La Torta di Finale sarà anche una bomba calorica, nessuno lo nasconde, ma soddisfa il palato in modo disarmante. Mangiarla è come sfogliare una rosa, o addentare una millefoglie fatta di strati sottili e resi morbidi dall’untuosità dello strutto e del formaggio filante
Finale Emilia è un piccolo comune di nemmeno 16mila abitanti immerso nella Pianura Padana, in provincia di Modena, ma più vicino— geograficamente e culturalmente— alla città di Ferrara. Che, per la nostra storia, è cosa importantissima.
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Questa cittadina vanta un passato da “Venezia degli Estensi”, prima che deviassero il corso del fiume Panaro che prima attraversava le vie del paese, e mostra ancora le cicatrici del terremoto del 2012 che ne ha seriamente compromesso l’architettura. Onestamente non saprei come giudicarla, ma la consiglierei a chi sa apprezzare la nebbia e le fotografie di Luigi Ghirri.
Insomma, in questo paesino dell’Emilia, mai ci si aspetterebbe di trovare un segreto gastronomico degno di uno spillo sul Google Maps dei gastro-nerd (o forse sì, è pur sempre l’Emilia).
Sto parlando della “Torta degli Ebrei”, chiamata anche Tibùia o, più comunemente, Sfogliata.
Questoa specialità, a differenza di quello che può far intuire il nome, è una sorta di focaccia salata: un impasto di farina, burro, strutto e Parmigiano Reggiano.
Se state pensando che è strano trovare del maiale in una pietanza di origine ebraica è perché, effettivamente, è strano. Infatti è nata con il grasso d’oca; come sia arrivato il maiale, è una storia che ora vi racconto.
Dicevo storia mica per dire, dato che ci sono svariate nozioni storiche da sciorinare. E la prenderò anche larga.
Verso la fine del ‘400, mentre Cristoforo Colombo salpava verso le Indie, dando il via a una inconsapevole catastrofe, la cattolicissima regina Isabella di Spagna ordinò a chi era ebreo di battezzarsi immediatamente, pena l’emigrazione forzata. Venne chiamato il “Decreto dell’Alhambra”.
Seguirono anni di discriminazione, furti, ricatti e vessazioni ai danni di ebrei spagnoli e portoghesi, come potete immaginare. Addirittura Emanuele, re del Portogallo, volle togliere i figli minori di 14 anni ai suoi sudditi non cattolici per farli cristiani: alcuni ebrei preferirono ucciderli, altri invece cercarono ospitalità nei Paesi vicini, specialmente in Italia.
Da noi non ce la si passava poi tanto meglio, ma c’erano alcune significative eccezioni. Come i territori governati dagli Estensi, signori di Ferrara e Modena. E così cominciò un importante flusso di ebrei spagnoli e portoghesi verso questi territori, compresa anche Finale Emilia, che si trova a metà strada tra Ferrara e Modena, come abbiamo detto. Era la metà del sedicesimo secolo.
La ragione principale dell’insediamento di un primo nucleo di ebrei era insita nello sviluppo di commerci e, quindi, nella necessità di avere stabili in qualche luogo dei banchieri. Gli Estensi, lungimiranti e amanti dell’arte, ma che non se la passavano benissimo a livello economico in quel periodo, avevano perciò deciso di adottare una posizione di apertura e accoglienza verso la comunità ebraica.
Non fu tanto una questione di liberalità culturale, quanto la necessità di portare nel piccolo ducato nuovi capitali da investire in nuovi commerci e industrie.
Ma toniamo a Ferrara. Chi erano gli ebrei che iniziarono a stabilirvisi? I Erano inizialmente parenti di famiglie ricche residenti a Ferrara, ma nel Seicento la comunità crebbe fino ad arrivare a oltre duecento componenti.
La vita degli ebrei da queste parti non era facile: erano continuamente vittime di vessazioni e costretti a vivere in un ghetto. Questo, paradossalmente, li aiutò a mantenere vive le tradizioni, anche gastronomiche. Gli ebrei a Finale Ligure sono quasi del tutto scomparsi, come comunità, nella seconda metà del Novecento.
Ma la loro torta-focaccia, la loro Tibùia, no.
Certo, è cambiata, ma non è scomparsa per niente.
