La musica italiana, come sapete, attinge, a livello testuale, da una tradizione millenaria di poemi epici, canti aedici, endecasillabi, dimetri giambici e zibaldoni di pensieri, che si sono trasformati, nel peggiore dei casi, in Vasco Brondi, e nel migliore in Piero Ciampi o nel minimalismo sintetico di Valeria Rossi. Nel mezzo, ci ritroviamo una selva oscura di cantautori-poeti che fanno di tutto per innovare o complicare il già difficile stato della canzone italiana con testi altrettanto difficili, più che da comprendere, da superare a livello traumatico.
Abbiamo già trattato a fondo il caso clinico di Max Pezzali, eroe della provincia, portavoce di un disagio in cui tutto ruota attorno alla sfiga, alla figa, agli amici e alla moto: valori semplici, valori condivisibili, ma soprattutto valori SPIEGATI IN ITALIANO. Anche se con qualche traslazione di accento qua e là, ma a Max si può perdonare. Andiamo ora nell’area diametralmente opposta, dove la musica nasce per esprimere, più che un disagio, un vuoto esistenziale, e la parola perde quindi la forza semantica per diventare quasi puro suono, ovvero inconsistenza, ovvero i Subsonica.
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Molti ragazzi della mia generazione hanno riempito i propri muri, le proprie Smemo, le proprie bacheche di Facebook e alcuni fortunelli anche la propria pelle di citazioni dei Subsonica, band che si presta particolarmente bene all’estrapolazione aforistica di tagli testuali scelti, forse perché, in qualunque punto tu decida di iniziare una frase dei Subsonica e di finirla, il senso è sempre quello. Nessunomatico.
Per questo il lavoro di analisi dei testi dei Subsonica è più che altro un lavoro di estorsione, direi quasi di tortura, se la tortura si può intendere anche come tortura dell’ascoltatore, nel mio caso io. Tutta questa autoreferenzialità mi serve come punto di partenza per un viaggio al fondo della notte tra stralci verbali e aggettivi violenti che ti precipitano in testa come bombe a grappolo e tu, impaurito dalla totale assenza di significato, preghi perché arrivi Gino Paoli a rimettere tutto in ordine. Un incubo? Più che altro, un microchip emozionale.
Per iniziare dalle basi delle basi semantiche, c’è da dire che i Subsonica iniziano a metterti difficoltà già subito dalla presentazione. Parliamo un attimo dei loro nomi? Sarò breve, giuro.
1) Max
2) Ninja
3) Bass Vicio (che va a sostituire Pierfunk)
4) Samuel
5) Boosta
Non ho altro da aggiungere per quanto riguarda la nomenclatura primaria, che già, in ogni caso, disorienta. Il nome Boosta in particolare è la risposta alla domanda: qual è il contenitore della speesa? Agli altri nomi non so dare significato. Passiamo quindi all’analisi semantica dei loro testi, rimbocchiamoci le maaniche perché sarà un lavoro dooro. Inizierò dal secondo elemento più ostico, dopo i nomi dei componenti della band, ovvero i titoli delle canzoni.
I TITOLI DELLE CANZONI
Un’analisi spartana del metodo compositivo dei Subsonica, unita a notti insonni in cui il mio cruccio fu ritrovarvi un filo logico straziandomi il cervello con il metodo ludovico van riadattato in versione solo-subsonica, un’analisi dettagliatamente masochistica, mi ha portato alla conclusione che i Subsonica partano dalla parola. Anzi, da due parole, e le cuciano insieme come il dottore di Human Centipede, in un procedimento che chiamerò “neologismo sinestetico a priori”. Ogni corso di scrittura creativa parte dal presupposto che la schematizzazione cui siamo abituati fin dalle elementari (io no perché ho fatto la Montessori, quindi sono abituata solo a non saper fare i conti) vada gettata nel tritamarrone (esempio di neologismo sinestetico a priori o NSP, come lo acronimeremo per semplicità). E così Boosta e soci hanno deciso di deliziare la Croosca ed altri vecchi scranni del purismo linguistico con innesti fantasiosi di parole su altre.
In questo modo nascono titoli come (vado in ordine cronologico) “Radioestensioni”, “Presoblu”, “Discolabirinto”, “Albe Meccaniche”, “Albascura”, “Sole Silenzioso”, “Amantide”, “Canenero”, “Prodotto interno lurido”, “Benzina Ogoshi” e titoli di album come Microchip Emozionale, Amorematico, Controllo del Livello di Rombo, per non parlare della madre di tutti i N.S.P., il nome stesso della band. L’abuso di figure retoriche ad hoc è riconducibile a una decostruzione casuale del linguaggio, che definiremo “libera associazione a cazzodicanenero emozionale” (non sono riuscita a trovare una sintesi migliore per questa operazione semantica, ma tutte queste parole casuali accostate non dovrebbero abbacchiarvi più di tanto, se siete riusciti nell’impresa di ascoltare tutto un pezzo dei Subsonica senza ribaltarvi i piedi dal deperimento neuronale emozionale), per cui si sceglie un termine con un suono, più che un significato, che possa esprimere del disagio, se ne sceglie un altro che possa esprimere un salto pindarico creativo, e li si sovrappone nella speranza che nessun glottologo contragga la tenia per colpa di questo patchwork linguistico.
