Rondo Da Sosa e Vale Pain fanno parte di quella nuova generazione che scatena centinaia di migliaia di views su YouTube in poche ore, scatenando odio furibondo e amore accesissimo. Abbiamo quindi voluto provare a discutere del loro successo in un dialogo tra Margherita Rho e Niccolò Murgia.
Niccolò: La prima volta che ho sentito parlare di Vale Pain è stato verso la fine del 2018, con “Banlieue”. Ricordo di aver aperto il video e di aver sentito il famoso skit de L’Odio, un cliché del rap francese, e di converso anche del rap italiano che vuole fare il verso a quello transalpino. Mi son detto: “No, dai, ecco l’ennesimo clone che parla di banlieue senza saperne abbastanza”. Riflettevo se questo potesse essere appropriazione culturale o meno, e nel frattempo lo skit era finito e la canzone era partita e mi ero già parzialmente ricreduto. Il pezzo era sicuramente acerbo, specialmente riascoltandolo oggi.
Videos by VICE
Però secondo me già da qui si poteva capire che non è il classico rapper da YouTube che pubblica un pezzo senza troppe speranze e poi sparisce. Lui rappa bene e anche il mix voce è convincente, e perlopiù è praticamente identico a come suona ora. Penso che anche questo sia testimonianza del fatto che sebbene non avesse ancora una maturità artistica—secondo te ora ce l’ha?—aveva comunque una chiara idea di come volesse suonare. Se ci pensi, la maggior parte dei rapper della nuova scuola ha quasi sempre due suoni nel proprio percorso di crescita: per esempio, il Tony Effe dei primissimi pezzi con la Dark Polo Gang suona diversissimo da quelli dei progetti ufficiali.
Poi nel video si intravede anche Rondo. Ti ricordi questo pezzo?
Margherita: Me lo ricordo eccome “Banlieue”. Come dici tu è acerbo, ma non lo definirei un pezzo precoce. Si vede dalla sicurezza sul beat e dallo storytelling genuino che si sentiva pronto a rischiare e non lo stava facendo per posa. E questo mi è stato poi confermato da tutto Goleador, che nel suo insieme è un album omogeneo ma soprattutto solido, nel quale io intravedo coscienza più che maturità, sei d’accordo? Credo che da lì si capisca che il rap vecchia scuola fa parte del suo bagaglio—non che sia conditio sine qua non per rappare, chiaro. La maturità artistica no, non credo l’abbia raggiunta, per lo meno lo spero!
Idee chiarissime a parte, mi piace che gli artisti siano capaci di mettersi in discussione o di semplicemente lasciarsi andare a quello che il contesto in cui crescono suggerisce, e per uno come Vale Pain la vedo come una cosa abbastanza fondamentale, sia per l’età che per la produzione per ora piuttosto ridotta. Con questo non intendo dire che debba prendere direzioni diverse in futuro, anzi, ma è inevitabile che la sua musica progredirà con l’evolversi della persona-personaggio. Non c’è neanche da dirlo, lo stesso vale per Rondo.
“Mi piace che gli artisti siano capaci di mettersi in discussione o di semplicemente lasciarsi andare a quello che il contesto in cui crescono suggerisce.”
A proposito, sono contenta che tu abbia tirato fuori il discorso mix voce, te ne volevo parlare io. È un bel punto di forza per entrambi, forse ancora di più per Rondo, che secondo me sfrutta benissimo anche la modulazione vocale stessa. L’avevo mezzo intuito ascoltando un po’ sbronza “Leggenda” e subito dopo “Free Samy”. Ricordo di aver detto alla mia amica: “Fra, ma questo è lo stesso di prima?!”. Ho pensato che fosse un caso, o peggio il risultato di un progetto dal sound disordinato. Ma quando poi è uscito il video di “Face To Face” ho capito che era voluto e soprattutto una scelta intelligente, tecnicamente parlando. Condividi?
N: Sì, sono convinto che “Face to Face” sia il pezzo che descriva meglio il progetto Rondo, e forse questo è un piccolo problema considerando che si tratta di un brano in qualche modo non ufficiale e soprattutto è un livello che lui non ha raggiunto nuovamente nell’EP, che vedo quasi come un passo indietro rispetto a quanto visto nei pezzi precedenti.
