a processi di lavorazione e sbiancamento che gli conferiscono la capacità di assorbire l’acqua ma che allo stesso tempo lo rendono inadatto allo smaltimento organico. Si tratta quindi di rifiuti non riciclabili destinati a discarica o inceneritore.
Per fortuna abbiamo delle soluzioni, dal prodursi i propri dischetti struccanti con una semplice operazione di taglia e cuci da una maglia di cotone non più utilizzabile ai dischetti di tessuto morbido lavabili in lavatrice da tempo in commercio. Molto spesso questi ultimi sono prodotti in cotone organico, che viene comunque ritenuto da molti poco sostenibile a causa della bassa efficienza di produzione che richiede più acqua e suolo, altrimenti la spugna di fibra di bambù sembra una valida scelta.
Il principio è lo stesso per tutti: sostituire una pratica ‘usa e getta’ con una soluzione lavabile e riutilizzabile centinaia di volte, come succedeva un tempo. Questo stesso discorso si presta a diverse altre tipologie di prodotto, come gli assorbenti igienici femminili (qui un articolo più approfondito), oppure i cotton fioc riutilizzabili—che invece abbiamo escluso in quanto spesso sconsigliati da medici e affini.
A proposito della fissazione per le salviette usa e getta, in questo video c’è un luminoso esempio di stupidità umana:
APEllicola
Mangiare è una necessità umana, imballare qualsiasi cosa mangiamo e conserviamo in strati e strati di plastica no. Eppure questo materiale si è fatto strada nella nostra catena alimentare, e recenti studi sembrano confermare che rischiamo di mangiare fino a circa 5g di microplastiche ogni settimana. Ci sono materiali innovativi alternativi alla plastica che possono essere usati nella distribuzione alimentare, ma cosa possiamo fare noi, nelle nostre case, per ovviare al problema?
Anche qui, ci sono sia soluzioni sempiterne che risposte nuove. Oltre a schiscette e barattoli, il nuovo trend del packaging sostenibile ha portato sul mercato un innovativo incarto in cotone e cera d’api. Si tratta di un involucro lavabile e riutilizzabile che a ogni uso risparmia in media ai nostri oceani un metro quadrato di pellicola di plastica o involucri usa e getta. Si presta ad avvolgere i panini da portare in ufficio o in biblioteca, o a sigillare il piatto degli avanzi usando semplicemente il calore delle mani.
Apepak ad esempio, brevettato in Italia, è fatto con cotone organico, cera d’api, resina di pino e olio di jojoba, tutti ingredienti che lo rendono antisettico e termoregolabile. L’azienda sostiene che un panno possa durare anche più di un anno se non usato a temperature troppo alte, e che la loro attività sostiene il lavoro delle api da miele di apicolture a pratica sostenibile e libere da pesticidi certificate dalla World Biodiversity Association. Altri marchi hanno sviluppato prodotti simili e l’italiana Beeopak, ad esempio, ha sostituito l’olio di jojoba con quello locale di noci.
Considerando che le api, necessarie alla sopravvivenza del nostro pianeta, sono in gravissima difficoltà, alternative del genere possono rappresentare un momento di rinascita per questa specie e per l’attività millenaria dell’apicoltura e allo stesso tempo aiutarci nel portare avanti la riduzione di rifiuti plastici.
CANNUCCE
Ormai è risaputo: l’UE ha dichiarato la guerra alla plastica e noi tutti dobbiamo iniziare la nostra battaglia nel quotidiano. Il bando, che regolamenta e vieta la plastica monouso diversamente a seconda dell’utilità, sostituibilità e inquinamento prodotto, colpisce in particolar modo il settore del food and beverage, dove gli oggetti monouso sottoposti a restrizioni di mercato sono diversi. Tra questi le cannucce, che rientrano nella top ten dei rifiuti più frequentemente trovati sulle spiagge, non sono classificate come imballaggi da riciclare a causa della forma difficilmente gestibile dai nostri impianti che non sono idonei alla selezione di oggetti piccoli e leggeri, e, per la facilità con cui ostruiscono le vie respiratorie degli animali selvatici, sono diventate simbolo di inquinamento.
La prima rivale della cannuccia usa e getta comparsa sul mercato è la cannuccia riutilizzabile in bambù, acciaio o plastica rigida. Sono reperibili ovunque su internet e si trovano sempre più spesso anche nei negozi di articoli per la casa, e vengono vendute con un piccolo spazzolino che ne consente il lavaggio prima dell’utilizzo successivo.
A fianco di questa alternativa riutilizzabile però, in Italia, sono comparsi alcuni tipi di cannucce monouso a basso impatto ambientale, come Sorbos e Canù. Sorbos è una cannuccia commestibile, 23 calorie di zucchero glassato, amido di mais e acqua che possono essere assunte a conclusione della bevuta onde evitare di produrre un rifiuto (che sarebbe comunque facilmente biodegrdabile). Canù è invece una cannuccia di pasta, esistente sia nella versione classica che nella versione gluten free, creata da una cooperativa nelle Marche.
Sappiamo che bandire le cannucce di plastica non risolverà il problema dell’inquinamento, ma trovare delle alternative a un oggetto che il più delle volte non è indispensabile ci sembra il minimo. Nel frattempo il presidente degli Stati Uniti, ignorando completamente il fatto che ci sono circa 7,5 milioni di cannucce arenate sulle spiagge del paese, ha sostenuto la propria campagna elettorale proprio vendendo cannucce di plastica al grido di “make straws great again.”