Non so voi, ma il mio personaggio preferito di Suburra è Spadino, tanto nella serie quanto nel film. Non solo perché si chiama Spadino e perché è quello con la caratterizzazione più interessante, ma per via di quelle espressioni strane e piene di enfasi che fa tutte volte che vuole sembrare un duro.
Durante la visione della serie, però, mi sono chiesto più volte se la rappresentazione della sua famiglia e dell’etnia sinti—per quanto calata qui un contesto criminale—non fosse eccessivamente stereotipata. Gli Anacleti sono infatti presentati come una famiglia numerosissima e con un gusto per l’arredamento che sembra un mix fra la Reggia di Versailles, la casa di Tony Montana e un locale di burlesque.
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Le dinamiche degli Anacleti sono poi fortemente ancorate alla tradizione: all’inizio della serie Spadino viene obbligato a prestarsi a un matrimonio combinato, partecipando alla festa di fidanzamento in cui deve dimostrare attaccamento verso la futura moglie di fronte a tutta la comunità—mentre l’omosessualità è presentata come un tabù per cui si può rischiare addirittura la vita.
Per capire quanti degli aspetti di cui sopra presentati in Suburra siano realistici in generale, ho contattato Santino Spinelli “Alexian”—musicista, docente universitario di etnia rom e autore di due saggi—che da sempre cerca di promuovere la conoscenza e la comprensione della cultura rom e sinti attraverso l’associazione culturale Thèm Romanò.
VICE: Vorrei partire da una considerazione generale sulla serie e sull’idea che dà della comunità. Posto che si tratta della rappresentazione di una famiglia in primo luogo criminale e poi sinti, che impressioni ha avuto vedendola?
Alexian Santino Spinelli: Al di là del contesto malavitoso, fin dall’inizio mi sono reso conto che l’immagine che usciva era fortemente stereotipata. E tutta questa stereotipia nel tratteggiare la famiglia Anacleti in Suburra comunica bene quanto siano emarginate le comunità sinti in Italia: un paese in cui sono presenti fin dal 1300, ma di cui ancora si sa pochissimo da un punto di vista delle tradizioni, della lingua, della letteratura e dell’arte.
Prendiamo ad esempio l’aspetto estetico: le case arredate con mobili sfarzosi interamente laccati d’oro, con statue bianche che spuntano ovunque e drappeggi, il divano di velluto blu—tutto ciò crea ovviamente un immaginario all’interno della serie, come se queste case rappresentassero un mondo parallelo.
Sì, assolutamente. È un aspetto che mutua da una caratteristica troppo generalista—come ad esempio l’importanza dell’oro—per estremizzare l’idea di una comunità. Certo, nella cultura rom l’oro ha appunto una funzione apotropaica, e avere oggetti dorati in casa oppure addosso aiuta a tenere lontano il male—e questo si lega al fatto che storicamente i rom erano specializzati nella lavorazione dei metalli—ma non esiste quello “standard” che passa dalla visione della serie.
E questo vale anche per le auto sportive di grossa cilindrata, le tute sgargianti e i tagli di capelli pacchiani…
Questi sono tutti dettagli che secondo me vanno a creare un’idea che sembra innocua solo all’apparenza, ovvero che all’interno di questi gruppi ci sia una spinta alla ricerca della ricchezza pacchiana e manifesta, trovata—ed è questo l’aspetto che trovo discutibile—nonostante tutto e al di fuori della legge. Se lei incontrasse i miei figli per strada non si accorgerebbe da nessun dettaglio estetico che sono rom… Io ho due lauree, un diploma di conservatorio e una cittadinanza onoraria [a Laterza], ma vado in giro con una semplice e vecchia station wagon.
Poi ci sono tutte le dinamiche familiari degli Anacleti: il matrimonio combinato fra Spadino e la figlia di un altro capofamiglia, l’attenzione per la verginità di lei… Quanto si allontana quest’immagine dalla realtà sinti?
La verginità ha un valore importante nella cultura romanì. Anche in questo caso, però, si mutua da un immaginario tradizionale che ha una sua collocazione, e lo si estremizza. I matrimoni combinati nelle comunità rom—così come nella cultura contadina italiana—avvenivano 80-100 anni fa. I ragazzi della comunità si scelgono liberamente, e sono soprattutto liberi di rigettare qualsiasi proposta. Poi, però, è vero che esiste un’etichetta di comportamento formale da seguire.
L’aspirante fidanzato, ad esempio, per manifestare alle famiglie e alla comunità il proprio interesse verso una ragazza e sancire un possibile fidanzamento, segue il rito del Buchvibbe, ovvero della “serenata”. Un rito di corteggiamento molto particolare che riguarda i rom italiani di antico insediamento in Italia a cui la serie si ispira. In pratica, il mio gruppo di appartenenza.
