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Quanto sushi è “troppo sushi”?

Intossicazione da sushi

Secondo uno studio norvegese il 71% del sushi da supermarket presenta il batterio Mesophilic Aeromonas spp., la cui fama principale è quella di causate diarrea acuta

Lo scenario: hai un amico, e a questo amico piace il sushi tanto quanto a certi genitori piace vantarsi dei propri bambini, dei propri animali e delle squadre sportive. Quando guarda un qualsiasi roll al salmone ti ricorda un po’ un animale selvatico pronto ad agguantare la sua preda. Insomma, hai uno di quei classici amici che sembra mangino sushi sempre, a ogni pasto. Non hai mai visto qualcuno ficcare così tanto pesce crudo, alghe e riso nel proprio esofago, e ne sei allo stesso tempo ispirato e nauseato. Ma il pesce contiene mercurio, vero? E poi è crudo, quindi possono beccarsi un qualche tipo di parassita, esatto?

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I fatti: il sushi è, per lo più, assolutamente salutare, con tutti i suoi grassi buoni e le sue proteine. Poi però giungono alle nostre orecchie avvenimenti sconcertanti come quello dell’uomo di Fresno che, a causa di un’infezione parassitaria contratta dopo aver mangiato del sushi, si è ritrovato con una tenia di 1,5 metri nel corpo. Ecco, è in seguito ad avvenimenti come questo che inizi a porti qualche domanda.

Sushi: i pericoli esistono?

Secondo uno studio condotto su 250 campioni di sushi, la Salmonella si presenta nel 1,6% dei casi e la Listeriosi nel 1,2%. Quindi non parliamo di rischi altissimi, e comunque si tratta di malattie curabili.

È vero, quando si mangia del pesce crudo si possono contrarre spiacevolissimi e disgustosi effetti collaterali, fra cui non possiamo non annoverare l’esposizione a contaminazioni ambientali, parassiti come il celebre Anisakiasis o il Diphyllobothrium nihonkaiense, e persino batteri come Vibrio parahaemolyticus, Vibrio vulnificus e Mesophilic Aeromona, che possono farvi passare intere giornate chiusi in bagno. Anche la Salmonella e la Listeriosi sono nella lista delle malattie contraibili dal sushi andato a male.

Cosa potrebbe accadere (plausibilmente): Le infezioni parassitarie sono rare, principalmente perché ogni cuoco degno di questo nome congelerà qualsiasi pesce portatore di parassita per tempo prima di servirvelo sul piatto (seguendo quindi i protocolli ufficiali). Ovviamente qui entra in gioco la probabilità; più sushi mangi, più aumentano le probabilità di contrarre qualcosa di raro, come nel caso del poveruomo di Fresno (che mangiava sushi ogni giorno). Comunque sia, è improbabile. È possibile contrarre anche malattie trasmesse attraverso gli alimenti ma, secondo uno studio condotto su 250 campioni di sushi, la Salmonella si presenta nel 1,6% dei casi e la Listeriosi nel 1,2%. Quindi non parliamo di rischi altissimi, e comunque si tratta di malattie curabili sia con le medicine che con il semplice trascorrere del tempo.

L’intossicazione da sushi è possibile? Quella da mercurio?

Il pericolo più grande si verifica principalmente quando certe sostanze si accumulano nel corpo. Una specifica ricerca ha dimostrato la correlazione fra pesce ad alto contenuto di mercurio e danni al sistema nervoso centrale in chi ne mangia a bizzeffe. Come spiegato da Roxanne Karimi, ricercatrice della School of Marine and Atmospheric Sciences alla Stony Brook University, il mercurio si accumula nel corso della catena alimentare e, “nella forma di Metilmercurio, è super ‘adesivo.’ Si accumula, e lo fa durante tutto il corso della catena alimentare. Quindi, più in alto ci si addentra nella catena alimentare, più alti risultano i livelli di mercurio”. Tradotto in specie, parliamo di pesci come il tonno, il pesce spada, il marlin, i malacanthidae, lo sgombro reale e la spigola.

