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In questo bar di Olbia si beve una vodka al pane carasau

vodka pane carasau

Sono nata e vivo in Sardegna e di conterranei che lasciano l’isola ne ho visti tanti. Meno comune (ma non per questo improbabile) è trovare chi la Sardegna la sceglie, attratto non solo dalla sua bellezza, ma anche dalla possibilità di creare un progetto imprenditoriale forte e identitario. È la storia di Emilio Rocchino, bartender e mixologist campano che, nel 2006, arriva in Sardegna e rimane aggrappato alla terra, nel vero senso della parola.

Vado a trovarlo un sabato sera di metà autunno. Lo Spirits Boutique è in una via defilata del centro di Olbia, di quelle in cui passi solo se sai cosa stai cercando. Da quel che noto appena entro nel locale, le persone sapevano benissimo cosa avrebbero trovato: sono solo le 21.00 di sabato sera, peraltro non in un periodo di grande affluenza turistica, e il locale è pieno. Ci accoglie Claudio, che affianca Emilio in sala, e ci fa accomodare sugli sgabelli davanti al bancone: che sia un bar o un ristorante, se posso vedere le mosse di chi c’è al di là del banco mi sento una donna felice.

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Emilio Rocchino.

L’atmosfera dello Spirits Boutique è accogliente e un po’ retrò, e fa il paio con i baffi arricciati e il doppiopetto di Emilio che, con fare elegante e composto, si avvicina per salutarci. Le mensole sono colme di fascinose bottiglie provenienti da tutto il mondo, frutto della sua ricerca. Mentre prepara un po’ di cocktail racconta del suo progetto, Macchia, la linea di Vermouth e distillati che ha ideato dopo 9 anni di studio e ricerca.

Emilio lavora in questo settore sin da giovanissimo, ma è anche appassionato di botanica e storia. Anni fa si divideva lavorativamente tra Londra e Milano mentre le estati le trascorreva in Sardegna. Un giorno, per amore della terra (e non solo), decide di stabilirsi definitivamente nell’isola, e ovviamente si lascia ammaliare dall’immensità di specie botaniche della Macchia Mediterranea. È il 2015 quando esce il suo primo prodotto: il Vermouth Rosso, seguito dal Bianco e dal Dry.

“Il Vermouth nasce a Torino nel 1786, proprio durante il regno sardo piemontese, e alcuni indicano il moscato sardo come vino base. Emilio fa foraging cercando le botaniche tra i boschi del monte Limbara”

Cos’hanno in comune i tre Vermouth? I vini utilizzati sono 100% sardi: il Rosso è vinificato con Moscato di Sardegna doc, il Bianco con Vermentino di Gallura docg e il Dry con Vernaccia di Oristano doc, ottenuta tramite l’affinamento in botti scolme, che consentono la formazione del lievito Flor, come per lo Sherry.

Emilio mi ricorda che il Vermouth nasce a Torino nel 1786, proprio durante il regno sardo piemontese, e alcuni indicano il moscato sardo come vino base. Fino a pochissimo tempo fa, era lui stesso a fare foraging, cercando le botaniche tra i boschi del monte Limbara. “Ma esattamente quali sono queste botaniche?” gli chiedo. “Spezie, radici e fiori: le aggiungo all’alcol sotto forma di tinture madri, che non sono altro che il risultato finale delle infusioni idroalcoliche. Ci sono voluti anni di sperimentazioni per ottenere il Vermouth mediterraneo ispirato alla Sardegna. Nel Rosso, ad esempio, il protagonista è il mirto.” Che mi fa subito assaggiare. Il Bianco è delicato, raffinato, con una tendenza dolce. Il Rosso è carattere e corpo. Il Dry è freschezza pura.

Osservo le etichette, un intreccio di simboli e iconografie con uno stile vintage. “Le ha disegnate per me Gabriele Antelmi, il tattoo artist del Gatto Matto de La Maddalena. È sempre stato il mio tatuatore, oltre che amico, e per gioco gli ho chiesto di fare qualche prova grafica per le etichette. Pensa che si è studiato per un mese e mezzo il Vermouth e la sua storia, così da capire cosa fosse e riprodurne lo stile.” Tra i disegni spiccano la fenice, il simbolo del regno sardo piemontese, un ramoscello di mirto e, al centro, il viso stilizzato di Emilio, inconfondibile, con i suoi baffi arricciati.