Tanto che, possiamo tranquillamente dirlo, la Torta degli Ebrei è il piatto tipico di Finale Emilia per eccellenza, ma quasi nessuno lo conosce al di fuori, è contenuta nel raggio di pochi chilometri.
Non abbiamo tracce certe delle sue origini, ma secondo la professoressa e studiosa Annamaria Masina, la Torta ha fatto la sua comparsa a Finale Emilia nel 1600.
Gli storici riportano inoltre una vicenda successiva che riguarda la conversione dell’ebreo finalese Mandolino Rimini, avvenuta nel 1861, proprio mentre nasceva l’Italia. Mandolino, figlio di Aronne Rimini, si fece cristiano e prese il nome di Giuseppe Maria Alfonso Alinovi, destando l’avversione della sua comunità che gli impose un ostracismo molto duro.
Lui, per vendicarsi di questa reazione, divulgò la ricetta della Tibùia —fino a quel momento custodita molto gelosamente— e cominciò a produrne in proprio, ma utilizzando lo strutto di maiale al posto del grasso d’oca: un gesto molto oltraggioso, come si può ben immaginare. Ben lontano dalle regole kosher.
Il successo della Torta tra i cittadini cristiani di Finale Emilia fu immediato ed enorme, con la sua fragranza e il suo apporto calorico che lo ha reso un piatto molto adatto alla stagione invernale.
La Torta degli Ebrei è iscritta nell’elenco regionale dei prodotti tradizionali dell’Emilia Romagna fin dal 2002 e dal 2010 è entrata a far parte dei prodotti della tradizione modenese con il nome di “Sfogliata di Finale Emilia (Torta degli Ebrei)”. Secondo la tradizione, la sfogliata va mangiata il 2 novembre, giorno dei morti, accompagnata da un bicchiere di anicione, un liquore d’anice locale che libera ogni via respiratoria. E ha pure la sua sagra, l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione (secondo smacco alla cultura ebraica non molto carino).
È ottima calda, appena sfornata e va mangiata ovviamente con le mani. Essendo una preparazione semplice, ma molto lunga e fatta di passaggi laboriosi, è raro che oggi venga fatta in casa come invece avveniva un tempo, quando si preparava per il consumo famigliare ma anche rivenduta per le stradine di Finale da signore anziane che la esponevano su un trabiccolo di legno.
Oggi si trova nei forni e in alcune pizzerie al taglio, ma la Torta degli Ebrei più buona si trova indubbiamente all’Osteria La Fefa di Finale Emilia: l’osteria deve il proprio nome alla signora Genoveffa, che gestì questo storico locale alla fine del 1800, quando davanti non c’era nemmeno la strada, ma scorreva il fiume Panaro. Era il tradizionale centro di ritrovo e ristoro sul fiume.
Oggi è della chef Giovanna Guidetti, che l’ha resa un punto di riferimento nella “Bassa Modenese”, con clienti che fanno anche centinaia di chilometri per assaggiarne le specialità e soprattutto la Torta degli Ebrei, sempre presente nella sua carta degli antipasti.
La Sfogliata di Finale sarà anche una bomba calorica, nessuno lo nasconde, ma soddisfa il palato in modo disarmante. Mangiarla è come sfogliare una rosa, o addentare una millefoglie fatta di strati sottili e resi morbidi dall’untuosità dello strutto e del formaggio filante. La superficie è croccante e contenta la nostra necessità di quel crunch di cui nessuno sa più fare a meno.
Ora, noi non sappiamo con certezza se questa Torta degli Ebrei sia stata inventata a Finale Emilia o portata dagli ebrei con il flusso spagnolo della diaspora. Ma è possibile che la verità stia nella seconda ipotesi, visto che ci sono ricette simili a Reggio Emilia (le Chizze), a Ferrara (le Buricche, la cui assonanza con le burek turche è palese) e in Spagna (le Hojaldres salate e le Panades a Mallorca).
Diciamo pure, sbilanciandoci, che gli ebrei di Finale Emilia hanno preso una licenza poetica e cambiato il formaggio turco con quello locale.
Il risultato non cambia: restano un piatto che si scioglie in bocca a ogni morso in un orgasmo di sapore e deliziosa untuosità.
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