Karimi aggiunge un altro tassello al puzzle: i livelli di mercurio variano anche in base alla provenienza del pesce. “Abbiamo scoperto, grazie a uno studio, che quelli pescati allo stato brado contengono livelli di mercurio più alti rispetto a quelli d’allevamento.” Lo studio in questione ricercava inoltre il rapporto fra le specie marine selvatiche e quelle d’allevamento, mostrando come le prime presentino livelli di mercurio dalle 2 alle 12 volte superiori alle seconde. Quindi, ricapitolando, a seconda del pesce che vi mangiate, della provenienza e della quantità, potreste assumere quantità di mercurio superiori a quelle consigliate, affrontando poi conseguenze non esattamente piacevoli. Tenete a mente che i bambini e le donne incinte sono più sensibili all’intossicazione da mercurio.

Non solo mercurio, però. I pesci ‘collezionano’ altri tipi sostanze chimiche come i policlorobifenili (PCB), che sono stati a loro volta classificati come possibili agenti cancerogeni negli esseri umani. I livelli di PCB nei salmoni d’allevamento, secondo un’inchiesta del 2004, superavano di almeno cinque volte i livelli di sicurezza stabiliti dall’EPA (la United States Environmental Protection Agency, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, N.d.T). E quand’è stata l’ultima volta che avete visto la dicitura “salmone selvatico” in un ristorante sushi? (Esatto, c’è quasi sempre solo quello d’allevamento).

La cosa peggiore che potrebbe capitare: Gli effetti d’avvelenamento da Metilmercurio, secondo l’EPA, possono arrecare danni al cervello, ai reni, al fegato, al cuore e al sistema nervoso. I sintomi, a bassi livelli d’esposizione, includono: disturbo del sonno, mal di testa, affaticamento, difficoltà a concentrarsi e a ricordarsi le cose, scarsa coordinazione e neuropatia. A livelli alti, invece, si parla di cecità, sordità e stati alterati di coscienza. E poi ovviamente c’è lo studio menzionato prima associa i PCB all’ insorgenza di cancro.

Cosa dire al tuo amico: Sempre secondo l’EPA la dose letale minima di Metilmercurio per una persona di 70 kg è tra i 20 e i 60 mg/kg. Quindi, una ventiseienne che pesa circa 59 kg, che non è incinta e non soffre di alcuna malattia cardiaca, può tranquillamente consumare 113 g di salmone (se non mangia però altro pesce) e una porzione di tonno pinna gialla alla settimana (almeno secondo quest’utile sito, provare per credere). Tradotto in sushi, fa circa dai 12 ai 24 pezzi di sushi con salmone, a seconda di quanto sono grandi.

E qui sembrano proprio tutti d’accordo. Sia la EPA che la FDA, la Food and Drug Administration, consigliano di non superare le tre porzioni di pesce sano e sicuro in caso di gravidanza, che poi è un buon mezzo di paragone anche per chi non lo è.

I suggerimenti nel caso della FDA riguardano principalmente i pesci a basso contenuto di mercurio. Nel caso dello squalo, del pesce spada, dello sgombro reale, dei malacanthidae e del tonno obeso (che, assieme a quello pinna gialla, è il più comune nei ristoranti di sushi americani), consigliano proprio di starne alla larga, limitando quindi il rischio d’esposizione a dosi elevate di mercurio.

In ultimo: se siete in procinto di dissuadere il vostro amico dal farsi una scorpacciata indegna di sushi, fermatevi: ditegli semplicemente di non fare l’idiota e di evitare la roba visibilmente sospetta. In caso, a vostro favore, mostrategli questo studio norvegese secondo cui il 71% del sushi da supermarket presenta il batterio Mesophilic Aeromonas spp., la cui fama principale è quella di causare “diarrea acuta” (non che nei negozi d’alimentari statunitensi vada meglio).

Una versione originale di questo articolo è apparsa su Vice US


Correzione: una versione precedente di quest’articolo sosteneva che la Listeriosi si presentasse nel 1,6% dei campioni di sushi analizzati. Il dato è stato poi corretto in 1,2%.