“Face to Face” funziona, oltre all’immaginario, anche per il mix voce nel giusto mezzo tra aggressione e melodie nelle barre. Ma se devo scegliere un pezzo in cui il mix voce è davvero rilevante è “Louboutin”. Specialmente nella parte in cui ripete “Amiri, Dior, leggenda anche se non muoio” è facile vagare con la mente fino a Pop Smoke e le barre “Mike Amiri, Mike Amiri, Billie Jean, Billie Jean, Christian Dior, Dior”. Questa è una chiara citazione, non solo per il testo, ma anche come approccio al pezzo sia dal punto di vista della voce che di approccio alla scrittura. Rondo non ha chiaramente il timbro di Pop Smoke, ma ha certamente una voce molto riconoscibile e la sua aggressività funziona. Inoltre, dal punto di vista della scrittura sono un po’ tutti figli del Migos flow fatto di triplets e di ad-libs che rosicchiano spazio e diventano parte integrante delle strofe.
Tornando a Vale Pain, sì Goleador è un passo in avanti significativo, ma il vero salto in avanti è 2020, un progetto che complessivamente ritengo non ancora totalmente centrato e cucito addosso a Vale Pain, ma che comunque ha pezzi interessanti, alcuni molto melodici come “Cali” e “Belvedere”. Soprattutto, ha “Untouchable”, il feat con Rondo. Mi ricordo che 2020 è uscito qualche giorno prima del lockdown e mi ha costretto a passare tutto marzo a canticchiare “No papà, solo mamma / Nei miei occhi trovi il dramma / Sono Rondo per la strada, solo mula nella tasca”. Le strofe di Rondo qua sono troppo potenti e in qualche modo oscurano quelle di Vale Pain e mi viene da chiederti se alla fine Vale Pain, sebbene abbia un approccio molto street, non renda meglio su brani invece più rilassati. Cosa ne pensi?
“Dal punto di vista della scrittura sono un po’ tutti figli del Migos flow fatto di triplets e di ad-libs che rosicchiano spazio e diventano parte integrante delle strofe.”
M: Certo, Vale Pain non è uno da grida. Infatti, per continuare il tuo thread, nel ritornello di “Louboutin” il flow è scioltissimo e i versi si attaccano l’uno all’altro come calamite, stesse vibes di “Idol”. Anche nel rappato più “secco” e meno melodico funziona bene eh, come è evidente nella maggior parte delle tracce di 2020. L’importante è, come suggerisci tu, che stia in circostanze distese, anche se non mi dispiace affatto quando gratta un po’ con la voce.
Forse è una questione di gusti personali la nostra, però è il motivo per cui non trovo estremamente azzeccato il feat. in “SOUTHSIDE”, ma ci arriverei dopo. 2020 è un disco identitario, forse non ha ottenuto l’esposizione che si merita, ma è anche vero che il periodo non permette agli artisti di portarsi i lavori in live. Copertina fighissima poi, con la citazione diretta e indiretta a Polo G.! E, parlando di richiami, certamente la polemica Pop Smoke/Woo Dance porta argomenti a proprio favore, ma trovo che rimanga sempre un po’ frutto di un’ipocrisia generalizzata, o che comunque abbia tot pesi e tot misure.
A priori siamo tutti d’accordo che non si debba sfociare nel plagio o peggio nella mitomania conclamata—e per fortuna non mi viene in mente alcun esempio—ma qual è il limite per essere davvero real? C’è un punto di rottura effettivo? Secondo me ci può pure essere ma per correttezza la barriera dovrebbe esistere molto prima di quello che fa Rondo, e come lui tanti altri italiani e non—se vuoi meno, ma le implicazioni di fatto sono le stesse. Ormai queste dinamiche sono ovvie ancora prima di essere discusse. E mi dirai: citare gang realmente esistenti imitandone i signs e lo slang non è mitomania?
Credo che lui voglia solo che determinati schemi americani si riverberino su realtà che vive in prima persona, perché con questo mito ci è cresciuto. Inoltre, è imperativo considerare l’avventatezza di un diciottenne. Fermarsi al pensiero che davvero si sia messo in testa di prendere tutti per il culo millantando l’appartenenza a gang di zona 7 di stampo Crips, tra rime e storie Instagram è senza senso e mi spiace che ciò distolga l’attenzione di molti da critiche meno banali e cagacazzo. Ha esagerato facendo troppi nomi, su questo siam d’accordo che dovesse evitare. Tu che dici?
“Ma qual è il limite per essere davvero real? C’è un punto di rottura effettivo?”