Bloody-Mary-Olbia

A me, con tutto questo parlare, comincia a venire sete. Sfoglio il menu, che è un mix di grandi classici e rivisitazioni. L’occhio mi cade sulla pappa al pomodoro. Guardo Emilio: “Davvero?”, gli chiedo. “È un Bloody Mary rivisitato, fatto con la vodka al pane carasau Macchia, mi dice. Ok è il mio, voglio proprio quello, che già mi riporta al mio passato da studentessa universitaria a Firenze con più di una sbronza tra Santo Spirito e San Frediano. Mentre Emilio fa qualche acrobazia dietro il banco, mi racconta di quella volta che ha pensato di mettere in infusione nella vodka il pane carasau integrale tostato, prodotto da un panificio del nord Sardegna. “Volevo un prodotto con un forte richiamo alla Sardegna e dove il gusto del carasau fosse ben definito. L’ho tostato per esaltarne il sapore. Ecco il risultato!”.

Mi porge un bicchiere di vodka liscia. Il profumo mi pizzica le narici, ma è in bocca che sembra di essere di fronte a un pane appena sfornato. La tostatura si sente tutta, fragrante, avvolgente, quasi corposa. Scopro qui che la vodka liscia può essere buonissima.

Jessica-Cani-Vodka-Pane

Ma ecco che arriva la mia Pappa al Pomodoro, il cui profumo è inconfondibile: se fosse una degustazione alla cieca, giurerei che è proprio lei e che mi trovo in Toscana. Anche la presentazione se la gioca benissimo: il prodotto è in una ciotola in stile orientale poggiata su un’ardesia di forma quadrata, accanto a una cialda di parmigiano e una foglia di basilico. Afferro la ciotola con due mani e assaggio. Il gusto agrodolce e speziato è un impatto forte ma azzeccato; anche la vodka al pane carasau è ben percepibile, ma l’alcol si sente solo nel finale, lasciando spazio a tutti gli elementi del cocktail.

Il nome del ginepro coccolone è degno delle storie più dolci e amorevoli, ma la tenerezza non c’entra nulla: è una varietà presente nella macchia mediterranea”

Nel frattempo arriva anche un Ameristrano, ovvero un Americano preparato con Vermouth rosso e bitter Macchia (il quarto prodotto di Emilio, a base di corbezzolo, elicriso, carciofo, semi di finocchio, pompia e zafferano). Anche questo è ottimo.Spicca il sentore agrumato, seguito da quella speziato: si percepisce la nota amarognola del bitter e del pompelmo rosa, ma il gusto è perfettamente equilibrato e fresco. È amore puro.

I prezzi si aggirano intorno ai 12€: ottimi, considerando che paghi anche l’atmosfera ultra-amichevole, in cui Emilio passa tra i tavoli a chiacchierare con i suoi ospiti come un amico di vecchia data e grande cultura.

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Vorrei assaggiare un altro cocktail, ma mi sento già abbastanza in forma e ancora non ho provato il suo Gin Selvaggio Macchia, a base di bacche di ginepro coccolone. Il nome è degno delle storie più dolci e amorevoli, ma la tenerezza non c’entra nulla: è una varietà presente nella macchia mediterranea e, oltre al ginepro, il gin Macchia contiene altre botaniche, fra cui la pompia, l’agrume sardo a cui Emilio dona nuova vita, non relegandola più a solo frutto candito come nella tradizione, ma mettendola in infusione. Mi immolo per la causa (sai che fatica) e assaggio anche il gin liscio. Al profumo sembra di essere in un bosco, il gusto è straordinario.

Mi sono fatta un giro in questo cocktail bar e mi sembra di essermi bevuta quasi tutta la Sardegna. Dovrò tornare per scolarmi il resto prestissimo.

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