La prima parte è stata con uno scrub di zucchero ed estratto di vinacce, con tanto di crema idratante ai vinaccioli, che è anche stata la parte più kinky del trattamento,: quando ti scartavetrano la pelle fa male, ma godi anche un po’.
A Mombaruzzo, località da cartolina nell’astigiano, famosa per gli amaretti, nei sotterranei di un antichissimo relais, Villa Prato, c’è una spa peculiare: una spa che offre l’opportunità di fare trattamenti a base di grappa.
Avevo sentito parlare di trattamenti alla birra, di vinoterapia, ma la grappa e i suoi materiali di scarto per farmi massaggiare mi mancavano.
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Ovviamente, quando mi hanno invitato, mi sono fiondato.
Spoiler: i trattamenti alla grappa mi hanno scacciato l’ansia che mi attanagliava da giorni.
Quando dico che Villa Prato è antichissima, non sto scherzando: parliamo di una dimora del 13esimo secolo, che fu la casa della famiglia aristocratica dei Prato. Oggi è stata acquistata dalla famiglia Berta (quella della famosa grappa Berta), che l’ha ristrutturata e riportata ad antico splendore.
All’interno ci sono otto suites, una cigar lounge dove provare a essere Tony Montana in Scarface per un momento, un bistrot, un ristorante e una sala costruita sotto terra che è molto figa.
E poi c’è, ovviamente, la spa, che pare essere una delle più grandi e belle d’Italia, nella quale, oltre ai soliti massaggi, idromassaggio con vista sulle colline (oh, sì), bagno turco e il percorso Kneipp (quella follia per cui passi da acqua calda ad acqua gelida), c’è, appunto, la nostra grappaterapia.
La grappaterapia è una serie di trattamenti fatti con le vinacce esauste che arrivano alle distilerie Berta dalle cantine di tutta Italia.
La filiera funziona pressapoco così: dopo che l’uva è stata vendemmiata e pressata —nel caso dei vini rossi e rosati si è fatto un breve periodo di contatto tra mosto e bucce—, le vinacce, che devono essere soffici e umide, vengono raccolte e destinate alle Distillerie per la produzione della grappa.
Dopo che la vinaccia passa nel primo alambicco, la componente alcolica prosegue il suo viaggio per diventare grappa, mentre la vinaccia è, come si dice in gergo, esausta: ci sono aziende che la usano per farne bio-combustibile, mentre in questa struttura viene utilizzata per la nostra grappaterapia. Si usano persino i semi dell’uva, che vengono isolati e spremuti per farne delle creme. Insomma, un’economia di riciclo niente male.
Direte voi: la solita trovata di marketing per ricchi. Diranno loro: no, la grappaterapia è supportata da basi scientifiche, come dice questo studio e pure questo; gli estratti d’uva sono ricchi di proprietà antiossidanti, quelli dei polifenoli e dei flavonoidi contenuti nelle vinacce.
I prodotti di bellezza a base di uva e vinacce aiutano a contrastare l’invecchiamento cellulare, a purificare la pelle, tonificare la microcircolazione periferica, ad idratare e donare nutrizione proteica, lipidica, vitaminica e minerale. Insomma: direte voi, hanno detto loro e ora dico io: è stato incredibilmente rigenerante, per farla breve.
Ma veniamo all’esperienza.
Partiamo dicendo che non sono un grande frequentatore di spa.
Ritengo soprattutto il massaggio una cosa un po’ troppo intima per lasciare che mani sconosciute, per quanto professionali e disinteressate, maneggino il mio corpo. Ma dovevo farlo per voi.
Dopo avermi fatto accomodare per un pranzo in accappatoio con vista sulla terrazza della Villa, la ragazza gentilissima del desk —con la quale condividevo l’anno di nascita e una passione comune per la musica techno, che lei esprimeva in maniera un po’ nostalgica io un po’ più attuale— mi ha mostrato tutto il labirinto a tre piani della spa.
Un po’ terrorizzato all’idea di perdermi o, peggio ancora, di risultare agli occhi dei pochi presenti un non-habitué, mi sono diretto subito all’appuntamento con la mia massaggiatrice, per mostrare a tutti che sarò anche goffo, ma affronto la cosa in maniera seria.
Quindi eccomi qui, sdraiato su un lettino con la faccia in un buco, ignaro di cosa sarebbe successo al mio corpo. Ora che lo so, un grazie speciale alla mia massaggiatrice, che è stata bravissima e mi ha pure scattato foto mentre ero sciolto da quanto rilassato.