Per cultura ai ragazzi non è consentito andare nell’abitazione delle famiglie con cui non si è strettamente imparentati senza un motivo valido. Se c’è una volontà di unione matrimoniale, essa va manifestata davanti alle famiglie, ai parenti e agli amici. Si invitano tante persone, si organizza una festa e si assolda un gruppo musicale che esegue tre brani—la serenata—dedicati alla ragazza di cui sta chiedendo la mano, e due brani di dedica a tutti i parenti della famiglia del padre, che tradizionalmente sono più vicini e influenti nelle decisioni familiari. Le famiglie ricevono le serenate in silenzio, e l’indomani gli “ambasciatori” del futuro fidanzato portano la dichiarazione vera e propria al padre, che per onore è tenuto a presenziare a un banchetto mattutino organizzato dalla famiglia del pretendente. A questo punto il padre della prescelta manifesta la sua volontà verso il fidanzamento. Ma questo avviene, ovviamente, dopo essersi consultato con la figlia. Il parere del padre è quello della figlia.
A quel punto i due fidanzati possono frequentarsi, ma non vengono mai lasciati soli prima del matrimonio perché—e in questo la serie racconta il vero—la verginità è un valore molto importante per la cultura rom. La verginità è la condizione indispensabile affinché la prescelta possa ricevere altri Buchvibbe. Ma il fidanzamento si può sciogliere in qualsiasi momento prima del matrimonio e la ragazza può ricevere appunto altri Buchvibbe. Oggi le “serenate” sono alquanto combinate fra i futuri sposi, è un rito che i due decidono—perché spesso sono proprio le ragazze a suggerire a un ragazzo la serenata—solo quando sono sicuri. Perché dar vita a questo evento è molto costoso… sono 100, 200 anche 300 invitati poiché le famiglie rom sono molto numerose e si tende a non escludere nessuno.
Nella serie le famiglie vengono effettivamente mostrate come estremamente estese.
Questo rispecchia la realtà. Formare dei gruppi familiari molto coesi e numerosi che coabitano è sempre stata una priorità per la comunità romanì, e le dirò di più: qualsiasi atto, sia positivo che negativo, viene sempre percepito collettivamente e mai individualmente. La solidarietà del gruppo, il girovagare continuo e i rapporti endogamici sono storicamente le uniche forme di autoprotezione che avevano per sopravvivere.
Compattarsi e vivere quasi in simbiosi—tutto viene detto e fatto all’intero della famiglia—è molto importante. Mostrare rispetto e solidarietà verso i propri membri familiari è un valore importante. I rom hanno il valore della famiglia, ma nella serie televisiva ogni cosa è estremizzata negativamente e ciò che è un valore positivo viene mostrato in negativo.
Veniamo adesso alla questione dell’omosessualità: il protagonista appartenente alla famiglia Anacleti nella serie è gay, la madre lo sa, ma viene comunque obbligato a nascondere la sua sessualità perché altrimenti “verrebbe ucciso.” Come è percepita nella realtà l’omosessualità?
Qui dobbiamo fare un discorso un po’ più complesso. Come in tante culture minoritarie, l’omosessualità viene rigettata. E questo socialmente avviene perché non garantisce la prosecuzione della comunità, la sopravvivenza dell’etnia. È un tabù antropologico legato alla procreazione e alla conservazione del gruppo, come sostiene Claude Lévi-Strauss. Ma la stigmatizzazione degli omosessuali, come sappiamo, non è esclusiva di questa comunità.
All’interno della comunità romanì è vero che chi manifesta la propria omosessualità viene preso in giro ed emarginato. Poi però, esattamente come per i ragazzi non rom, anche quelli rom possono vivere la loro sessualità. Ovviamente, come ovunque, ci sono famiglie che accettano e famiglie che non accettano.
In generale la serie comunica in moltissimi aspetti che la comunità di cui fanno parte gli Anacleti occupa una posizione talmente laterale rispetto alle altre da essere quasi inintelligibile…
Vede, il problema non sta tanto nel proporre qualcosa di così banale e categorizzato da risultare grottesco, ma nel fatto che lo si faccia quando in pochi hanno gli strumenti per capire che si sta dando un’immagine stilizzata e lontana dalla realtà.
Se la stessa operazione fosse stata fatta riguardo ai costumi estetici degli ebrei, per fare il primo esempio che mi viene in mente, la reazione mediatica, istituzionale, politica e sociale sarebbe forte e determinata. Qui invece non esiste alcuna risposta: sui rom si può fare e dire qualsiasi cosa, poiché nessuno reagisce.
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