Il metodo NSP, benché i suoi risultati siano forieri di psoriasi emozionale, è molto utile per liberare il neologista che è in noi. Proviamolo insieme: Melevisione, Quadroarmadio, Caratteristrice, Lipoviasuzione. È divertente!
MA COSA VOGLIONO DIRE I TESTI, PER DAVVERO?
Ma cosa vogliono dire i testi, per davvero? Se lo chiedono tutti i più scaltri utenti di Yahoo Answers.
Ecco alcuni esempi di utenti spiazzati da testi dei Subsonica particolarmente arzigogolati. per esempio quest’ultima domanda è decontestualizzata, perché paradossalmente la canzone “Depre” è la più significante dei Subsonica: un elenco di nomi di farmaci.
I MIGLIORI AFORISMI EMOZIONALI DEI SUBSONICA E COSA POSSIAMO CONCLUDERE DELLA LORO TECNICA COMPOSITIVA A PARTIRE DA ESSI EMOZIONALI
Appurato che tirare fuori un senso ai nomi della band, ai nomi degli album, ai titoli delle canzoni e ai testi di per sé è un’impresa priva di senso, è meglio concentrarsi sulle migliori frasi dei Subsonica, ovvero pezzi di letteratura che i fan amano citare e che meritano, per qualche oscuro motivo, un’intera pagina su Wikiquote. Ho preso spunto un po’ da lì un po’ dalla pagina fan Le frasi più belle dei SubsonicA, gestita da persone accomunate da un problema con il tasto maiuscole della tastiera. Cercherò di andare con ordine, ma che motivo avrei per andare con ordine quando la materia affrontata è i Subsonica.
Il mio scopo, per questa sezione (come anticipato nell’eloquente titolo che ho scelto di eloquentizzare per utilizzare l’eloquenza come punto di fuga in un’analisi di testi ermetici—perché troppa ermeticità giuro che dopo qualche giorno fa muffa) è estrapolare una tecnica compositiva che, in parallelo a quella usata con le parole (il già citato metodo NSP), permetta ai Subsonica di formare i loro versi. Iniziamo pure:
..Se Cenerentola avesse saputo che i sogni possono fare male, probabilmente, per questa domenica, non piangerebbe nascosta qui.. (“Tra gli Dei”)
Perché non avrebbe dovuto piangere nascosta? Perché Cenerentola non era al corrente che i sogni possano far male? Trattasi comunque di una ragazza nobile resa proletaria e sguattera da tre parvenu frigidone, i sogni alla fine sono la cosa che ha fatto meno male a Cenerentola, sono sicura che le facessero più male i piedi.
Ti farò male più di un colpo di pistola, è appena quello che ti meriti. Ci provo gusto, me ne accorgo ed allora non mi vergogno dei miei limiti e lividi! (“Colpo di Pistola”)
A proposito di fare male. La parola limiti, accostata alla parola lividi è effettivamente più di un colpo di pistola, qui la teoria per cui gli accostamenti liberi e le figure retoriche casuali vengono scelte per fare bella figura tra i ragazzi che si sono giocati tutti i migliori estratti di Fabio Volo e Bukowski e vogliono qualcosa di più frizzante.
La notte le regala un’aria più complice / Detesta il vuoto dei rumori della realtà (aurora sogna) / Ma col volume a stecca può sopravvire (aurora sogna) (“Aurora sogna”)
Qui si nota bene come la parola complice sia completamente decontestualizzata e disallineata dalle regole grammaticali, dato che solitamente si è complici di qualcosa o di qualcuno: un’aria complice, senza un complemento di specificazione. Quindi possiamo estrapolare un primo brandello di tecnica compositiva della band, ovvero sovvertire la grammatica e tagliare i ponti tra un complemento e la sua specificazione, un procedimento ablativo che dovrebbe creare una sacca di vuoto semantico da riempire solitamente con un arpeggiator.
Non c’è pazienza per l’estetico / nè più passione per l’ermetico / viaggio nel vortice stilistico / io sono il mio deejay / e ti connetterei alla mia assenza di gravità (“il mio DJ”)
Stesso discorso del colpo di pistola e dei limiti/lividi vale per estetico/ermetico, più la rima stilistico, si capisce qui che l’aggettivazione lasciata alla deriva a quanto pare è molto efficace per gonfiare di senso apparente ogni frase.
Strade che si lasciano guidare forte / Poche parole piogge calde e buio / Tergicristalli e curve da drizzare / Strade che si lasciano dimenticare (“Strade”)
Unica macchina con i tergicristalli storti. Che macchine producono nella vostra città, Subsonica?
Ho affondato i denti a puro scopo diagnostico/ Per ritrovare in fondo solo cenere e costole … Nell’amara litania delle solite cose ci si può morire sai / Nel conforto eutansia delle solite cose ci si può finirefinire / Ho infilato il cappio alle mie notti più lugubri / Ma ho visto negli specchi evaporare le immagini / E diventare vecchio ciò che un tempo era giovane (“Albe Meccaniche”)
Non ho capito niente.