Se volete qualche dettaglio in più sul mio massaggio alla grappa, vi accontento subito: è durato la bellezza di due ore (capito perché ero sciolto?).
Una prima parte con uno scrub (85 euro per 50 minuti) di zucchero ed estratto di vinacce con tanto di crema idratante ai vinaccioli, che è anche la parte più kinky del trattamento, perché quando ti scartavetrano la pelle fa male, ma godi anche un po’. La qual cosa è seguita da fanghi termali, un massaggio su tutto il corpo, fronte-retro, come una fotocopia, a base di creme e cremine di grappa e una mossa cranio sacrale; una di quelle che fanno paura da morire perché stai affidando il tuo collo a una sconosciuta, ma che ti rimette al mondo.
Nel complesso mi sono sentito un po’ a disagio, perché la massaggiatrice ha toccato il mio corpo per due ore e mi ha salutato con un “hai i muscoli un po’ riginidini, eh,” ma l’odore di grappa, dei profumi delle vinacce per due ore non era affatto male. Avrei preferito finire il tutto con uno shot di grappa barricata, ma c’erano solo tisane nella stanza degli infusi.
Se volete un’immagine semi erotica di me, pensate a quando in treno non ho fatto altro che accarezzarmi le braccia lisce, a volte con le labbra, per godere di più dell’effetto seta.
Tutti questi trattamenti di grappa esausta, però, hanno un’origine: la grappa che si beve davvero delle distillerie Berta. Sono quindi andato anche a vedere come si fa. La distilleria è, letteralmente a tre minuti di macchina.
Per chi, come me, è abituato a vedere solo cantine e acetaie, una distilleria ha un non sono che di speciale: è affascinante vedere al lavoro degli alambicchi, che fanno subito Mago Merlino.
Loro distillano in maniera discontinua, il che, per farla facile, è il modo nel mondo degli spirits per dire che è più “artigianale” e la grappa Berta, in particolare, viene fatta invecchiare in botti speciali (barrique, tonneaux e botti piccole di legno). La loro idea di invecchiamento si rifà a quella dell’invecchiamento del whisky scozzese. Anzi: le botti si scelgono proprio da distillerie scozzesi e si portano in Piemonte per dare note affumicate e torbate.
Tra l’altro, poeticamente ma anche in maniera bizzarra, nella fase di invecchiamento il tutto è accarezzato dalla musica classica che, pensano, aiuti la maturazione. A completare questa bella pazzia, luci a led che cambiano colore che fanno cromoterapia alla grappa che verrà.
Essendo poi le botti traspiranti per definizione, l’aria è invasa da un sacco di profumi; peccato solo che non ci si sbronzi solo con i soli fumi profumati.
Per chi non fosse pratico dell’alcolico preferito dagli alpini, la grappa è un distillato ottenuto dalla vinaccia, ovvero dalla buccia e dai semi dell’uva che rimangono dopo la spremitura.
Dopo la fermentazione del mosto per il vino, le vinacce vengono separate e lasciate a contatto con il mosto per un po’ di tempo. Successivamente, il mosto prosegue la sua evoluzione, mentre le vinacce vengono scartate e utilizzate per produrre la grappa. Il fattore cruciale nella produzione della grappa sono le bucce dell’uva, che devono essere fresche e ancora impregnate di vino, il che rende la creazione di una buona grappa un’impresa non facilissima. Se si utilizzano vinacce bianche, per esempio, che di solito non rimangono a contatto con il mosto, è necessario attendere che fermentino per trasformare lo zucchero in alcol.
Un’altra difficoltà nella produzione della grappa sono le impurità. Più sono presenti vinaccioli e raspi (i rametti dei grappoli d’uva), minore sarà la qualità del prodotto finale.
La distillazione di vinacce ha origini remote non certe, ma il Piemonte ha certamente ha una tradizione lunga nella produzione di distillati d’uva. Nel 1739, fu creata la Corporazione dei Confettieri e Distillatori di Acquavite di Torino, che forniva norme e regolamentazioni specifiche per tutti coloro che praticavano l’arte della distillazione della grappa, dimostrando l’importanza e la valorizzazione della produzione di distillati nella regione.
Nel dialetto locale, la grappa è chiamata branda per motivi oscuri (ma ricordatevi che il termine grappa arriva solo a inizio secolo scorso).
Insomma, la grappa è il distillato italiano per eccellenza ed è ancora appannaggio di anziani e persone di montagna.
Magari farsi un trattamento alle vinacce, con la pelle tutta profumata dopo ore di massaggi, può convincervi che è ora di smetterla di chiedere Gin Tonic e provare un distillato che ha decine di sfumature pazzesche.
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