Da persona che non sogna, o meglio, che al risveglio non ha memoria dei propri sogni, ho sempre invidiato chi sa partorire e ricordare elaborati universi notturni. E se consideriamo che circa un quarto della nostra vita lo trascorriamo dormendo, non oso immaginare la ricchezza potenziale che va smarrita nei meandri del mio subconscio: spunti di riflessione e analisi, idee per produzioni artistiche, combinazioni vincenti del Superenalotto.
Daniele Mana non ha mai avuto questi problemi, anzi. Già al principio, infatti, quando ancora si faceva chiamare Vaghe Stelle e contribuiva a portare l’elettronica italiana fuori dal torpore, ha sempre affondato le radici delle sue produzioni in un fertilissimo terreno onirico, figlio di movimentate fasi REM. In questo senso Seven Steps Behind, il primo LP uscito a suo nome sulla grandiosa Hyperdub, suona come la più vivida espressione di quell’inconscio ribollente che aspetta solo le tenebre per manifestarsi.
Videos by VICE
Finalmente libero da certi formalismi rigidi del passato e forte di una rinnovata consapevolezza compositiva, per la prima volta Mana sembra abbandonarsi totalmente alla sua arte, sprofondando nei propri sogni con la volontà di analizzarli e farli rivivere fedelmente in musica. Il risultato di questa introspezione privata suona proprio come vi immaginereste: una discesa (o un’ascesa?) allucinata in un subconscio geniale e malinconico.
I paesaggi di Seven Steps Behind scintillano imprevedibili, tracciando a malapena i bordi di un sentiero scosceso che si muove lungo l’elettronica più sperimentale, quella che non conosce percussioni né strutture di sorta. Strumenti analogici si intersecano ad arpeggi digitali (“Myopia For The Future”, “Swordsmanship”) mentre voci sinistre ed ammalianti aumentano un’inquietudine aliena (“Talking / Choking”, “No Body”), placata solo momentaneamente da sporadici guizzi di melodia (“Solo”, “Instinction”) e atmosfere più posate (“Leverage For Survival“, “Seven Steps Behind”).
Lo avrete ormai capito, Seven Steps Behind non è un album semplice, di quelli che colpiscono al primo ascolto; le sue dodici tracce richiedono tempo per essere comprese e assimilate. Funzionano come i capitoli di una storia che ad ogni replay regala nuove emozioni, ma che ha bisogno di una guida alla lettura per non essere abbandonata. Proprio per questo motivo è provvidenziale l’intervento di Mana, maestro nel contenere il caos smussando gli angoli meno digeribili e rendendo accoglienti anche i passaggi più sinistri. Senza paura, limiti né vergogna, l’artista rende fruibili i suoi lati più nascosti e li condivide con l’ascoltatore in una seduta terapeutica immersiva.
In mezzo a questo turbine in cui immaginazione, realtà, passato e futuro si fondono al punto di non essere più distinguibili, Mana sembra aver trovato una sorta di serenità. Come in un’evoluzione sonora de Il sonno della ragione genera mostri, l’artista si prende cura dei suoi sogni lucidi e delle creature che li abitano, consapevole che essi rappresentano il primo passo verso la comprensione di sé e del proprio posto nel mondo. Non so se un giorno inizierò a ricordare cosa mi succede nella testa mentre dormo, ma per ora Seven Steps Behind suona come un’ottima alternativa per chi, come me, non è capace di sognare.
Simone è producer/DJ e scrive di musica per Zero e Noisey. Seguilo su Instagram.
Segui Noisey su Instagram, Twitter e Facebook.