Se fosse facile fare così / Poterti dire già quello che so / Farebbe freddo in un attimo che / Passerà. / Sugli edifici e sui cieli di noi, / Sulle stagioni e sui nostri perché / Nuvole rapide, e un attimo che / Passerà. (“Nuvole Rapide”)
Sugli edifici e sui cieli di noi è una metafora per vestiti e capelli, probabilmente Boosta dirà alla sua ragazza ehi pettinati il cielo amore, o i tuoi edifici sono elegantissimi, dai ti porto a fare shopping di palazzi. Compriamo anche un paio di parcheggi sexy. Boh.
Frasi che ora sanno d’inutilità, / Di desideri tiepidi già smossi. / Lei si riveste, ormai non la diverte più. / Probabilmente lui vorrebbe anche ricominciare. / Alibi che attenuano l’oscenità / Riflessa intorno alle bottiglie vuote / Dai suoi vent’anni opachi e rispettabili: / Così si sa che c’è qualcosa che non va. (“Albascura”)
Questa sarebbe pure la mia canzone preferita dei Subsonica, e non sto scherzando, ma anche quella il cui testo sopporto di meno. In particolare, trovo che la ripetizione della parola rispettabili e la reiterazione della à accentata—forse un esercizio retorico—sia l’elemento più irritante, quello che mi porta a voler raschiare la mia faccia contro il primo muro che trovo.
Solo uno schianto più acuto nel cuore, perso, non più contatto più niente, il vuoto accorcia le distanze, in guardia e costantemente fuori controllo. (“L’errore”)
L’errore probabilmente è credere che il vuoto accorci le distanze, perché in realtà crea uno spazio vuoto, le distanze sono accorciate dalla continuità di pieni, dalle mie parti.
La vita spesso è una discarica di sogni che sembra un film dove tutto è deciso sotto ad un cielo di un grigio infinito. (“Corpo a Corpo”)
E vabbè.
Via da chi rinuncia e non ti lascia tentare, via da chi ti infanga e non rinuncia a mentire, in tutti quei ricatti stesi ad aspettare, nel dispositivo umano definito amore; La sconfitta è un’ eleganza per l’ipocrisia di chi si arrende in partenza. (“L’ultima risposta”)
In questo brano vediamo come Samuel cerca di spiazzare l’ascoltatore tentando di confondere le coordinate, da chi dovrei andare via? Da quelli che rinunciano o da quelli che non rinunciano? Quando l’utente si trova in questo stato interrogativo, dovuto soprattutto alla difficoltà di riconoscere su due piedi un rinunciatore, arriva il colpo di grazia con queste due perle: a) il dispositivo umano definito amore e b) la frase seguente che forse vorrebbe insegnare qualcosa riguardo alla fiducia in se stessi e in ogni caso non ci riesce, almeno nel mio caso, perché io mi sono arresa in partenza nell’intento di comprendere questa frase.
Se innocenza ti farai / io sarò fango / che tenta la tua pelle / senza bruciare. (“Incantevole”)
Perché il fango quindi brucia.
Ti cerco perché sei la disfunzione, la macchia sporca, la mia distrazione,la superficie liscia delle cose, la pace armata, la mia ostinazione… (“Nuova Ossessione”)
Insomma, un utilizzo così sconsiderato di metafore, figure retoriche e scalzi pindarici per sottolineare un disagio è il metodo compositivo di questa band, che iniziava a pregustarsi l’era in cui decontestualizzare e disconnettere ogni tipo di nesso causa-effetto sarebbe stato considerato un procedimento comunicativo creativo, una nuova forma d’arte. Questo metodo ha contribuito a convincere un’intera generazione che la poesia altro non è che una parola lievemente inusuale utilizzata per colorare una frase banalotta. Ecco la regola con cui i Subsonica compongono i testi delle proprie canzoni, da sommare all’NSP dei neologismi. Da qui, qualsiasi frase di qualsiasi canzone italiana di musica leggera, applicandovi la regola dei Subsonica appena dedotta, si può trasformare in una canzone dei Subsonica. Proviamo.
Azzurro il pomeriggio è troppo azzurro ——> Azzurro il pomeriggio è troppo sintetico
Quella sua maglietta fina tanto stretta ——-> Quella sua indifferenza fina tanto stretta
Provateci anche voi, è divertente! Emozionale!
Di seguito, una lista di parole con cui potreste condire le frasi da comporre se volete essere un Subsonica.
PAROLE DA USARE SE VUOI ESSERE UN SUBSONICA
Tossica, plastica, livido, bianco, grigio, blu, notte, gravità, ruvida, vuoto, buco, nero, agonia, forme d’onda, rombo, saliva, emozionale, microchip, anima, pioggia, rispettabili, indifferenza, odio, nutre, schianto, inutilità, discarica, amaro, tutte le parole che finiscono con à (umanità normalità città realtà gravità fragilità).
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