Su GIOVANE RONDO ti do ragione a metà. Da un lato sì, si porta dietro poco di “Face to Face”, quasi solo un accenno nella title track. Dall’altro, è stato bravo a far convergere tutte le altre sue forme emerse prima, ti parlo nello specifico di “BABY”—per quanto qui la ripresa da NBA sia impossibile da definire citazione—, di “DOLORE” e del ritornello di “TRAP”. È da calcolare anche che è stato pensato con la produzione di AVA, il che sottintende una “direzione artistica” precisa. Cosa intendi con passo indietro? E dei feat. che ne pensi?
N: La mia più grossa critica a GIOVANE RONDO è che non è un progetto che ti sconvolge e che ti manda su una montagna russa come i pezzi precedenti di Rondo. Riconosco la direzione artistica di AVA, che ha cercato di ripulire le parti più ruvide del progetto, però secondo me ci sono alcune scelte sbagliate. Penso per esempio al pezzo “GIOVANE RONDO”, un medley di tre pezzi, fighi, accompagnati da un bel video che però non sono molto sicuro che funzionino assieme. L’idea del climax che parte dall’introspezione e finisce con il Rondo di “Face to face” è comprensibile, ma penso che in realtà sia stato un modo di unire tre pezzi non finiti in un unico brano. Allo stesso modo i featuring li ritengo abbastanza sotto il suo standard, settato dai pezzi con Vale Pain e quello con Lazza. “SOUTHSIDE” è dimenticabile, “YOUNGSHIT” con Shiva e soprattutto “SLATT” con Capo Plaza sono meglio, ma comunque non sono ancora al livello che io penso possa raggiungere Rondo, in termini di scrittura e interpretazione.
Per quanto riguarda il suo immaginario, secondo me è fondamentale approcciarsi a Rondo come un progetto molto derivativo e citazionistico. Lo dico però in senso positivo, perché da un certo punto di vista è un merito riuscire a traslare in un’altra lingua e in un altro contesto quello che viene raccontato da letteralmente l’altra parte dell’oceano. È lo stesso discorso che facevamo tutti con la Dark Polo Gang tra 2015 e 2016, no?
Ascoltato Rondo da questa prospettiva, anche le barre che potrebbero sembrare più estreme—e a tratti cringe, come “Crip gang, fuck suwoo—alla fine sono note di colore e la critica la lascerei ai commenti su YouTube. Più che altro perché penso che Rondo dia l’impressione di essere uno che il rap americano lo conosce molto bene e, sinceramente, quando rappa “OTF come Lil Durk” mi sale la fotta.
“Rondo dà l’impressione di essere uno che il rap americano lo conosce molto bene e, sinceramente, quando rappa ‘OTF come Lil Durk’ mi sale la fotta.”
M: Sui featuring siamo abbastanza d’accordo. Quello con Plaza, per quanto sia stato probabilmente quello scelto più a tavolino di tutti, è ideale e insieme sono fortissimi, commercialmente parlando; AVA è poi riuscito a rendere giustizia a entrambi. Sono perplessa invece riguardo al video: stimo sempre il lavoro di Late Milk ma a ‘sto giro lo trovo poco imbroccato per i due, ma posso comunque arrivare a capire le ragioni a monte per l’estetica scelta.
Su Shiva non saprei dirti, sono anni che cerco di arrivare a un giudizio oggettivo ma sono sempre un po’ bloccata dal mio gusto personale che cozza con lui, di base non ho apprezzato la sua parte. Sotto l’aspetto tecnico suo in sé non ho niente da dire. Avrei preferito che venisse dato più spazio a Vale Pain, sia a livello di strofa nel pezzo che di coinvolgimento generale nell’EP, ma, appunto, è un EP. I cambi sono un po’ sterili, speravo in qualcosa tipo quelli di “Louboutin” dove quasi sembra che stiano in b2b.
Ci troviamo d’accordo anche sul discorso dell’immaginario, con più consapevolezza calibrerà meglio le scelte, soprattutto sulla contestualizzazione in Italia dei propri riferimenti, che per ora mi sembra trascurata. Per crescere è una componente necessaria, e non è impossibile riuscirci. In ogni caso il punto della critica, per quanto legittimo, non vorrei che continuasse a essere questo. Che poi, può pure darsi che questo Rondo caos paradossalmente contribuisca a dissolvere la cultura del ripping in Europa. Pensa a Rondodasosa come Nick Land e alla trap nuova generazione come al capitalismo.