Dopo 14 giorni al largo di Lampedusa, ieri pomeriggio la nave Sea Watch 3 è entrata nelle acque territoriali italiane forzando il “blocco” imposto dal governo italiano.
“Ho deciso di entrare in porto a Lampedusa,” ha detto la capitana Carola Rackete, “so cosa rischio ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo.” Attualmente l’imbarcazione è a 3 miglia dal porto, e non ha ancora attraccato.
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Matteo Salvini non l’ha presa benissimo. In una livida diretta Facebook ha definito Rackete una “sbruffoncella” che fa “politica sulla pelle degli immigrati,” minacciato mezza Europa, e garantito che sarà usato “ogni mezzo legalmente lecito e necessario per bloccare questo scempio del diritto.”
Uno di questi mezzi è il decreto sicurezza-bis, recentemente approvato dal governo e considerato incostituzionale da diversi esperti. L’articolo 1 prevede che il ministro dell’Interno, di concerto con quello della Difesa e dei Trasporti, possa “limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi […] per motivi di ordine e sicurezza pubblica”; in caso di violazione, scatta una sanzione amministrativa che può arrivare fino a 50mila euro.
Oltre alla multa, Rackete potrebbe essere accusata di favoreggiamento all’immigrazione clandestina (reato che può arrivare fino a 15 anni di reclusione) e di aver violato il codice della navigazione disobbedendo a una nave militare (la motovedetta della Guardia di Finanza che ha intimato l’alt).
Di fronte alle potenziali conseguenze legali, moltissime persone stanno manifestando solidarietà attiva sia sul crowdfunding di Sea Watch su Produzioni dal Basso, che sui social, dove ieri sono state aperte diverse raccolte fondi.
La più grossa e ambiziosa è stata lanciata su Facebook dalla Rete Italiana Antifascista (che racchiude le pagine antifasciste e antirazziste Il Partigiano, Padri e Madri della Libertà e Il razzismo non ci piace), con l’intenzione di coprire spese legali e sanzioni proprio nel momento in cui la nave stava entrando in Italia. A meno di 24 ore dall’apertura, e senza alcuna copertura mediatica, sono già stati raccolti più di 140mila euro su un obiettivo di 180mila.
Come ha notato Arianna Ciccone, quella raccolta è diventata “una forma di attivismo digitale per contrastare la violenza delle parole che si è fatta potere” nonché “una via d’uscita anche solo psicologica da questa cappa soffocante.”
Solo con questa raccolta fondi—senza alcuna copertura mediatica o politica—Sea Watch (che ha ringraziato la Rete) e Carola Rackete hanno già i soldi necessari a pagare l’eventuale multa prevista dal decreto sicurezza-bis.
Quelli che chiedono incessantemente “chi la paga?”, come Salvini e altri, possono dunque darsi una risposta: migliaia di cittadini italiani.
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